Lamezia: Carullo-Minasi, “Sosteniamo gli spettacoli che resistono”

Lamezia Terme – Giunge al suo termine la sezione dedicata alla scrittura sul teatro di Fare Critica, il festival interamente dedicato alla critica teatrale e cinematografica ideato e diretto da Gianlorenzo Franzì (Lamezia Terme, 19 – 23 febbraio).

Il discorso sul teatro – e più nello specifico, sulla critica – è stato affrontato ieri con Mario Mattia Giorgetti, interprete dal talento riconosciuto e storico direttore della celebre rivista italiana Sipario. Giorgetti ha tenuto una vera e propria lectio magistralis, contestualizzando la critica teatrale anche da un punto di vista storico (dalle origine settecentesche), per poi tracciarne l’evoluzione nel tempo e affrontare la sua manifesta deflagrazione contemporanea.

Sono state poste domande determinanti su come debba agire la critica rapportandosi a uno spettacolo: se essere totale o distinta; se prendere in considerazione prima di tutto il testo drammaturgico o l’interpretazione attoriale (verso una “drammaturgia d’attore”); se e come rapportarsi rispetto alla promozione dell’evento – dunque, il rapporto tra critica e uffici stampa, in cui lo stesso sistema teatrale ricopre un ruolo essenziale – ; se il critico debba ritenersi al di sopra del giudizio del pubblico, il quale a sua volta è stato da sempre il più grande “giudice” della teatralità.

Alla luce di una trasformazione di tempi e luoghi del fare arte come del peso ridimensionato della professione di critico, Giorgetti non disconosce però l’importanza che tale ruolo possa ancora rivestire. “Il critico, infatti, può educare il pubblico, può operare confronti tra le varie performance a cui ha assistito, poiché conosce la storia del teatro, nonostante il suo giudizio rimanga, inequivocabilmente, un giudizio soggettivo al di là dei criteri impiegati”, ha concluso.

Numerosi gli spunti di riflessione suscitati anche dal successivo incontro con il duo di artisti composto da Giuseppe Carullo e Cristiana Minasi. Gli artisti, che insieme costituiscono una delle compagnie teatrali più interessanti ed eclettiche del teatro contemporaneo e che meglio ha saputo riflettere su tematiche attuali e a carattere universale, mettendo in scena spettacoli parodici di ineguagliabile acume, hanno affrontato la problematica di molte performance di oggi. Spesso, infatti, riscontriamo un susseguirsi di messe in scena dalla vita molto breve, una costante ricerca di “novità” volta ad attrarre un maggior numero di pubblico possibile per poi scomparire subito dopo. “Siamo ininterrottamente inondati da novità, e ci domandiamo cosa potranno raccontare oggi i critici di questi spettacoli che nascono e muoiono subito dopo”, ha esordito Minasi. La forza del teatro oggi, dunque, potrebbe risiedere proprio nella resistenza al tempo, e il compito del critico contemporaneo deve essere quello “di sostenere gli spettacoli che resistono, affinché questi possano diventare fatti storici”, hanno concluso.

E, per Fare Critica, hanno messo in scena proprio uno spettacolo “che resiste nel tempo” e che portano in giro per il paese dal 2011: Due passi sono (primo capitolo della Trilogia dedicata al tema del “limite” e composta da: Due passi sono; Conferenza tragicheffimera -sui concetti ingannevoli dell’arte; T/Empio, critica della ragion giusta). Il limite qua viene inteso in termini drammaturgici ed impiegato come risorsa per la definizione di un atto artistico, che è prima di tutto un atto politico. Partendo da una riflessione dei dialoghi di Platone – in particolare del Simposio, dell’Eutifrone e dello Ione – gli artisti affrontano tematiche umane da sempre al centro delle più importanti riflessioni filosofiche, quali l’amore, l’arte e la giustizia. La storia, infatti, vede al centro due “piccolissimi esseri umani” che insieme si ritrovano sul palco della vita, colti nel “cicaleccio” ossessivo di un linguaggio di coppia. Un testo raffinatissimo e un’interpretazione di un’intensità singolare che ha sancito anche il connubio teatrale degli artisti.
Due passi sono ha vinto: il Premio Scenario per Ustica 2011, il Premio In Box 2012; il Premio Internazionale Teresa Pomodoro 2013; il Premio dell’Associazione Nazionale Critici di Teatro 2017.

[Dalla motivazione del premio dell’Associazione Nazionale Critici di Teatro 2017:
“Sono stati l’ultima piccola rivoluzione delle scene teatrali italiane: una rivoluzione in punta di piedi e sempre con il sorriso sulle labbra, quella con cui Giuseppe Carullo e Cristiana Minasi hanno unito idealmente Scilla e Cariddi le due sponde di Sicilia e Calabria, per conquistare l’intera Penisola facendo ricorso a un’arma antica – ma persuasiva – come il dialogo. Su questo impianto retorico, al tempo stesso antico eppur sempre attuale, hanno costruito una drammaturgia che si sviluppa attraverso il colloquio e il confronto, maieutica forma di discussione per indagare l’assurdità compulsiva del vivere quotidiano, gioie e dolori, splendori e miserie di un’umanità piccola piccola eppur sempre grande, di animo e di cuore. All’ombra di grandi numi tutelari, da Platone a Leopardi, da Ionesco a Beckett, Carullo e Minasi hanno sviluppato un originale percorso di ricerca, ma anche un metodo di lavoro che li ha portati a collezionare e raccontare le esperienze degli ultimi, delusioni e speranze di chi affronta con dignità sofferenze e marginalità, per esplorare – tra gli altri – i temi dell’Amore, dell’Arte e della Giustizia. Da Due passi sono a Delirio Bizzarro hanno reso permeabili i confini del Teatro, (ri)portandolo al centro d’inusuali spazi urbani, trasformati in moderna agorà in cui si dibatte e si combatte, si piange e si ride; e soprattutto si riflette, con la consapevolezza e con la grazia di chi ha sperimentato l’insostenibile leggerezza del peso di essere teatranti, cittadini e poeti”. ]