Lamezia: architetto Carnovale, il PSC deve essere a misura di cittadino

AntonioCarnovale

Lamezia Terme – L’architetto lametino, Antonio Carnevale, apre il dibattito sul piano strutturale comunale. “Mi auguro – scrive Carnovale – che questa nuova amministrazione metta mani al nuovo strumento urbanistico, il Piano Strutturale Comunale, adottato con Delibera di Consiglio Comunale n. 79 del 19/02/2015, ma non approvato, adozione che ha di fatto ingessato ancora di più l’attività edilizia in quanto, con l’adozione sono scattate le norme di salvaguardia (per come prevede la Legge Urbanistica Regionale 19/2002) e pertanto ogni nuova proposta di progettazione deve essere conforme al vecchio strumento urbanistico (PRG) ed al nuovo (PSC). Se a tutto ciò, aggiungiamo le circa 260 osservazioni fatte al nuovo PSC, il mancato avviso dell’avvio della consultazione ai fini della VAS congiuntamente all’avviso dell’avvenuto avvio dei termini per la presentazione delle osservazione al PSC adottato, la mancanza delle firme del progettista sugli elaborati del PSC, dovute alle dimissioni del professore Crocioni in rotta di collisione con la precedente Amministrazione Comunale, capiamo bene che siamo in un pantano dal quale difficilmente usciremo in tempi brevi”. Secondo l’architetto  è necessaria “un’urbanistica che promuova una modificazione della vita sociale che darà al cittadino l’opportunità di diventare il baricentro di un’azione pianificatoria che lo ha quasi sempre subordinato agli interessi dell’investimento di capitale. L’urbanistica sociale è innanzitutto della gente; programmare e costruire la città non può essere l’esito di un accordo tra la realtà amministrativa e quella imprenditoriale, ma deve coinvolgere la popolazione in forme opportune. Creare infrastrutture sociali a partire da una realtà abitativa già consolidata è un processo difficile e rischioso perché sovverte la naturale successione degli eventi. Il maggior pericolo di una politica di questo tipo è quello di non mantenere il necessario contatto con la realtà, producendo interventi incompatibili con abitudini e modi di vita già esistenti. L’urbanistica deve trovare l’umiltà di uscire dagli uffici e scendere nelle strade, interpretarne le tensioni, divenire know-how e rendersi parte di un processo interdisciplinare di studio e pianificazione della dimensione urbana. Il processo di infrastrutturazione sociale deve avere l’obiettivo di consegnare nuovi spazi ai cittadini, creare una rete di percorsi e luoghi pubblici a scala urbana a fruizione allargata e destinazione d’uso non specifica che parli il linguaggio della quotidianità. La città deve recuperare una dimensione sociale che contempli la casualità e la differenza come elementi connaturati al vivere urbano. L’azione urbanistica deve favorire lo sviluppo di un modello urbano aperto che riconosca nella visibilità del molteplice urbano una premessa sostanziale per il conseguimento di nuove forme di convivenza. Ricreare un’identità locale non è il rifiuto della globalizzazione di un modello, un’antistorica circoscrizione di orizzonti, ma la possibilità di ricostruire un’identificazione tra il cittadino e il suo contesto di vita, e quindi, in definitiva, lo stimolo ad un’apertura verso una dimensione collettiva che superi i contorni di un individualismo alla deriva in un contesto di confusa enormità. La globalità del modello urbano è disorientante se non si confronta con un’immagine solida e radicata della realtà locale. La strada gode di pochissime attenzioni al suo aspetto perché la sua fruizione è ormai legata alla dimensione automobilistica, eppure è proprio lo studio della forma dei percorsi che può realizzare forme di convivenza meno invadenti con l’auto, distinguendo innanzitutto i percorsi pedonali e ciclabili da quelli destinati alle vetture e limitando le intersezioni tra queste realtà. Il rapporto tra auto e pedone si è sempre svolto in termini antitetici, vera guerra urbana di accelerate e dossi artificiali. La modulazione della larghezza della sede stradale e il controllo dell’arredo stradale sono forme decisamente più evolute di intervento sulle velocità di percorrenza. Una strada può presentarsi come urbana anche senza un cartello che lo segnali, mentre un rettilineo a tre corsie sarà comunque un luogo di velocità. Eliminare guard-rail da autostrada nelle strade delle periferie, differenziare pavimentazioni, progettare opportuni inserimenti di alberi sono interventi che possono creare strade in cui il pedone non si senta minacciato. La sincronizzazione semaforica può ridurre le soste inquinanti e regolare la velocità di percorrenza. La strada percorsa da pedoni aumenta la possibilità di incontro e riconoscimento reciproco tra gli abitanti di una zona, contribuendo alla creazione di un’identità di luogo”.