Lamezia: Speranza, “Sindaco Mascaro sapeva del debito di 14milioni”

Speranza_0952Lamezia Terme – A due giorni dall’ufficializzazione da parte del primo cittadino di Lamezia, avvocato Paolo Mascaro, della presentazione di una denuncia alla Procura della Repubblica e alla Procura della Corte dei Conti di Catanzaro, in merito al mancato pagamento del servizio idrico, l’ex primo cittadino Gianni Speranza racconta la sua versione e “rimprovera” Mascaro che “era a conoscenza di questa vicenda e non ne ha tenuto conto in fase di predisposizione del piano di riequilibrio: la comunicazione  inviata via Pec dalla Regione infatti – scrive Speranza – risale a settembre 2015 ed il piano è stato elaborato a novembre”. Paradossale ma vero. Per Giannetto Speranza se i 14,2 milioni di euro del debito residuo sono spariti dal bilancio 2013 la responsabilità non è sua, ma di Mascaro e anche di Pasqualino Ruberto, che l’ex sindaco tira in ballo in questa vicenda. Il 2006 la Regione Calabria chiede al Comune di Lamezia 17,5 milioni di euro per il servizio idrico gestito dalla Sorical, precisamente per gli anni 1981/2004. Il Comune, guidato da Gianni Speranza, prende atto del debito e sottoscrive una rateizzazione decennale con la Regione. Vengono pagate le prime due rate di poco più di 1,7 milioni di euro nel 2006 e 2007.
Dal 2008 qualcosa si inceppa nel meccanismo ed inizia il balletto di date e notizie sul destino dei 14,2 milioni di euro del debito residuo, con la sola certezza che nessuna rata viene più pagata e che il debito è ancora in capo al Comune di Lamezia Terme.
Ma questa ricostruzione a Speranza non sta bene, cosi ritorna sulla scena proponendo una sua versione e, come sua tradizione, annuncia che “se dovesse continuare un’azione diffamante e mistificatoria”, sarà “costretto a tutelare la sua dignità nei modi previsti dalla legge”.

Altra considerazione: Speranza insiste nel dire, tentando invano di giustificarsi, che lui ha pagato rate del serviIo idrico di anni precedenti alla sua amministrazione e che quindi il debito non risale alla sua gestione. Benissimo, questo e’ noto a tutti e anche al sindaco Mascaro.

Il problema e’ un altro: come ha riferito il sindaco Mascaro, il debito di 14 milioni di euro non viene più riportato dal bilancio 2013 in poi, guarda caso quando l’amministrazione Speranza si accingeva a preparare una relazione sullo stato economico e finanziario in cui si trovava l’ente per evitare un dissesto dai più annunciato e che poi la Corte dei conti ha decretato e a cui poi il Comune ha fatto appello al Consiglio di Stato, con spese che si aggirano intorno alle 300 mila euro per salvare l’Amministrazione dal dissesto, ma soprattutto gli amministratori (sindaco, assessori e consiglieri comunali che avevano votato il bilancio) dalla incandidabilita’ decennale a qualsiasi competizione elettorale. E di certo il Consiglio di Stato, sapendo di questo ulteriore debito di 14 milioni di euro, non avrebbe “miracolato” il Comune guidato da Speranza, nemmeno se difeso dal luminare romano scelto dall’Amministrazione comunale come avvocato per difendere l’ente. E questo avrebbe cambiato gli eventi e la storia politica e amministrativa di questa città. E forse anche della Regione.

Ecco il suo resoconto:
“Nel 2006 – scrive Speranza – l’amministrazione comunale da me diretta ha ricevuto la richiesta da parte della Regione Calabria di pagare 17 milioni e 800 mila euro per il consumo di acqua potabile riferito alle amministrazioni e gestioni commissariali precedenti la mia elezione a sindaco, che come si sa è avvenuta ad aprile 2005; erano dunque debiti del periodo 1989-2004. Senza prendercela con chi ci aveva preceduto, con la giunta deliberammo nel 2006 la rateizzazione del debito con l’obbligo per la banca tesoriera del Comune di versare alla Regione ogni anno una rata di 1 milione e 700 mila euro per dieci anni. La Banca tesoriera del Comune ha versato le prime due rate annuali, pari a tre milioni e mezzo di euro, ma non le successive. Negli stessi anni, intanto, il Comune da me guidato si preoccupava di onorare le ultime tre rate dei pagamenti deliberati dalla giunta Lo Moro per il periodo ’94-’97 – che ammontavano a quasi sei miliardi delle vecchie lire – e di pagare regolarmente le bollette del consumo di acqua dal 2005 al 2015.

Primo punto: nei miei 10 anni di amministrazione ci siamo fatti carico di pagare sei milioni e mezzo di euro per gli anni precedenti senza battere ciglio né inveire su chi ci aveva preceduto alla guida della città, nonché di pagare regolarmente tutta l’acqua consumata anno per anno. L’amministrazione attuale, dunque, non ha nessun debito relativo all’acqua consumata dal 2005 al 2015.

Invece si sta alimentando una campagna di mistificazione della realtà, di ricostruzioni senza base, spesso in una gara a chi la spara più grossa tra il Sindaco, gli assessori dimissionari e non, alcuni consiglieri comunali, alcuni organi di stampa, i social, campagna nella quale si sono dette cose destituite di fondamento: si è detto che il debito era improvvisamente sparito dai bilanci 2008-2009, si è parlato di bilanci truccati o addirittura di responsabilità contabili e penali della giunta da me presieduta. Soprattutto si vuole far credere che abbiamo utilizzato diversamente i soldi pagati dai cittadini per il consumo di acqua.

Falsità e rovesciamento della verità. Un polverone. Forse per nascondere le colpe di chi quel debito lo ha accumulato. Uno dei tanti esempi: il consigliere Ruberto, che si dichiara allibito e parla di bilancio truccato, era assessore proprio al bilancio nei primi anni 2000. Fate bene attenzione, si tratta degli anni relativi al debito contestato dalla regione. Senza parlare poi degli altri debiti fuori bilancio collegati al periodo in cui Ruberto era assessore, come la cifra spaventosamente alta pagata ai professionisti inseriti in quegli anni al Comune per l’accertamento dei tributi-

Il secondo punto è che c’è una situazione generale che riguarda tutti i Comuni calabresi. Le grandi città devono versare alla Regione queste cifre: il Comune di Cosenza, che è più piccolo di Lamezia, 19 milioni e 500 mila euro; il Comune di Catanzaro 22milioni e 300 mila euro; Reggio Calabria addirittura 80milioni di euro. Se si vuole fare l’interesse della città, si deve lavorare perché Lamezia sia trattata allo stesso modo delle grandi città calabresi, con tutte le possibili agevolazioni.

Questa è la verità dei fatti: la mia amministrazione si è fatta carico di pagare non solo l’acqua consumata regolarmente, ma anche parte dei debiti accumulati dalle amministrazioni (anche commissariali) che mi avevano preceduto e non c’è stato nessun atto politico o di giunta volto a cancellare il debito pregresso sull’acqua. E’ evidente che sono io a il primo a volere che si stabilisca con certezza cosa è avvenuto sul piano tecnico. Ho cercato di ricostruire i fatti da privato cittadino, senza avere a disposizione carte e documenti, e senza alimentare il clima di bugie e di denigrazione .

Posso affermare ancora due cose. Primo. Il riaccertamento non è avvenuto mentre era aperta la discussione con la Corte dei Conti. Quasi sicuramente l’accertamento straordinario dei residui attivi e passivi, dei debiti e dei crediti, è avvenuto a maggio 2013, in una situazione tranquilla e non alla vigilia della sentenza della Corte dei Conti. Secondo. Non è sparito un debito, come si è detto. Non si è occultato un “bollettone”, come si vuole far capire, ma sono stati eliminati debiti e crediti come gli uffici di ragioneria fanno auotonomamente. Anzi certamente più crediti che debiti e il tutto è avvenuto sulla base di pareri e procedure previsti dalla legge.

Se usassi lo stesso metro utilizzato dal Sindaco verso di noi, dovrei dire che Mascaro era a conoscenza di questa vicenda e non ne ha tenuto conto in fase di predisposizione del piano di riequilibrio: la comunicazione inviata via Pec dalla Regione, infatti, risale a settembre 2015 ed il piano è stato elaborato a novembre.

Mi auguro che la situazione venga chiarita presto e con serietà. Io ho riportato dati e fatti. Naturalmente se dovesse continuare un’azione diffamante e mistificatoria, sarò costretto a tutelare la mia dignità nei modi previsti dalla legge”.