Processo Perseo: ministero dell’Interno minaccia Cortese?

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Lamezia Terme – I commercianti lametini erano solo vittime della criminalità organzziata o erano  minacciati anche da altri soggetti che non apparterrebbero al mondo criminale?
E’ l’interrogativo che si sono posti in molti questa mattina udendo la testiominanza  di Giovanni Carlo Cortese, commerciante   lametino,  che sarebbe stato sottoposto ad estorsione  da parte di alcuni componenti  del clan Giampà, ma soprattutto da Umberto Egidio Muraca che gli aveva imposto di fare degli sconti ad alcuni suoi amici. Una testimonianza che ha mostrato nuovi scenari giudiziari, incentrata sulla ricostruzione delle presunte estorsioni subite dal commerciante dal 2011 in poi, ma non solo.

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Cortese ha raccontato he sarebbe stato vittima di un’intimidazione da parte di due agenti in borghese, che l’avrebbero fermato esibendo una paletta con la scritta ministero dell’Interno e dopo avergli perquisto  l’auto, gli avrebbero intimato di confermare nei processi  “quello che hai dichiarato finora”. A corredo della presunta minaccia, riferita dal Cortese in aula, i due presunti  agenti per intimorirlo ulteriormente gli hanno mostrato una bustina contenente della polvere bianca, probabilmente della droga.
Un gesto per far capire a Cortese che poteva essere arrestato qualora la bustina, in una futura perquisizione, fosse stata trovata nella sua auto.
Ma Cortese sarebbe stato vittima di un’altra aggressione. Infatti, ha riferito che pochi giorni dopo è  stato picchiato e insultato da due ignoti. Avvenimenti questi che si collocano nei primi mesi del 2015, e dopo che il commerciante aveva presentato un esposto alla questura in cui “ritrattava” alcune sue dichiarazioni, chiarendo 4 posizioni nei confronti di alcuni  imputati nel processo “Perseo”.  Tra queste quelle realtive a Davide Giampà e quella di Antonio Notarianni. Al di la delle rivelazioni fatte in aula rispetto alla vioelnza subita, Cortese ha ricostruito, sulla base delle domande del pubblico ministero,  alcune vicende legate alla forniture di merce ad alcuni suoi clienti che poi ha appreso di essere affilati ai clan.

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E facendo riferimento  agli sconti Cortese ha riferito che “l’applicazione avveniva quando effettuavo i saldi, si trattava di pochi euro”, come nel caso di Davide Giampà, che secondo il testimone si recò solo una volta presso il suo negozio e al quale applicò uno sconto di circa 5 euro, “gli ho fatto uno sconto per accontentare Muraca, lui mi aveva detto di trattarlo bene – ed ha aggiunto – Davide Giampà non mi ha chiesto sconti, l’ho fatto io per evitare problemi”. Stessa cosa per Antonio Notarianni, che Cortese ha definito “un amico”, aggiungendo  “a lui feci sconti solo per amicizia”. L’uomo ha ripercorso gli episodi estorsivi e gli atti intimidatori subiti negli ultimi anni, partendo dal ritrovamento di una bottiglietta incendiaria davanti al suo negozio. Cortese ha raccontato che fu Umberto Egidio Muraca a fare da tramite tra il negoziante e gli estorsori. Muraca garantiva allora a Cortese la fine degli atti intimidatori ma in cambio il negoziante avrebbe dovuto effettuare sconti a lui e a chi veniva a suo nome, uno sconto dal 30 al 50%, questa la richiesta di Muraca. Il negoziante ha spiegato in aula che per applicare questo sconto “nascondevo la merce nuova per evitare di venderla ad un prezzo scontato, il danno per me è stato questo, non poter vendere la merce nuova a nessuno”. Una richiesta estorsiva subita anche dai fratelli Catroppa, ora collaboratori di giustizia, che fecero richiesta di indumenti, tute e scarpe, dicendo al negoziante: “ci mandano quelli del campo”, anche per quello episodio fu Muraca a far da tramite per non ricevere ulteriori richieste estorsive. Lo sconto venne chiesto per i fratelli Saverio e Davide Giampà, Alessandro Torcasio, Battista Cosentino, Luca Piraina, Carmine Notarianni, Antonio Notarianni, Nino Cerra, Angelo Paradiso e molti altri.

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Il negoziante lametino ha risposto anche alle domande dell’avvocato Aldo Ferraro, che ha chiesto ulteriori spiegazioni sulle aggressioni e le pressioni subite negli ultimi mesi, probabilmente per contestualizzare il periodo in cui si sarebbero verificate le aggressioni, che temporalmente, secondo quanto ha fatto trasparire l’avvocato, si sono verificate in un periodo in cui Cortese aveva deciso di modificare  alcune sue dichiarazioni  rilasciate quando è stato sentito come persona informata sui fatti. La  domanda che resta aperta è chi possa aver aggredito l’uomo. Uno scenario nel quale Cortese parrebbe essere vittima due volte, sia da parte dei suoi presunti estorsori sia dai rappresentanti della giustizia.
Anche il controesame dell’avvocato Renzo Andricciola si è concentrato su questi ultimi episodi subiti dal Cortese e sul meccanismo degli sconti a fini estorsivi, ed in particolare sulla posizione di Davide Giampà.

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Il secondo testimone è stato Ilaria Pallaria, ex compagna dell’imputato Antonio De Vito. La donna lavorava come amministratrice nella ditta edile di De Vito, ed ha riferito al tribunale il suo ruolo in azienda e l’episodio di uno scooter che De Vito avrebbe lasciato nel garage dell’allora compagna.
Prossima udienza, venerdì 18, durante la quale verranno ascoltati altri testimoni privati chiamati dall’accusa. Finiti i testimoni privati chiamati dalla pubblica accusa, si passerà ai testimoni chiamati dalla difesa. Ma prima verrà riascoltata la collaboratrice di giustizia Rosanna Notarianni, che dopo essere stata sottoposta a perizia psichiatrica, è stata ritenuta idonea alla testimonianza, pertanto verrà riconvocata.