Lamezia Terme – Dopo l’imponente operazione “Nettuno”, partita il 21 marzo scorso, sulla base del decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, in data 7 marzo 2016, nei confronti di Antonio Provenzano (60 anni), Alessandro Provenzano (29 anni), Pietro Murone ( 80 anni) e Adriano Sesto (42 anni), sulle richieste di riesame dagli stessi avanzate si è pronunciato il Tribunale Ordinario di Catanzaro, in funzione di Giudice del Riesame.
L’unica richiesta di riesame accolta, seppur parzialmente, è stata quella avanzata da Antonio Provenzano, difeso dagli avvocati Francesco Gambardella e Gianluca Careri, che ha ottenuto il dissequestro e la restituzione agli aventi diritto di due carte postepay, un libretto di deposito a risparmio nominativo, un libretto nominativo ordinario e un conto corrente.
Rigettata, invece, la richiesta di riesame per quanto riguarda le unità immobiliari, facenti parte di un unico fabbricato sito in Lamezia Terme, che rimangono sotto sequestro.
Interamente rigettate, con condanna alle spese del procedimento, le richieste inoltrate dagli altri ricorrenti.
Nei confronti di Alessandro Provenzano, difeso dagli avvocati Massimiliano Carnovale e Gianluca Careri, il Tribunale ha rilevato “una evidente sperequazione tra l’acquisto dell’intero capitale sociale della Integra Servizi S.rl. e le disponibilità economiche, desumibili dalle dichiarazioni dei redditi del nucleo familiare”, così deducendo che per l’acquisto delle quote societarie, allo stato ancora sotto sequestro, nonché per il versamento dei decimi del capitale della Integra Servizi S.r.l. “sono state utilizzate risorse di provenienza illecita o comunque ignota, non trovando giustificazione, per come esporto, nei redditi dichiarati da Provenzano Alessandro e dal nucleo familiare di Provenzano Antonio, il quale ultimo è da ritenersi l’effettivo titolare delle quote societarie”.
Sulla posizione di Pietro Murone, difeso dall’avvocato Vincenzo Visciglia, cui venivano sequestrati un appartamento ed un magazzino, il Tribunale ha evidenziato che da tutti gli elementi acquisiti è stato possibile desumere che le suddette unità immobiliari siano state nell’uso esclusivo e continuativo di Adriano Sesto, ed ha pertanto rigettato la richiesta di dissequestro.
Stessa sorte anche per i beni sequestrati allo stesso Sesto Adriano, difeso dagli avvocati Francesco Gambardella e Vincenzo Visciglia, avendo al seconda sezione penale del Tribunale di Catanzaro rigettato la richiesta di riesame e per l’effetto confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dalGlP del Tribunale di Catanzaro in data 7 marzo 2016,riguardante i beni immobili, mobili registrati, mobili, attività economiche e rapporti bancari intestati ai componenti del nucleo familiare del Sesto, reputando “sussistenti la sproporzione tra redditi dichiarati e beni posseduti, nonché la illecita provenienza del denaro rinvenuto o utilizzato per l’acquisto di beni”.
Dunque, a parte il disposto dissequestro a favore del Provenzano Antonio, in parziale accoglimento delle richieste avanzate, l’operazione “Nettuno” che, con la regia della Procura della Repubblica- D.D.A di Catanzaro e l’azione condotta dal Nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza di Catanzaro, ha portato al sequestro preventivo di beni riconducibili ad affiliati della cosca lametina dei Iannazzo, è stata avvalorata dalla conferma quasi totale del decreto di sequestro preventivo emesso dalGlP del Tribunale di Catanzaro. La cosidetta operazione “Nettuno”, è il frutto di una attività invesigativa del Nucleo di Polizia Tributaria Catanzaro della Guardia di Finanza e del Gruppo di Investigazione sulla Criminalità Organizzata.
(MLR)