Lamezia: Panedigrano, Mascaro “un frate cappuccino”

panedigrano-21-06
Lamezia Terme – Nicolino Panedigrano, avvocato, componente del Comitato Salviamo la sanità del lametino, torna in scena nella veste di predicatore. Dopo le filippiche nei confronti dell’ex sindaco sulla vicenda del carcere e dopo avere divulgato la sua idea sul risultato elettorale del centro sinistra, ritorna a conquistare la “scena”, definendo Mascaro “un frate cappuccino, pronto a togliersi il saio per coprire i peccati di colletti bianchi e di colletti sporchi che vogliano redimersi”. Lameziaoggi, che è un quotidiano realmente indipendente e non di parte, come definito da qualcuno durante la campagna elettorale, non censura la nota inviata da Panedigrano, al contrario la pubblica integralmente. Ecco il testo:

““Fratello sole, sorella collusa”. Miracolo a Lamezia. I cittadini avevano eletto un Sindaco e si sono ritrovati un frate cappuccino che parla a corpi senza anima, animali e peccatori. Pronto a togliersi il saio per coprire i peccati di colletti bianchi e di colletti sporchi che vogliano redimersi. Qualcuno però dovrebbe spiegare a fra’ Paolino (l’assonanza con Pasqualino è puramente casuale) che si è proposto ed è stato eletto per amministrare la città, non per redimere collusi e condannati.
Spiegargli, per esempio, che nella veste di Sindaco dovrà da qui a poco decidere se approvare o meno il Piano Strutturale adottato dal Consiglio Comunale precedente. E che farà? Vorrà, per “cambiare il destino di questa terra”, aiutare certi “ambienti e persone coinvolte in operazioni di giustizia a reinserirsi nel tessuto sociale” promuovendo e favorendo ulteriori speculazioni ed abusi edilizi nella città? O vorrà rivoltare quel PSC per farne uno strumento che sia teso a recuperare i centri storici e le periferie degradate, a tutelare il paesaggio e a salvaguardare l’ambiente secondo le osservazioni del mondo ambientalista?
Fra’ Paolino Mascaro dovrebbe anche capire che è suonato gravemente simbolico l’aver usato il proscenio dell’inaugurazione del festival di libri contro la mafia, Trame 5, per spostare il tiro dal tema della lotta alla ‘ndrangheta a quello del recupero e del reinserimento dei mafiosi. E dovrebbe capire che non gli farebbe male rientrare nei ranghi, perché non solo non siamo più in campagna elettorale, dove il suo ego martellante serviva a dare la carica ai suoi fan, ma non siamo nemmeno né sul Monte Sinai, né sugli spalti della Vigor. Mentre, come lui da penalista ben sa, neanche la nostra giustizia si illude di convertire i cosiddetti “pentiti”, che definisce giustamente solo collaboratori. E, sebbene preso dal suo fervore missionario, non dovrebbe ignorare che il sostegno (e se possibile il reinserimento) delle famiglie dei detenuti, spesso anche di alcuni mafiosi che hanno enormi patrimoni nascosti o sequestrati, è da sempre a carico dei nostri servizi sociali.
Non sappiamo poi quanto lui e le sue schiere amino i “pentiti”. Ma vogliamo ricordargli che i farisei, ai quali lui vuol aprire le porte del Comune, Cristo ebbe il coraggio di buttarli fuori dal tempio in malo modo e che nella parabola del Figliuol Prodigo il padre, per festeggiare il ritorno del figlio pentito, ammazza il vitello grasso. E noi non vorremmo correre il rischio che fra’ Paolino per festeggiare certi ritorni (di cui francamente non sentivamo il bisogno) finisca con l’ammazzare l’intera città. Anche perché chi, oltre a suonare la carica, è pure abituato a dormire sa che dal sogno all’incubo il passo è breve.
Caro fra’ Paolino, benvenuto, al posto di S., sotto le nostre amorevoli attenzioni”.
Nicolino Panedigrano