Lamezia: uomo violentato? polizia segue pista simulazione

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Lamezia Terme – L’anziano uomo ricoverato ieri sera al pronto soccorso di Lamezia Terme è stato aggredito e violentato? E’ l’interrogativo che deve essere dipanato nelle prossime ore. Secondo la Questura che ha diramato una nota non vi è stata nessuna aggressione e violenza nei confronti dell’anziano residente nel quartiere Capizzaglie, che nella fase del ricovero aveva, appunto, detto di essere stato aggredito e seviziato da due extra-comunitari che gli avrebbero rubato anche trenta euro. In base alla denuncia, ieri sera, personale del Commissariato di Pubblica Sicurezza di Lamezia Terme, “è intervenuto presso quel nosocomio per una presunta violenza denunciata da un anziano signore, e di rapina di tenue valore”. Da “accertamenti sanitari, l’assenza di segni di violenza sul corpo della presunta vittima, nonché di tracce sui vestiti, porterebbero gli investigatori a non escludere anche l’ipotesi di una simulazione. Indagini in corso coordinate dall’Autorità Giudiziaria”. Quindi per gli investigatori non c’è traccia di violenza nei confronti dell’anziano che è stato trasportato all’ospedale Pugliese di Catanzaro, ed operato d’urgenza. Ma la versione fornita dagli investigatori della Polizia che per il momento hanno scartato la pista dell’aggressione, non convince i familiari che continuano a sostenere la versione dell’uomo. Anche gli abitanti del quartiere sono certi che l’anziano sia stato aggredito e violentato e questo pomeriggio, in via dei Bizantini, hanno inscenato una protesta bloccando la zona. Gli abitanti di Capizzaglie e i familiari segueono la pista degli extracomunitari che abitreberro in quella zona.

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Versione che la Polizia non condivide fino ad ipotizzare una simulazione. Le indagini faranno luce su una vicenda che ha fatto il giro del web, provocando così la reazione politica di alcuni movimenti che hanno inviato comunciati che, poi, con grande senso di resposnabilità,  come Forza Nuova , ha invitato le testate a non “tener conto dell’ultimo comunicato stampa inviato”, poichè “pare che la notizia sia stata smentita”. Ed in effetti la notizia della violenza è stta smentita dalla Polizia che ha poi diramato un comunicato.

Ma la notizia è vera o e’ una bufala. Secondo quanto riferito dalla Polizia, l’anziano uomo non avrebbe subito violenze. Quindi la violenza potrebbe essere identificata in una bufala, cioè un’affermazione falsa o inverosimile. Può perciò essere volta a ingannare il pubblico, presentando deliberatamente per reale qualcosa di falso o artefatto.

Questa notizia ha due caratteristiche in comune: a) si è diffusa su Internet diventando “virale” di condivisione in condivisione; b) è tutta falsa, parzialmente o del tutto.
Sono bufale giornalistiche che hanno sfruttato il pruriginoso, l’inaspettato e alcune forti emozioni per dilagare, finendo per essere riprese da testate mainstream e diventare di conseguenza vere – perlomeno nella percezione del pubblico. L’hoax, la notizia-farsa, non è un prodotto dell’era digitale: ha anzi radici piuttosto profonde nella cultura umana. Nel mondo anglosassone abbraccia la tradizione dell’April’s Fool, il pesce d’aprile, fornace annuale di storie incredibili, bugie e panzane che vengono tollerate e celebrate per 24 ore. Alla base della panzana di tipo 1, quella tradizionale, c’è però lo svelamento, il momento in cui la notizia viene smentita e dichiarata falsa: si raccontano bugie, si ride un po’ e poi tutto viene messo in chiaro. Fine.
Una bufala invece punta a contrastare ogni svelamento, mirando all’ambiguità; è lì, nella palude tra il vero e il falso, che trova l’habitat ideale per continuare a vivere.
Come sta avvenendo in questo ore nonostante gli organi inquirenti, in merito alla vicenda hanno immediatamente segnalato che sull’anziano, vittima della presunta aggressione violenta di tre extracomunitari, da accertamenti sanitari, non sono stati trovati segni di violenza sul corpo della presunta vittima, nonché tracce sui vestiti”. Elementi che hanno indotto gli investigatori a non escludere anche l’ipotesi di una simulazione.
Quindi non ci sarebbe nessuna violenza, così come denunciato ieri sera da un anziano signore, quando è stato ricoverato al pronto soccorso, ne una rapina. Quindi non è escluso che possa configurarsi il reato di truffa, nel caso in cui l’autore, o gli autori, procurino per sé o per altri un ingiusto profitto a scapito delle vittime. Ed è il rischio che qualcuno sta correndo.
Una denuncia, quindi che si è rivelata una bufala,
Una bufala punta a contrastare ogni svelamento, mirando all’ambiguità; è lì, nella palude tra il vero e il falso, che trova l’habitat ideale per continuare a vivere.
Blog, siti di news e portali di informazione si basano sulla pubblicità online, un settore in cui serve accumulare enormi numeri di visite e pagine viste per avere guadagni sufficienti a far quadrare i bilanci. Ryan Holiday è un giovanissimo media strategist americano che conosce perfettamente i meccanismi morbosi del settore e li ha usati per promuovere i marchi per cui lavorava, tra cui American Apparel. Lui sa come attirare l’attenzione dei blogger su un suo cliente, creando esche con cui ha incastrato anche testate giornalistiche prestigiose. Tutto però parte dai blog. Ne basta uno, anche di nicchia, e l’effetto valanga fa il resto: redattori e blogger sono alla costante ricerca di nuove notizie, e Holiday è lì per fornirgliele. Quando il suo cliente Tucker Max doveva promuovere il film ispirato al suo libro I Hope They Serve Beer in Hell, Holiday decise di puntare sull’odio diffuso ispirato dallo scrittore – autodefinitosi «un coglione di professione» – vandalizzando delle locandine del film e mandando le foto del fattaccio a due siti piccoli ma molto letti dalle persone giuste. Il bufalaro produsse quindi quella che Felix Salmon, esperto di media statunitense, ha definito frovocation: una provocazione falsa. Le frovocazioni hanno due caratteristiche principali: sono false; incuriosiscono milioni di persone. Come già detto, per quanto eticamente vomitevole, questa pratica rende tutti contenti, almeno superficialmente: è contento il blogger, il suo editore, chi ha inventato la bufala e chi lo ha pagato per inventarsela. È un meccanismo bulimico e autoalimentante. Funziona.
«Oggi chi pubblica bufale non ha molto da perdere, i siti internet sono strumenti facili da operare. Nel XIX secolo, invece, gli editori evitavano di pubblicare troppe bufale per timore di perdere lettori»
«Da quando esistono i mass media, le persone sono state in competizione per attrarre l’attenzione del pubblico», spiega a Studio Alex Boese, curatore del sito “Museum of Hoaxes”, che dal 1997 raccoglie, studia e racconta le più grandi bufale della Storia. In quasi 20 anni di attività Boese è diventato uno dei maggiori esperti del settore, e lo ha visto evolversi da vicino: «Oggi chiunque può inventarsi un hoax, postarla su Twitter e raggiungere potenzialmente un pubblico di milioni di persone. Questo non succedeva nel XIX secolo e il risultato è che il numero di hoax è aumentato esponenzialmente, ne siamo bombardati di continuo. È facile, veloce, remunerativo e non è neppure così rischioso, se siete una di quelle persone che non sanno che farsene della morale: «Oggi chi pubblica bufale non ha molto da perdere, i siti internet sono strumenti facili da operare» continua l’esperto. «Nel XIX secolo, invece, gli editori evitavano di pubblicare troppe bufale per timore di perdere lettori».