Lamezia: Pd riaprire reparto malattie infettive

Lamezia Terme – “Siamo ormai la Regione del senza, senza un governo regionale in piena pandemia dopo più di un mese dalle elezioni, senza una sanità che garantisca il minimo di un diritto sancito dalla Costituzione, fragile, impaurita, debole per essere stata depredata negli anni e senza uno spiraglio che ci faccia intravedere una speranza. E così siamo arrivati all’epilogo di una storia che non ha risparmiato nulla ai calabresi e di fronte a un’emergenza che sta inginocchiando il Paese scopriamo che la maggior parte dei territori sono sprovvisti di avamposti di sicurezza sanitaria e che basterebbe poco per assistere ad una catastrofe”. Lo sostiene in una nota la Segreteria Partito Democratico Lamezia Terme.
“Lamezia – aggiungono – è un pezzo di questa debolezza: è pensabile che un territorio vasto come quello lametino non abbia un avamposto sanitario con una specificità per contrastare l’epidemia? Continuare a spogliare il territorio organizzando una sanità a velocità differente, rafforzando alcuni presidi e indebolendone altri, ci espone al rischio di non garantire quel diritto e tracciare una profonda divisione nel suo riconoscimento, il diritto alla cura come assicurazione di continuità della vita è considerato dalla comunità politica un diritto legittimo per tutti, o no? O è ormai una prerogativa per chi può permetterselo?”
“La vicenda – proseguono – che stiamo vivendo ha svelato le nostre inadempienze e responsabilità e ci ha insegnato che il modello della sanità non è un modello statico ma deve essere dinamico e, se possibile, deve correre al passo con i tempi. La politica dovrebbe scegliere per un po’ di anni una quarantena responsabile e magari affidare la gestione della sanità a chi la vive quotidianamente con spirito di sacrifico prestando il proprio mandato senza riserve, a quelli che oggi sfidano, anche senza le dovute sicurezze, il Coronavirus, i fatti così almeno dicono. La chiusura del reparto di Malattie Infettive dell’ospedale di Lamezia e di altri presidi fondamentali di cura è la metafora di una rappresentazione che vanifica quel diritto e riduce una comunità ad una sopravvivenza inconsapevole, ad una condanna quasi divina e a un’abitudine alla miseria che non riusciamo a scrollarci di dosso”.
“Siamo riusciti a rendere vano ogni tentativo, ancor di più, abbiamo fatto in modo di rendere irraggiungibile quel fioco di modernità che poteva restituirci un po’ di illusoria vanità, a convincerci ingenuamente di essere anche noi nel tempo delle sfide – e precisano – una sconfitta sotto gli occhi di tutti, della comunità, della politica, del buon senso, si è spolpato un sistema che quantomeno garantiva il minimo indispensabile e ci siamo ritrovati per uno scherzo del destino, che non aiuta mai i deboli, a fronteggiare un nemico ancora indecifrabile, che miete vittime e paure e che non risparmia proprio nessuno. La famosissima livella di Totò “…o Marchese… e don Gennaro…”, poiché il virus non ha filtri ecco che belli e brutti, ricchi e poveri oltre a non potersi curare si trovano costretti a gridare al paese che questa regione non riesce a garantire le cure adeguate a chi si trovasse nella necessità di averne bisogno”.
“È venuto forse il momento di mettere da parte i numeri, i conti, i piani di rientro, la sanità differenziata e restituire ai territori presidi utili che servono alle comunità per poter accedere al servizio sanitario che la nostra costituzione garantisce. Per il Partito Democratico di Lamezia Terme è arrivato il tempo per rivedere la politica sanitaria, pretendere la riapertura di quei reparti, soprattutto malattie infettive e microbiologia provvisti di macchinari del tutto efficiente ed efficaci che in questo momento potrebbero garantire ai cittadini le cure necessarie e ai calabresi un aiuto alla causa. Cosa succederà dopo questo periodo di quarantena? – concludono – Presto tante cose cambieranno, forse sono già cambiate, le relazioni stesse tra di noi subiranno profondi cambiamenti, la vita di tutti i giorni sarà cadenzata su ritmi differenti e forse riscopriremo il senso dell’appartenenza, la responsabilità civica, una solidarietà più umana, il dovere oltre il diritto e la voglia di rivendicare un’esistenza senza più demandare ad altri quello che avremmo dovuto fare noi. Ci auguriamo che la politica possa anche depurarsi da tutto quell’odio che abbiamo somministrato fino all’altro giorno, che abbia l’umiltà di riconoscere la sua debolezza e la sua fallibilità, una nuova alba ci aspetta, nuove regole per una nuova vita, chissà se il coronavirus aveva contemplato nel suo passaggio anche di rivoluzionare l’esistente”.