Lamezia: 26 anni fa la strage dei netturbini

omicidionetturbini23-05-1Lamezia Terme – Oggi ricorre il XXVI anniversario dalla barbara uccisione di Pasquale Cristiano e Francesco Tramonte. Furono assassinati in un agguato tipicamente mafioso il 24 maggio del 1991, mentre erano a bordo di un automezzo specializzato nella raccolta dei rifiuti urbani nell’ex comune di Sambiase ed esattamente nel quartiere Miraglia. Questa mattina l’Amministrazione comunale di Lamezia Terme alle ore 9,00 ha deposto una corona d’alloro nel luogo dove vennero uccisi Località Miraglia in Sambiase, ovvero nel luogo della loro uccisione. A distanza di 26 anni non esiste una verità giudiziaria e storica di quel terribile omicidio, non c’è un colpevole, non c’è nemmeno un movente definitivamente accertato, anche se qualche pentito lo ha definito di matrice politica. A svelare quest’aspetto qualche tempo fa fu Massimo Di Stefano, uno dei primi pentiti di ‘ndrangheta lametina, che ad una giornalista raccontò la sua versione su alcuni fatti (ovviamente da dimostrare) assolutamente inediti e legati anche al modo politico-criminale. Tra questi episodi anche il duplice omicidio dei netturbini che è passato nel dimenticatoio, perché probabilmente coinvolgeva alcune fasce politiche. Secondo il “pentito” non è stata fatta giustizia perché quel duplice omicidio sarebbe maturato per questioni connesse all’appalto della gestione della nettezza urbana.
Il mandate di quel crimine, secondo Di Stefano, sarebbe stato un autorevole esponente di una cosca lametina che ai netturbini aveva suggerito di non fare il proprio lavoro, forse per suscitare malcontento sull’attuazione del servizio di raccolta dei rifiuti. Ma al rifiuto dei due operai la potente personalità del clan avrebbe deciso, per dimostrazione, di ucciderli. Di Stefano disse di aver descritto il quadro della vicenda agli inquirenti, fornendo indizi che avrebbero potuto portare all’identificazione dei killer e dei mandanti, ma lo scenario non fu approfondito. Non si è andato a fondo, fu la sua tesi, perché «c’erano politici di mezzo». E rincarò: «Ogni volta che ho aperto bocca per parlare di connessioni tra cosche e politica mi hanno sempre messo a tacere. Io le mie verità le ho sempre raccontate, ma molte cose sono rimaste senza risposta». Di Stefano conosce bene gli ambienti che ha frequentato, e di alcuni fatti ha versioni (ovviamente da dimostrare) assolutamente inedite.