Sanità e Ricerca in Calabria: il caso del progetto del centro di ricerche biomediche a Cosenza

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Cosenza- Riceviamo e pubblichiamo una nota di Vincenzo Gallo, padre di un giovane con grave disabilità, “n relazione al dibattito in corso sullo sviluppo del Mezzogiorno e sulla sanità in Calabria, che si permette “di richiamare l’attenzione sul caso del Progetto del centro di ricerche biomediche e servizi sanitari e sociali, per soggetti con lesioni midollari o cerebrali e con problemi osteo-muscolari in età pediatrica e adulta. Si sarebbe potuto realizzare a Cosenza già a partire dal 2000, dopo una valutazione positiva ed il cofinanziamento dello studio di fattibilità da parte del CIPE.
Dopo aver visitato nel 1997 in Svizzera – si legge nella nota – un importante centro di eccellenza in grado di offrire un insieme di servizi integrati non solo sanitari a persone rimaste paralizzate in seguito a lesione al midollo spinale, ho segnalato ad alcune autorità locali l’opportunità di realizzare una struttura simile anche Cosenza.
La proposta di finanziamento – prosegue – per uno studio di fattibilità di 300 milioni di lire, di cui il 50% a carico dei soggetti proponenti, è stata trasmessa nel febbraio 1999 alla Regione Calabria e al CIPE da un raggruppamento composto dal Comune di Cosenza (allora era Sindaco Giacomo Mancini), dall’Azienda Ospedaliera, dall’Asl di Cosenza e da un consorzio universitario.
Lo studio di fattibilità – prosegue – è stato approvato dal CIPE nel 2000, con uno dei maggiori punteggi.
Il Comune di Cosenza, come soggetto capofila, ha subito bandito – aggiunge – la gara per lo studio di fattibilità, vinta da un raggruppamento al quale hanno partecipato esperti nazionali ed internazionali. Lo studio è stato inviato alla Regione per ottenere con priorità i finanziamenti di Agenda 2000.
La sua approvazione è stata sollecitata invano – sottolinea – più volte alla Regione anche dalla successiva Giunta comunale (sindaco Catizone). Negli ultimi 10 anni non mi risultano purtroppo iniziative finalizzate a rilanciare il progetto.
Ancora oggi – commenta – sul sito della FAIP, associazione italiana paraplegici, è sottolineata la carenza di Unità Spinali Unipolari e di Centri dedicati nelle regioni del Sud, dove secondo la Faip, “le persone con lesione al midollo spinale che non riescono ad essere accolte in strutture adeguate, rischiano ancora di andare incontro a conseguenze gravissime, o nel peggiore dei casi alla morte”.
Dal punto di vista organizzativo l’Unità Spinale, sempre secondo la Faip deve essere “collocata all’interno di ospedali sedi di Dipartimenti d’Emergenza e Accettazione di secondo livello.
Secondo alcune stime solo le persone con lesioni midollari, con paralisi del corpo parziale o totale, sarebbero almeno tre milioni nel mondo. In Italia, secondo anche una recente ricerca condotta dalla Regione Umbria e da altri partner, sarebbero 85.000, ai quali si aggiungerebbero 2.400 nuovi casi all’anno (36 ogni milione di abitanti).
Sarebbero però appena 450 i posti letto disponibili in Italia e pochissimi i centri specializzati esistenti, situati quasi tutti al Centro-Nord.
Il progetto – fa sapere – potrebbe soddisfare pertanto un’utenza non solo calabrese e contribuire a ridurre l’emigrazione sanitaria.
L’iniziativa è da considerare però anche un’opportunità di sviluppo territoriale, in grado di attrarre investimenti e iniziative imprenditoriali.
In seguito alla sola notizia dell’approvazione dello studio di fattibilità del centro di ricerche biomediche, già nel 2000 alcune start up estere operanti nel settore biomedico e ricercatori europei hanno manifestato interesse a localizzarsi a Cosenza.
C’è un grande sforzo naturalmente a livello mondiale per migliorare la qualità della vita delle persone con lesioni midollari e cerebrali e con problemi osteo-muscolari.
Negli Stati Uniti i fondi di venture capital che hanno investito in start up del comparto biomed hanno avuto importanti ritorni.
Secondo vari report, nel 2014 l’industria del software ha ricevuto i maggiori investimenti da parte di fondi di venture capital, ma al secondo posto risulta il settore delle biotecnologie. Boston è risultata la città americana che ha attratto più investimenti nelle scienze per migliorare la qualità della vita, superando anche la Silicon Valley.
L’ Assobiomedica ha censito in Italia fino al dicembre 2014 circa 300 start-up operanti nel solo comparto dei dispositivi biomedici. Il numero sta aumentando anche grazie a centri incubatori specializzati nel promuovere imprese operanti nelle “scienze della vita”, come quello realizzato in Toscana, e ad iniziative in altre regioni, anche in Calabria. Mi auguro, pertanto, che questo progetto integrato possa essere rilanciato nell’interesse di chi è affetto da gravi patologie, ma anche per favorire sviluppo e occupazione”.

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