Agromafie:Coldiretti/Eurispes,attirano capitali in fuga da banche

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Roma  – Le turbolenze del sistema bancario aumentano i capitali puliti che, alla ricerca di una migliore remunerazione, si indirizzano verso l’economia sporca, con il cosiddetto “money dirtying” che e’ esattamente speculare al fenomeno del riciclaggio nel quale i capitali sporchi affluiscono nell’economia sana. E’ quanto e’ emerso all’incontro di presentazione del quarto Rapporto Agromafie elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalita’ nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, presentato oggi a Roma. La paura a tenere immobilizzate presso le banche quote consistenti di risparmio dopo l’entrata in vigore del ‘bail-in’ e la remunerazione negativa del capitale sono gli ingredienti che definiscono la condizione all’interno della quale vanno ricercate le origini del money dirtying. In buona sostanza, molti tra coloro che dispongono di liquidita’ prodotta all’interno dei settori attivi nonostante la crisi trovano convenienti e pertanto decidono di perseguire forme di investimento non ortodosse, con l’obiettivo del massimo vantaggio possibile affidandosi a soggetti borderline o ad organizzazioni in grado di operare sul territorio nazionale e all’estero in condizioni di relativa sicurezza. Il settore agroalimentare, che ha dimostrato in questi anni non solo di poter resistere alla crisi ma di poter crescere e rafforzarsi anche in un quadro congiunturale complessivamente difficile, e’ diventato – di conseguenza – ancor piu’ appetibile sul piano dell’investimento.

“La capacita’ di attrazione dei capitali legali da parte della malavita – sottolineano Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalita’ nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare – e’ ben evidenziata dall’attivita’ della Guardia di Finanza che fa notare come le mafie non limitano la loro attivita’ solo all’accaparramento dei terreni agricoli, ma spaziano in tutto l’indotto, arrivando a operare direttamente nelle attivita’ di trasporto e di stoccaggio della merce, nell’intermediazione commerciale e nella determinazione dei prezzi”. La Camorra risulta molto interessata al segmento della ristorazione, in quanto mostra una particolare propensione a reimpiegare proventi illeciti mediante l’acquisizione di attivita’ ristorative, soprattutto bar e ristoranti. Cosa Nostra spazia dal business offerto dalle attivita’ ristorative alla gestione di attivita’ agricole e di commercializzazione dei prodotti da essa derivanti. La ‘Ndrangheta appare maggiormente rivolta sia all’acquisizione di vasti appezzamenti di terreno e alla gestione di societa’ operanti nel settore agricolo sia al conseguimento illecito di contributi comunitari in materia di politica agricola.

Il business delle Agromafie ha superato i 16 miliardi di euro nel 2015. Il dato emerge dal quarto “Rapporto sui crimini agroalimentari” in Italia elaborato da Eurispes, Coldiretti e Osservatorio sulla criminalita’ nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, presentato oggi a Roma. Per raggiungere l’obiettivo i clan ricorrono a tutte le tipologie di reato tradizionali: usura, racket estorsivo e abusivismo edilizio, ma anche a furti di attrezzature e mezzi agricoli, abigeato, macellazioni clandestine o danneggiamento delle colture con il taglio di intere piantagioni. Con i classici strumenti dell’estorsione e dell’intimidazione impongono la vendita di determinate marche e determinati prodotti agli esercizi commerciali, che a volte, approfittando della crisi economica, arrivano a rilevare direttamente. Non solo si appropriano di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma compromettono in modo gravissimo la qualita’ e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani e il valore del marchio Made in Italy. Gli aspetti patologici dell’indotto agroalimentare, come la lievitazione dei prezzi di frutta e verdura fino a 4 volte nella filiera che va dal produttore al consumatore, sono la conseguenza non solo dell’effetto dei monopoli, ma anche delle distorsioni e speculazioni dovute alle infiltrazioni della malavita nelle attivita’ di intermediazione e trasporto, secondo l’analisi della Direzione investigativa antimafia.
Agromafie: Orlando, in dirittura arrivo ddl innovazione normativa
Roma – I numeri del fatturato delle agromafie “mi preoccupano ministro-orlandomolto, l’anno scorso infatti in questa sede assumemmo l’impegno di avviare lavoro per innovare la normativa su questo fronte. Questo lavoro ormai e’ in dirittura d’arrivo”.
Lo ha affermato il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, a margine della presentazione del quarto Rapporto Agromafie oggi a Roma, commentando i numeri del fatturato delle agromafie contenuti nel rapporto Coldiretti. “Ci stiamo confrontando con gli stakeholder per le ultime limature e poi proporro’ un ddl complessivo con il ministro Martina per rafforzare gli strumenti di contrasto in questo senso, intrecciandola ad un’altra normativa che e’ quella per il contrasto al caporalato, perche laddove c’e’ mafia c’e’ contraffazione e anche sfruttamento del lavoro”.

Agromafie: D’Acri, dati business sono spaventosi
Reggio Calabria – “La cifra e’ spaventosa ma rende evidente come

Mauro D'Acri

Mauro D’Acri

l’agroalimentare sia ormai una certezza e dunque anche le organizzazioni criminali cercano, a tutti i costi e con ogni mezzo,di inquinare e di essere illegali e dannose protagoniste; 16 miliardi di euro e’ il business delle agromafie ed i contenuti del IV Rapporto sui crimini agroalimentari in Italia elaborato da Eurispes, Coldiretti e Osservatorio sulla criminalita’ nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare inducono piu’ d’una riflessione”. Lo afferma Mauro D’Acri, consigliere regionale , in merito al rapporto Eurispes-Coldiretti presentato stamane. “I dati riferiti al Meridione ed alla Calabria in particolare – dice – non sono incoraggianti, le province calabresi vittime dell’ associazionismo criminale che fa sentire il proprio peso sul territorio, prova ne sono le percentuali riferite alla confisca dei beni: un immobile su cinque confiscato alla criminalita’ organizzata e’ nell’agroalimentare (17,6% in Calabria). Se a cio’ aggiungiamo che nel sistema agricolo nazionale tra i 20 ed i 25 miliardi di euro vengono sprecati per il mancato utilizzo dei beni confiscati il panorama risulta per cio’ che e’: tristemente preoccupante. Il rapporto e’ – dice – come ogni anno un utilissimo strumento di analisi, verifica e comprensione di un fenomeno che accanto ad altri e penso ad esempio alla sofisticazione danneggia in misura consistente il percorso delle decine di migliaia di aziende agricole oneste, cosi come incide sulla prospettiva futura del comparto. Naturalmente ed a fronte di questi dati ciascuno di noi ha l’obbligo non solo di evidenziarli ma di rendere evidente – continua – in ragione di ruoli, responsabilita’ e funzioni, cosa concretamente e’ possibile fare. Da questo punto di vista vorrei sottolineare l’estrema importanza dell’avviso pubblico per il finanziamento di progetti destinati al riutilizzo dei terreni confiscati alla criminalita’ organizzata, pubblicato dal Dipartimento Agricoltura sulla base di un preciso indirizzo che ha trovato accoglimento in una delibera di Giunta Regionale nel novembre scorso. Il dipartimento ha indicato una strada precisa, – dice – si prevedono interventi di riqualificazione economica e sociale di terreni confiscati alla criminalita’ organizzata, e’ un bando destinato a Cooperative sociali, Organizzazioni di volontariato e Associazioni no profit riconosciute, che gestiscono beni confiscati alla criminalita’ organizzata ed e’ a sportello e dunque senza alcuna valutazione di ordine discrezionale. Le risorse non sono moltissime ma per le condizioni attuali del bilancio rappresentano un gesto di assoluto valore ed impegno a difesa della legalita’, contro le agromafie ed a sostegno di un’agricoltura sociale e solidale”.