Pino Daniele: consulenti pm, andando a Roma ha perso chance

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Roma – “La scelta di ricorrere alle cure dell’Ospedale S. Eugenio a Roma ha privato Pino Daniele di giovarsi di opportunita’ terapeutiche in modo tempestivo ma non possiamo affermare con alta e neppure buona probabilita’ logica, ma solo in termini di riduzione di chance, che il trasporto in Centro attrezzato piu’ vicino sarebbe stato salvifico”. Preferire il trasferimento nel nosocomio romano piuttosto che “affidarsi ai sanitari dell’ambulanza medicalizzata e/o raggiungere il Centro ospedaliero piu’ vicino (Grosseto)” ha rappresentato per il cantautore napoletano, che si trovava in Maremma quando si e’ sentito male, la perdita di un’opportunita’. E’ quanto scrivono i consulenti nominati dalla procura di Roma nel procedimento contro ignoti per omicidio colposo legato alla morte, avvenuta il 4 gennaio scorso, “per shock cardiogeno” dell’artista partenopeo, un soggetto – si legge nel documento consegnato oggi ai magistrati – “affetto da cardiomiopatia dilatativa post-ischemica, coronaropatico e sottoposto ad intervento di by-pass aorto-coronarico e iperteso”.

Ovviamente nulla e’ certo al 100% ma se Daniele avesse scelto di affidarsi ai sanitari toscani, sarebbe stato sottoposto a una “serie di interventi terapeutici che per la maggior parte possono essere messi in atto da personale qualificato anche con minima disponibilita’ di risorse, e che la loro efficacia ultima in larga misura dipende proprio dalla tempestivita’ di intervento, prima che la situazione divenga non piu’ recuperabile”. In poche parole, hanno evidenziato i consulenti, “all’arrivo dei soccorritori con ambulanza “medicalizzata”, sarebbe stato certamente possibile mettere in atto immediatamente una serie di interventi volti a sostenere la situazione emodinamica e migliorarla, e, se possibile, identificare eventuali situazioni sottostanti (es: aritmie, ischemia franca) potenzialmente correggibili”. E una volta “giunto in ambiente ospedaliero attrezzato (quale quello di Grosseto), sarebbe stato possibile in tempi brevi procedere (se necessario) ad ulteriori interventi”. E invece tutto cio’ non e’ stato possibile perche’ Pino Daniele volle raggiungere “la sede ospedaliera dove il sanitario curante (il suo cardiologo di fiducia, ndr) avrebbe poi organizzato accertamenti e terapie”. E forse quel viaggio in macchina a folle velocita’ verso il Sant’Eugenio con la compagna Amanda Bonini al volante ha contribuito a peggiorare lo stato di salute di Daniele: “Essendo il trasporto avvenuto in auto – scrivono nella consulenza i tre esperti – e’ evidente come il paziente non possa essere stato trasporto disteso, ma seduto (o al piu’ semi-seduto). In condizioni di bassa portata, per gli ovvi motivi legati alla gravita’ ed alla relativa immobilita’ della posizione assunta, cio’ ha determinato un accumulo di sangue nelle zone declivi (arti inferiori, pelvi), con ulteriore diminuzione della portata sistemica, ed una ulteriore diminuzione della perfusione agli organi disposti piu’ in alto (cuore, cervello)”. “Tutto cio’ detto – e’ la conclusione – non e’ possibile sostenere che la scelta di intraprendere il viaggio verso Roma e, quindi, l’eventuale latenza temporale di circa un’ora rispetto alle tempistiche di viaggio poi affrontato da Daniele, abbia avuto un ruolo causale nell’exitus connotato da elevata credibilita’ razionale” perche’ occorre altresi’ affermare che la tempistica non e’ assolutamente classificabile in termini cronologici standardizzabile e definibile ne’, tantomeno, catalogabile in termini di efficacia sul prognostico”.