Lamezia, riflessione vescovo emerito Rimedio sul beato don Mottola

Lamezia Terme – Riflessione del vescovo emerito della Diocesi di Lamezia Terme, monsignor Vincenzo Rimedio, sulla figura del beato don Mottola.
“In qualche modo – afferma Rimedio – si è ancora sotto l’influsso dell’emozione del commovente da una parte e gioioso dall’altra Rito della Beatificazione. È interessante ed insieme edificante poter approfondire la conoscenza, anzi l’esperienza della vita del Beato con le sue gioie e con le sue sofferenze: la gioia nel contatto di fede e di amore intenso verso il Signore e nel progresso delle anime da Lui spiritualmente guidate; le sofferenze dovute alla “carne franta, per la paresi di metà della persona”. Emerge il proposito di fondo del suo Sacerdozio: “voglio farmi santo”. Non c’era dualismo tra il percorso sacerdotale e la santità, anzi dovevano coniugarsi insieme, come è avvenuto per la grazia divina e la sua ferma volontà. Era questo binomio come il respiro della sua anima, abitata dall’Idea, cioè da Cristo. Alla vigilia del l’ordinazione Presbiterale aveva già scelto: di stare dalla parte “del tutto in merito all’oblazione di sè al Signore: essere tutto suo”.
Si può asserire che la visione della spiritualità proposta dal Beato sia fondata sulla meta della trasfigurazione dell’anima oblata che s’irradi all’esterno, soprattutto sui sofferenti e sui poveri. La trasfigurazione è frutto della preghiera tendenzialmente contemplativa “che esige un lungo cammino” di trasformazione. Quindi la contemplazione per lui è la preghiera che “diventa irradiazione e forza e conquisti le anime”. La conquista delle anime al Signore è l’obiettivo suo personale, ma anche di tutta la famiglia oblata. Senza quest’ansia è assente il dinamismo della vocazione. Spirito eletto Don Mottola che richiama alla mente altri spiriti eletti, nei quali si possono riscontrare tratti di affinità con lui. Appartengono al passato ma hanno lasciato segni indelebili nella storia della salvezza. Sono Gioacchino da Fiore, nato a Celico (CS) il 1130, che secondo i suoi biografi “lesse e scoprì la Trinità nella storia. Secondo Dante luceami a lato il calavrese abate Gioacchino, di spirito profetico dotato”. Dedicò la sua vita alla penetrante meditazione della Sacra Scrittura. Per il Teologo De Lubac, impresse alla storia un nuovo movimento profetico e un processo culturale…giunto fino ai nostri giorni. Apparve ai suoi tempi un’anima innamorata di Dio. Cassiodoro, nato a Squillace (CZ) il 485 fu, dopo la vita politica dalle notevoli responsabilità, il fondatore di “Vivarium”, monastero ed eremo, nel quale trascorse la parte finale della sua vita nella meditazione sui “Salmi” e pubblicò “Complexiones Psalmorum”. Il Centro di “Vivarium” accolse tanti, soprattutto giovani, attratti da questa Istituzione dedita alla preghiera, allo studio della Sacra Scrittura, alla trascrizione dei testi dei libri antichi, tradizione ripresa dopo dai Benedettini”.
“Anche nell’eredità di San Francesco di Paola – ricorda infine nella sua riflessione il vescovo emerito – grande Santo, fatto di valori evangelici, come la penitenza, il primato di Dio e la centralità della carità, si trovano tracce di affinità con il Beato. La sua specificità è stata, anche se brevemente, enucleata precedentemente. Non si esagera affermando che la figura di Don Mottola, con la pienezza della sua santità, cultura e socialità, possa illuminare e stimolare la Calabria a traguardi più umani e cristiani, alla liberazione da ogni schiavitù, compresa tutta la nostra Italia”.