Il “patrimonio demografico” di ieri, di oggi e di domani in Italia

Lamezia Terme – Riceviamo e pubblichiamo uno studio fatto dalla dottoressa Roberta Saladino, Dottore di Ricerca in “Storia Economica, Demografia, Istituzioni e Società nei Paesi del Mediterraneo”, sul cambiamento demografico in Italia, con particolare attenzione per la regione Calabria:

“La popolazione italiana ha vissuto cambiamenti demografici importanti, la diminuzione della mortalità in tutte le età della vita, unitamente al decremento della natalità, ha reso i fenomeni demografici sempre più complessi ed il confronto tra le generazioni sempre più “lungo” nel tempo della vita.

Alla fine dell’ottocento in Italia il 50% della popolazione moriva in età inferiore ai 30 anni, mentre oggi l’80% delle morti avviene oltre i 70 anni.

Le conseguenze principali di questi dati sulle famiglie, divenute sempre più “sottili e lunghe”, sono evidenti, in quanto trasformano i rapporti sociali, culturali ed anche economici tra le generazioni.

Nell’800 un minore di 10 anni di età poteva avere un solo nonno o non averne nessuno, mentre aveva mediamente tre fratelli, oggi invece ha mediamente tre nonni e un fratello. Inoltre nell’800, nasceva un bambino ogni 8 giorni, oggi ne nasce mediamente uno ogni 40 giorni, c’è da dire anche che ogni bambino con meno di un anno una volta moriva ogni 30 giorni, oggi ne muore uno ogni 8 anni. Gli stessi effetti si sono estesi per gli adulti, si pensi che attualmente più dei 4/5 delle morti avviene dopo il compimento del sessantesimo compleanno.

Come si può vedere i due fenomeni, morte e nascita, sono diventati piuttosto rari, il che ha portato indubbiamente ad una diversa concezione non solo della vita e della morte, ma anche del bambino e del vecchio il cui rapporto numerico, oggi rispetto a ieri si è ribaltato.

L’indice di vecchiaia che ci consente di misurare il livello di invecchiamento demografico, nel 1911 era pari a 19,6%, oggi è pari a 168,9% . Attualmente stiamo quindi vivendo una fase di invecchiamento demografico molto avanzata.

L’indice di struttura della popolazione attiva che stima il grado di invecchiamento di questa fascia di popolazione passa dal 63,8% (1911) a 137,4% (2018). In qualsiasi popolazione stazionaria o crescente questo rapporto è inferiore all’unità (o al 100%), mentre solo in una popolazione tendenzialmente o fortemente decrescente il rapporto supera il 100%. Tanto più basso è l’indice, tanto più giovane è la struttura della popolazione in età lavorativa, attualmente la popolazione italiana è decisamente caratterizzata da una popolazione in età lavorativa molto matura.

Su questa breve disamina descrittiva che attraversa due secoli, ora esaminiamo le tendenze demografiche future della popolazione residente in Italia, attraverso le previsioni costruite dall’ ISTAT, prenderemo in considerazione lo scenario centrale, perché fornisce un set di stime puntuali ritenute “verosimili” che, costruite in base alle recenti tendenze demografiche, rappresentano quelle di maggiore interesse per gli utilizzatori.

Secondo quest’ultimo, la popolazione residente nazionale sarà soggetta nel breve termine a un decremento, che in termini assoluti sarà tra il 2018 e il 2020 pari a meno 13.691, mentre tra il 2020 e il 2030 si registrerà una diminuzione maggiore pari a più di 200mila individui.

Particolarmente accentuato entro i prossimi anni è l’aumento del numero di anziani: gli ultra 65enni, oggi pari al 22,6% del totale, nel 2030 rappresenteranno il 26,9% del totale, l’Indice di vecchiaia sarà pari a 228,9%. La popolazione fino a 14 anni di età, oggi pari al 13,4% del totale, evidenzia un trend decrescente passando da 13,1% del 2020 a 11,8% del 2030 del totale, c’è da dire che tra il 2020 e il 2030 i giovanissimi verosimilmente secondo le previsioni Istat diminuiranno più di 800mila individui.

La popolazione in età lavorativa (15-64 anni) evidenzia così come il contingente dei giovanissimi una riduzione nel periodo preso in esame, ma in misura maggiore, infatti tra il 2018 e il 2020 il decremento sarà pari a meno 25.989, mentre tra il 2020 e il 2030 la diminuzione sarà più di un milione (meno 1.716.918), ciò è imputabile al calo delle nascite che non alimenta in modo sufficiente il contingente 15-64 anni con nuove leve.

Che cosa accadrà alla popolazione residente complessiva nella regione Calabria nei prossimi anni?

Cercheremo di rispondere utilizzando proprio la piramide delle età, che rappresenta uno strumento grafico più immediato per esaminare la struttura per età di una popolazione (si veda Figura n°1).

 

 


Fig. 1 – Piramide della popolazione residente in Calabria al 1951 e nel 2030*

               Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT

               * Previsione della popolazione residente in Calabria nel 2030 (Scenario Centrale: Fonte: www.istat.it)

Nella Figura n°1 sono riportate due piramidi che rappresentano rispettivamente la popolazione residente in Calabria al 1951 e la popolazione prevista nel 2030 (sulla base dello scenario centrale elaborato dall’Istat), la piramide del 1951 ha una base molto larga in quanto vi era un’alta proporzione di bambini ed un tasso d’incremento elevato. Ciò è confermato dal fatto che vi era una percentuale di giovanissimi (0-14 anni) pari a 32,4% contro quella degli anziani (65+ anni) pari a 6,8%, l’Iv era pari a 19,5%.

Avanzando nel tempo si assiste però ad una progressiva modifica della forma della piramide, la base è divenuta più stretta rispetto alla sua parte centrale che ha subito un rigonfiamento, assumendo la forma di una vera e propria trottola, verosimilmente la base nei prossimi anni si assottiglierà ulteriormente, nel 2030 il contingente 0-4 anni rappresenterà soltanto il 7,3% della popolazione totale contro il 25,6% del 1951.

L’Indice di vecchiaia verosimilmente crescerà ulteriormente arrivando alla soglia del 221,7% nel 2030.

La dinamica demografica delineata per i prossimi anni, pone dei problemi attuali e prospettive di flessibilità e di pianificazione nella gestione delle risorse umane, le quali tenderanno a diminuire, tutto ciò pone l’esigenza di adottare politiche economiche-sociali che puntino, da una parte, ad investire maggiormente sui giovani e ad incrementare la partecipazione femminile nel mondo del lavoro (al fine di far crescere non solo l’ammontare della popolazione in età attiva ma anche di far crescere i livelli di fecondità, poiché la partecipazione femminile al mercato del lavoro costituisce, a differenza del passato, un elemento di stimolo nei riguardi della fecondità) e, dall’altra parte, a coinvolgere fino in fondo “i nuovi italiani” nella nostra società, esattamente come i francesi, gli argentini, gli statunitensi o i belgi coinvolsero nella loro vita i nostri bisnonni, i nostri nonni e i nostri padri”.

Roberta Saladino