Lamezia Terme – Docenti, precari e studenti hanno protestato stamane in Calabria contro la riforma della scuola. Anche a Lamezia così come nel resto della regione insegnanti ed alunni sono scesci inpiazza proprio per manifestare il loro no alla riforma della scuola prevista dal governo Renzi. In piazza sono scesi anche gli alunni della scuola elementare Maggiore Perri che cantando l’Inno di Mameli hanno espresso il loro no alla riforma sostendo così i loro insegnanti.
A Cosenza sono scesi in piazza alcune centinaia di persone che hanno partecipato ad un corteo che si è concluso davanti alla sede del Comune. Durante l’iniziativa sono stati esposti striscioni con la scritta “La buona scuola non la vogliamo, prendiamoci il futuro”. Una delegazione di sindacalisti è stata ricevuta in Prefettura. Proteste si sono svolte anche a Catanzaro. La manifestazione principale per il Sud Italia si e’ svolta a Bari, dove sono giunti con i pullman docenti partiti anche dalla Calabria, ma gli operatori scolastici si sono mobilitati anche nel capoluogo di regione. Tra Piazza Matteotti e Piazza Prefettura, in pieno centro cittadino, alcune decine di insegnanti hanno inscenato dimostrazioni coinvolgendo i passanti. Oltre a qualche slogan contro la riforma della “buona Scuola”, c’e’ stato anche chi ha imbracciato una chitarra per allietare i momenti della protesta. L’iniziativa non ha creato alcun problema per la circolazione o per l’ordine pubblico. Analoghe iniziative di presidio si sono svolte negli altri capoluoghi calabresi, mentre sono state sospese le lezioni nella gran parte degli istituti scolastici di ogni ordine e grado. Anche a Crotone sono scesi in piazza dviesri docenti ed alunni.
Oltre alle manifestazioni nazionali contro il decreto “La buona scuola” che hanno riempito diverse piazze italiane da Nord a Sud, anche a Crotone gli insegnanti si sono autoconvocati per unire le loro voci al coro di contestazioni contro un disegno di legge inaccettabile. In effetti, questa volta il forte dissenso del mondo della scuola è unanime, perché è in gioco la stessa dignità professionale di chi lavora nella scuola. In una società in cui il valore delle cose, delle istituzioni e delle persone si misura in base a quanto si produce, alla qualità e al valore commerciale del prodotto, era naturale che la scuola venisse definitivamente sacrificata sull’altare dell’economia (malgestita dalla politica). Perchè come spiega la professoressa Rachele Via, “da diversi decenni ormai, colpo dopo colpo, la scuola italiana viene sistematicamente demolita e impoverita, smantellata come si farebbe con una qualsiasi altra azienda in perdita. Solo che la scuola non può considerarsi un’impresa come le altre. A scuola non si producono macchine nè si evadono pratiche. A scuola si formano persone. Chi può quantificare dal punto di vista economico il lavoro degli insegnanti nelle scuole? Potremmo dire che ogni ragazzo che trova la sua strada, matura una giusta consapevolezza di sé, in una parola, ogni ragazzo che diventa uomo rappresenta un successo che non è quantificabile in termini strettamente economici. L’impossibilità di quantificare, di vedere il risultato in modo immediato e possibilmente tradotto in cifre relega la scuola al ruolo di Cenerentola nel contesto politico e sociale italiano. A giudizio della professoressa “bisogna, tuttavia, riconoscere a Renzi il merito di aver suscitato, suo malgrado, un moto di orgoglio nella classe docente. In effetti, è proprio da noi insegnanti che deve partire un vero percorso di recupero dell’identità professionale, e questo percorso non è più rinviabile”. Comunque per la docente si dovrebbe “fare uno sforzo di astrazione passando dal particolare al generale per entrare nella consapevolezza che aiutare l’alunno Pierino a crescere rispettando le regole non è semplicemente l’azione del buon insegnante che magari è anche bravo e preparato. È, piuttosto, l’espressione di una professionalità completa che costituisce il fondamento di ogni società civile. Questo in Francia l’hanno capito. Anche in Germania ed in altri Paesi europei. In Italia, invece, la presidenza della Commissione cultura è tuttora affidata all’ex ministro Giancarlo Galan, che però è agli arresti domiciliari, accusato di corruzione per l’inchiesta Mose, mentre il sottosegretario del Miur, Davide Faraone, non si è mai laureato. È facile immaginare perché la società civile, a cominciare dalle famiglie, non ha nessuna idea del contributo prezioso che riceve dal lavoro che quotidianamente si svolge, e si danno per scontate la buona volontà, la generosità, la capacità di sacrificio di tante insegnanti spesso costrette a lavorare in ambienti fatiscenti”.
Perciò, per laprofessoressa “è importante che i docenti prendano tra le mani in modo consapevole la propria professionalità e che si decidano a non svenderla al primo burocrate di turno”. Anche perchè concldue, “a nostra professione e il modo di interpretarla hanno radici antiche e nobili, e forse è anche giunto il momento di far sì che tanto lavoro silenzioso e generoso fatto nei confronti dei nostri figli venga portato a conoscenza della società in generale, e delle famiglie in particolare”.