Porto Gioia Tauro: Potere al Popolo, stop a monopolio Contship

Reggio Calabria – Rompere con la gestione monopolistica di Contship, diversificare le attivita’, intermodalita’, valorizzazione delle potenzialita’ della Piana di Gioia Tauro. Sono queste le soluzioni proposte da Potere al Popolo, che fa proprie le richieste dei lavoratori, per il rilancio del porto di Gioia Tauro. “Regolarmente ignorati dai candidati di ogni schieramento politico, trattati come numeri da eliminare per tenere in piedi i conti di una gestione manageriale fallimentare, costretti a ingoiare sacrifici, demansionamenti, decurtazione di stipendio e di diritti per “salvare” regolarmente lo scalo, per noi di Potere al Popolo – si legge in una nota – i portuali sono gli unici in grado di proporre soluzioni concrete alla perenne crisi di Gioia Tauro. Per questo non possiamo che rilanciare le loro proposte, articolate in quattro punti. Primo, rompere con la gestione monopolistica di Contship. Ad oggi, stante la legislazione in vigore, l’opzione piu’ credibile appare una riorganizzazione seria degli spazi, in modo da rendere appetibile l’ingresso a un nuovo terminalista. La vera risposta – secondo Potere al Popolo – sarebbe per noi la nazionalizzazione della gestione del porto, ossia ridare potere al popolo portuale sulle banchine, e lo diciamo con la consapevolezza che questo significa intervenire su tutte quelle leggi e riforme portuali che negli anni hanno spalancato le porte alle multinazionali, a costo di enormi sgravi su concessioni e tasse, e impedendo di fatto un reale controllo pubblico. Controllo pubblico che dovrebbe anche rappresentare la principale forma di contrasto alle enormi ingerenze della ‘ndrangheta all’interno del porto, ruolo che non puo’ certo svolgere il privato, interessato ad ottenere il maggior utile possibile a fronte del minor numero di “problemi””.
Inoltre, secondo, Potere al Popolo, “il solo transhipment, che aveva portato Gioia Tauro ad essere il primo porto del Mediterraneo, oggi rappresenta un evidente limite che, da una parte, ha reso il porto quasi un corpo estraneo al contesto della Piana, dall’altra rappresenta un modello di gestione delle merci irrazionale. Che senso ha non aprire il porto alla logistica? Perche’ non fare in modo che i container vengano aperti e lavorati a Gioia Tauro? Attualmente i prodotti destinati ai mercati meridionali – si legge nella nota – devono transitare prima dalle regioni del Nord per essere lavorati, con perdita di tempo e di soldi, ma soprattutto con una perdita ingente di posti di lavoro. Si calcola – iontinua la nota – che la logistica abbinata al transhipment avrebbe una ricaduta occupazionale 5 volte superiore al solo transhipment. Eppure abbiamo tre aree industriali adiacenti al porto deserte, capannoni sequestrati o in possesso delle banche, e non riusciamo a fare altro che creare Agenzie buone solo a coprire le perdite dei privati”.

Poi, si legge, “bisogna investire sulle infrastrutture ferroviarie, non le frottole dell’alta velocita’ in Calabria ma quelle necessarie a collegare realmente il porto al resto d’Europa, e bisogna puntare a una implementazione sia con il sistema aeroportuale, che potrebbe aprirsi ai cargo commerciali, sia con lo stesso sistema portuale, immaginando Gioia come ulteriore snodo per alleggerire il traffico di mezzi pesanti su gomma”. Infine, “la tanto celebrata Zes – riporta il documento – puo’ essere un’opportunita’ solo se il porto diventa elemento integrato nel territorio, che deve essere destinatario di investimenti che possano valorizzare le produzioni locali, come un centro per lo smistamento degli agrumi in grado di abbattere i costi di trasporto per le aziende locali. In caso contrario la Zes sara’ preda dei soliti speculatori, dei prenditori che purtroppo fin troppo bene abbiamo imparato a conoscere”.