Una nuova sfida per la scuola: nessuno è somaro!

Lamezia Terme – (a cura di Gabriella Muraca Iannazzo) – In Italia si stima che ci siano almeno 1.900.000 persone con dislessia evolutiva. L’Associazione Italiana Dislessia, in collaborazione con le istituzioni e con i servizi che si occupano dello sviluppo e dell’educazione dei bambini, ha lo scopo di fare crescere la consapevolezza e la sensibilità verso questo disturbo. Le storie che raccontano i ragazzi dislessici diventati adulti pongono l’accento sulla frustrazione derivante dalla mancata identificazione del problema al momento giusto. L’Associazione Italiana Dislessia (AID) intende operare per combattere queste difficoltà, cooperando con le istituzioni e con i servizi che si occupano dello sviluppo e dell’educazione dei bambini. I soci AID sono i genitori e i familiari dei bambini dislessici, i dislessici adulti, medici, psicologi, logopedisti e insegnanti.

A Lamezia Terme si segnala un importantissimo incontro che si terrà lunedì 21 maggio 2018 presso il liceo Tommaso Campanella di Lamezia Terme. Il convegno sarà tenuto dal relatore Giacomo Stella, professore ordinario di psicologia clinica presso la facoltà di scienze della formazione dell’università di Modena e Reggio Emilia, fondatore AID.Questo evento rientra nel progetto “Sostieni i loro sogni”, promosso da Lancôme e AID per realizzare momenti formativi e informativi sui disturbi specifici dell’apprendimento (DSA). Si ringrazia Profumeria Gi.De.Ca., Loc. Comuni Condomini, Maida (CZ) che ha contributo a rendere possibile l’iniziativa, facendosi portavoce del progetto sul territorio.
Ma come operare? Che cosa bisogna sapere?
In sintesi riporto un excursus per individuarne le cause.
Nelle platee dei numerosi corsi di formazione da me sostenuti con l’incarico di esperto per il personale docentedi tutti gli ordini e grado, spicca lanecessità di interventi laboratoriali, innovativi per arginare lo stallo formativa emergente .Molte, ad oggi, le prove di apprendimento, scale per la misurazione del livello cognitivo e questionari self-report per la rilevazione del profilo di apprendimento del bambino, ai fini della diagnosi e della certificazione di disturbo specifico dell’apprendimento, spesso sconosciute.Gli strumenti proposti consentono di indagare il livello di competenza nei diversi ambiti dell’apprendimento (lettura, scrittura, calcolo, comprensione del testo ecc.), e alcune funzioni di base ad essi intrinsecamente connesse, come memoria, motivazione e intelligenza.La categoria dei Disturbi evolutivi Specifici di Apprendimento è convenzionalmente identificata con l’acronimo DSA. Con il termine Disturbi evolutivi Specifici di Apprendimento ci si riferisce ai solo disturbi delle abilità scolastiche, e in particolare a:DISTURBO DELLA LETTURA (Dislessia), DISTURBO DELLA SCRITTURA (Disortografia,Disgrafia), DISTURBO DEL CALCOLO (Discalculia)La principale caratteristica di definizione di questa “categoria nosografica” è quella della specificità, intesa come disturbo che interessa uno specifico dominio di abilità in modo significativo ma circoscritto, lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale.In questo senso il principale criterio necessario per stabilire la diagnosi di DSA è quello della “discrepanza” tra abilità nel dominio specifico interessato (deficitaria in rapporto alle attese per l’età e/o la classe frequentata) e l’intelligenza generale (adeguata per l’età cronologica).La dislessia è un Disturbo Specifico dell’Apprendimento (DSA) e consiste nella difficoltà relativa alla capacità di leggere e scrivere in modo corretto e fluente.Leggere e scrivere sono considerati atti così semplici e automatici che risulta difficile comprendere la fatica di un bambino dislessico. Il bambino dislessico può leggere e scrivere, ma riesce a farlo solo impegnando al massimo le sue capacità e le sue energie, poiché non può farlo in maniera automatica e perciò si stanca rapidamente, commette errori, rimane indietro, non impara.La dislessia non è causata da un deficit di intelligenza né da problemi ambientali o psicologici o da deficit sensoriali o neurologici. Ciò significa che per avere una diagnosi di dislessia, il bambino NON deve presentare: deficit di intelligenza, problemi ambientali o psicologici, deficit sensoriali o neurologici.La dislessa si presenta in quasi costante associazione ad altri disturbi (comorbidità): la difficoltà di lettura può essere più o meno grave e spesso si accompagna a problemi nella scrittura: disortografia (cioè una difficoltà di tipo ortografico, nel 60% dei casi) e disgrafia (difficoltà nel movimento fino-motorio della scrittura, cioè una cattiva resa formale, nel 43% dei casi), nel calcolo (44% dei casi) e, talvolta, anche in altre attività mentali. Ciò determina la marcata eterogeneità dei profili e l’espressività con cui i DSA si manifestano, e comporta significative ricadute sulle indagini diagnostiche. Tuttavia questi bambini sono intelligenti e ,di solito, vivaci e creativi.
In Italia la dislessia è poco conosciuta, benché si calcoli che riguardi il 3-4% della popolazione scolastica (fascia della Scuola Primaria e Secondaria di primo grado).Gli aspetti generalmente condivisi circa il Disturbo della Scrittura, riguardano la sua suddivisione in due componenti: una di natura linguistica (deficit nei processi di cifratura) e una di natura motoria (deficit nei processi di realizzazione grafica). La disortografia consiste nella difficoltà a tradurre correttamente i suoni che compongono le parole in simboli grafici. Alla disortografia si affianca spesso la disgrafia. La disgrafia è un disturbo specifico dell’apprendimento, in assenza di deficit intellettivi e neurologici, che incide sulle funzioni fondamentali della scrittura. Si manifesta, quindi, come difficoltà a riprodurre sia i segni alfabetici che quelli numerici. E’ un disturbo legato a difficoltà nella motricità fine spesso associata a difficoltà nelle competenze prassiche, che impedisce di automatizzare la routine motoria necessaria per la realizzazione del segno scritto.La discalculia è un disturbo caratterizzato da ridotte capacità nell’apprendimento delle abilità numeriche e del calcolo in rapporto alla classe frequentata. Interferisce negativamente con l’apprendimento scolastico e con le attività quotidiane che richiedono capacità di calcolo. Le prestazioni aritmetiche di base di questi bambini (addizione, sottrazione, moltiplicazione e divisione) risultano significativamente al di sotto del livello atteso rispetto all’età cronologica, all’intelligenza generale e alla classe frequentata.
Come si fa la diagnosi?L’accertamento diagnostico di uno specifico disturbo evolutivo dell’apprendimento avviene in due distinte fasi, rispettivamente finalizzate all’esame dei criteri diagnostici prima di inclusione e successivamente di esclusione. Nella prima fase si somministrano, insieme alla valutazione del livello intellettivo, quelle prove necessarie per l’accertamento di un disturbo delle abilità comprese nei DSA . Nella seconda fase vengono disposte quelle indagini cliniche necessarie per la conferma diagnostica mediante l’esclusione della presenza di patologie o anomalie sensoriali, neurologiche, cognitive e di gravi psicopatologie.
Cosa si può fare?Il trattamento vero e proprio è di tipo strettamente riabilitativo e si è rivelato efficace.Dalla Consensus Conference è emerso che: “i trattamenti più efficaci sembrano essere quelli mirati a riabilitare la funzione o vicariare la funzione con metodi strutturati o basati sul deficit”.Gli interventi variano a seconda delle caratteristiche individuali, va quindi strutturato un intervento in seguito alla stesura di un profilo personale dei deficit .Sicuramente è raccomandato un intervento il più possibile tempestivo e specialistico, sia per approfittare della fase evolutiva in cui l’alunno è predisposto a specifici apprendimenti, sia per evitare il rischio del consolidamento degli errori.L’insuccesso prolungato genera infatti scarsa autostima e dalla mancanza di fiducia nelle proprie possibilità scaturisce un disagio psicologico che, nel tempo, può strutturarsi e dare origine ad un’elevata demotivazione all’apprendimento scolastico.Questo disagio può tradursi anche in disturbi del comportamento e/o in manifestazioni emotivo-affettive particolari quali la forte inibizione, l’aggressività, gli atteggiamenti istrionici di disturbo alla classe (come si usa dire: “fa il buffone”), il rifiuto della scuola, la chiusura in sé stessi, gli atteggiamenti di disinteresse verso tutto ciò che può richiedere impegno, depressione e così via.Conclusione, che cosa fare?.Il primo strumento compensativo da considerare è un valido metodo di studio e lavorare sulla metacognizione.

Dott.ssa Gabriella Muraca Iannazzo
DOCENTE PER IL SOSTEGNO – SCUOLA PRIMARIA
DOCENTE COORDINATORE SFP – UNICAL
FORMATORE ESPERTO IN COMUNICAZIONE PER LA DIDATTICA, TIC, BES E GESTIONE DELLA CLASSE