Storia: entro maggio test dna su presunta salma Gioacchino Murat

Gioacchino Murat

Gioacchino Murat

Pizzo Calabro (Vibo Valentia), 21 apr. – Entro la fine di maggio saranno recuperati i resti umani individuati nella cripta sotterranea del Duomo di Pizzo, che si presume appartengano a Gioacchino Murat, il re di Napoli, cognato di Napoleone Bonaparte, che nell’ottobre del 1815 fu catturato, imprigionato e ucciso nella cittadina calabrese dopo esservi sbarcato nel tentativo di riconquistare il suo regno. Sara’ poi il test del Dna, che verra’ effettuato nei mesi successivi, per confermare o meno se quelle spoglie siano davvero del giovane sovrano. A comunicarlo e’ il sindaco di Pizzo, Gianluca Callipo. E’ questo il ruolino di marcia che si e’ imposto il comitato tecnico-scientifico istituito dal Comune, in collaborazione con l’associazione Murat Onlus, dopo la prima riunione operativa. Del comitato, oltre all’assessore comunale alla Cultura, Cristina Mazzei, fanno parte la sovrintendente ai Beni archeologici, Maria Teresa Iannelli; l’antropologa dell’Universita’ di Camerino Isolina Marota; il parroco del duomo, Pasquale Rosano; il presidente dell’associazione Murat Onlus, Giuseppe Pagnotta, e due alti ufficiali del Reparto investigazioni scientifiche (Ris) dei Carabinieri, Sergio Schiavone e Sergio Romano. Quest’ultimo, che e’ un biologo, sara’ colui che dovra’ calarsi nella cripta una volta rimossa la pesante lastra di marmo sul pavimento della chiesa di San Giorgio, che sigilla l’accesso all’antico luogo di sepoltura.
Una volta dentro, dovra’ effettuare rilievi fotografici e prelievi biologici in corrispondenza della cassa che si ritiene possa contenere i resti di Murat, individuata nel 2011 grazie a una sonda con telecamera che fu calata per esplorare i sotterranei del duomo. In quell’occasione, le immagini mostrarono numerosissimi resti di corpi umani, tumulati nel corso dei secoli, a conferma della consuetudine di seppellire i defunti sotto le chiese.

Tra queste spoglie, fu individuata una cassa che corrisponde alla descrizione che alcune cronache dell’epoca fanno dell’ultimo viaggio di Murat. In particolare, dopo la fucilazione, il corpo di Murat venne composto in una cassa di abete che, durante il trasporto verso il duomo, cadde sul selciato, rompendosi. Per ovviare all’incidente, fu effettuata una riparazione di fortuna, avvolgendo la cassa con una lunga corda al fine di tenerla insieme. Ed e’ proprio su un feretro legato da una corda che si e’ quindi concentrata l’attenzione dei ricercatori. “Le probabilita’ che contenga le spoglie mortali di Gioacchino – spiega Callipo – sono molto alte, ma il dilemma potra’ essere risolto soltanto calandosi nella cripta, analizzando i resti ed effettuando un prelievo per il test del Dna”. Nei prossimi giorni, il comitato tecnico-scientifico inviera’ al vescovo di Mileto una relazione dettagliata della procedura e della tempistica che si intende seguire, per il via libera da parte della Diocesi, che deve formalmente autorizzare le operazioni di ricerca. “Riuscire a individuare con certezza il corpo di Murat sarebbe molto importante – sottolinea l’assessore Mazzei -, non soltanto per ovvi motivi storici e culturali, ma anche perche’ questa scoperta accrescerebbe la capacita’ attrattiva di Pizzo, che gia’ fa leva sull’importante figura di questo giovane re e delle vicende storiche che lo coinvolsero. Non dimentichiamo, infatti, che il castello aragonese nel quale fu imprigionato e ucciso, e’ il segno distintivo della nostra citta’ ed e’ gia’ meta di migliaia di turisti ogni anno. Individuare con certezza le spoglie di Murat, nel bicentenario della sua morte che ricorre quest’anno, sarebbe un risultato di grandissimo impatto per Pizzo”.