Lamezia: il ricordo di Michele Cimino, una storia di disperazione e di emigrazione

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-di Claudia Strangis Lamezia Terme – Sono passati ventuno anni dal suicidio di un 54enne cittadino lametino, Michele Cimino, che la  sera del 17 ottobre del 1994,  decise di togliersi la vita perché non accettava l’ idea di doversi trasferire per tre mesi a Vercelli dove aveva ottenuto una supplenza come bidello. La storia di Michele Cimino, purtroppo, potrebbe essere la storia di tanti che, dopo anni di stabilità lavorativa, devono ricostruirsi una vita altrove, con tutte le difficoltà che questo può comportare. Non si può entrare in merito ai fatti ma, di certo, non si può non pensare davanti al gesto disperato di un uomo. Un uomo che, dopo aver smesso il suo lavoro autonomo di autista, da tempo cercava un lavoro tranquillo e che, dopo aver presentato molte domande di supplenza come bidello, aveva ottenuto l’ incarico a Vercelli. Da questo scaturì il suo gesto, giustificato in una lettera che gli investigatori trovarono in un comodino, dove si lamentava di dover lasciare la sua terra e i suoi cari e che “se avesse potuto avrebbe presentato venticinque domande”. Una storia di disperazione e di emigrazione che molto spesso ha tristi ricorsi nel tempo. Michele Cimino potrebbe essere una delle tante persone  affogate dalla crisi che hanno deciso di compiere un gesto estremo perchè non vedevano nessuna possibilità di uscita, e dall’altro, la storia di tanti, giovani e meno giovani, costretti ad andarsene dalla propria città alla ricerca di un lavoro altrove. O, ancora, la storia di tanti operatori che lavorano nel mondo dell’istruzione, sempre in bilico tra riforme e trasferimenti, che si spostano in giro per l’Italia alla ricerca di una cattedra o di un posto sicuro.