Mafia: piano attentato contro Alfano, “fara’ fine di Kennedy”

alfano03-06Palermo – Si erano detti pronti a colpire con un attentato il ministro dell’Interno Angelino Alfano, ‘colpevole’ ai loro occhi di avere aggravato il 41 bis. E’ quanto emerge dall’operazione “Grande Passo 3”, che ha decapitato il mandamento di Corleone, procedendo all’arresto di sei esponenti di spicco. Sono stati intercettati mentre sfogavano la loro rabbia contro il titolare del Viminale. “Gli faremo fare la fine di Kennedy”, hanno detto come documentato da una intercettazione, nella quale i mafiosi sostengono la responsabilita’ di Cosa nostra nell’omicidio del presidente degli Stati Uniti, commesso a Dallas nel 1963. Una missione di morte, per punire un presunto voltafaccia, secondo i boss, per i quali al consenso assicurato non sarebbe corrisposta una tutela dei loro interessi.
Alfano doveva essere colpito, secondo le intenzioni dei alcuni dei boss corleonesi intercettati, in occasione di una campagna elettorale, dove appariva meno protetto. Lo dovevano “cafuddare” (colpire), dicevano, proprio come Kennedy che, secondo gli ‘allevatori corleonesi’ oggi fermati, sarebbe stato ucciso per volere della mafia per il suo cambiamento di atteggiamento. C’e’ pure la spasmodica ricerca di armi che avvalora la volonta’ di agire. Nelle intercettazioni ambientali in carcere – tra agosto e novembre 2013 – Riina e’ stato sentito minacciare il Pm Nino Di Matteo e se la prendeva proprio con Alfano, a causa dell’inasprimento del 41 bis, vero assillo del capomafia. Il leader Ncd doveva essere puntito per la sua intransigenza, di cui era emblema l’odiato e temuto carcere duro, al quale era sottoposto Toto’ Riina, rimasto un riferimento assoluto per molti a Corleone. Ma non per tutti. Nel mandamento convivevano e spesso si scontravano i fautori della linea violenta e quelli piu’ favorevoli a un profilo basso, come Provenzano. Rimase un progetto quell’attentato, per il momento. Ma restava la pericolosita’ dei soggetti oggi in manette, che continuavano a controllare il territorio e che erano pronti sempre a colpire. “Tenuto conto dei progetti omicidiari e della pericolosita’ sociale dimostrata dagli appartenenti a Cosa nostra – afferma infatti l’Arma dei carabinieri – che ha continuato a mantenere saldamente il controllo del territorio con una costante pressione sul tessuto sociale ed economico, attraverso i classici metodi intimidatori del danneggiamento di mezzi d’opera e degli incendi – la Dda di Palermo ha ritenuto necessario procedere ai fermi del potenziale gruppo di fuoco e dei vertici dell’organizzazione, al fine di evitare la commissione di reati piu’ gravi”.

Mafia: piano contro Alfano, “se c’e’ accordo gli diamo una botta”
“Lo fottiamo a questo, lo fottiamo. Gli cafuddiamo una botta in testa”. Era feroce l’odio covato contro il ministro dell’Interno Angelino Alfano, di alcuni dei fermati intercettati nel corso dell’inchiesta “Grande passo 3”, che ha decapitato il mandamento di Corleone. Non gli perdonano l’inasprimento del carcere duro. “Questo Alfano – e’ lo sfogo di Pietro Paolo Masaracchia – e’ un porco con le persone. Chi minchia glielo ha portato qua con i voti di tutti. Insieme a Berlusconi e’ andato a finire la’ e ora si sono dimenticati di tutti. Dalla galera dicono cose tinte di lui e se siamo d’accordo ce lo fottiamo a questo”. E’ un fiume in piena Masaracchia mentre parla al suo interlocutore di un possibile piano di morte che doveva scattare a Roma, secondo una prima ipotesi, poi in Sicilia, durante una campagna elettorale. “Kennedy – aggiungeva – ce lo siamo masticato noialtri la’ in America. Ha fatto le stesse cose di Alfano, perche’ prima e’ salito con i voti di Cosa nostra americana e poi gli hanno voltato le spalle. Dobbiamo difenderci anche noi… se c’e’ l’accordo di tutti”.
Era il settembre 2014, in un agro di Contessa Entellina, pomeriggio inoltrato, quando Vincenzo Pellitteri, Pietro Paolo Masaracchia e Pietro Pollichino si appoggiano alla autovettura imbottita di microspie e parlano: “Questo Angelino Alfano e’ andato a finire la’, insieme a Berlusconi ed ora si sono dimenticati di tutti… tanto che si e’ dimenticato a tutti che… e dalla galera, dalla galera dicono cose tinte di lui”. Secondo gli investigatori di fatto – “i tre maturavano che l’ovvia soluzione dovesse essere proprio l’omicidio dell’onorevole Alfano”. Dice Masaracchia a Pellitteri: “ed io gliel’ho detto a Vincenzo, se siamo, se c’e’ l’accordo… pero noialtri ah? Non perdiamo la faccia, noialtri siciliani… e’ un cane per tutti, per tutti carcerati…”. Una linea dura condivisa da Pollichino che riferendosi al boss corleonese Toto’ Riina, detenuto al 41 bis, dice: “Toto’ ha capito tutte cose… se avevamo a lui qua…”. Il luogo prescelto per fare scattare il piano sembrava Roma: Masaracchia diceva, mentre le cimici piazzate dai carabinieri registravano: “Io me la sento… possiamo partire tutti… a Roma ho gia’ il posto… a Roma c’e’ gente che ha una casa e la mette a disposzione che te la da un giorno prima… altri lo dobbiamo sminchiare dove lui se ne va a dormire, quando lui se ne va a dormire”. Poi, pero’ si valuta l’opportunita’ di realizzare il progetto in Sicilia, ad Agrigento: “Qua appena – dice Masaracchia – ci sono le elezioni lui si porta… e se ne viene qua ad Agrigento… che vuole i voti degli agrigentini… qua deve essere fatto… qua lo dobbiamo aspettare, tra due anni ci sono le elezioni”. Un ragionamento condiviso da Pellitteri che aggiunge: “Avendo le elezioni, scusami, che appena si porta lui diventa nessuno mischiato con niente… gli levano tutte le scorte d’appresso”.

Mafia: blitz dei carabinieri, azzerato mandamento Corleone
Nuovo colpo al cuore della mafia. I carabinieri ritengono di avere azzerato il mandamento di Corleone, un tempo regno dei padrini di Cosa nostra Toto’ Riina e Bernardo Provenzano. I militari del gruppo di Monreale, supportati dalle unita’ cinofile per la ricerca di armi e da un elicottero, sono entrati in azione in una vasta area compresa tra Corleone, Chiusa Sclafani e Contessa Entellina. Le indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, hanno documentato gli assetti di Cosa nostra all’interno del mandamento. L’operazione, spiegano gli investigatori dell’Arma, ha peraltro impedito che si realizzasse il progetto di un omicidio.
Sono sei gli arresti eseguiti dai militari dell’Arma, boss e personaggi di primo piano che hanno retto le sorti e gli affari della cosca che il blitz, secondo gli investigatori, ha fortemente ridimensionato. L’inchiesta, viene spiegato, ha fatto luce sui nuovi assetti dello storico mandamento, sui piani di riorganizzazione, sulle alleanze, sui progetti illeciti per il finanziamento delle casse del clan, oltre che sulla pianificazione di un omicidio che e’ stato a questo punto sventato. I particolari dell’operazione saranno forniti nel corso della conferenza stampa alle 11.00 presso la palazzina “M” del Tribunale di Palermo.

Mafia: arresti Corleone, sventato omicidio imprenditore
Un imprenditore era l’obiettivo della missione di morte organizzata dai boss del mandamento di Corleone, decapitato all’alba dall’operazione dei carabinieri nell’operazione “Grande passo 3”, con l’arresto di sei esponenti di spicco. L’Arma spiega di avere documentato l’intenzione delle cosche di ucciderlo, facendo scattare l’operazione prima che i killer entrassero in azione. I piani di morte ed economici sono stati scandagliati dai magistrati della Dda di Palermo e dagli investigatori che hanno documentato gli assetti e i nuovi equilibri del mandamento, diviso tra una linea prudente e una piu’ violenta.
Nel corso delle indagini i carabinieri hanno ricostruito il progetto di omicidio nei confronti dell’imprenditore non ancora identificato. L’omicidio era stato commissionato per 3.000 euro da due commercianti di Chiusa Sclafani a Vincenzo Pellitteri e Pietro Paolo Masaracchia, dopo l’autorizzazione ricevuta da Gaspare Geraci. I preparativi per la commissione dell’omicidio – sostengono i militari – il cui movente e’ da ricondurre a dissidi privati intercorsi tra i committenti e la vittima, sono stati interrotti dagli investigatori quando Masaracchia, dopo l’individuazione del luogo dell’agguato, e’ stato sottoposto a fermo nell’ambito dell’operazione “Grande Passo”.
Mafia: attentati e affari,a Corleone scontro ‘stragisti-prudenti’
I boss di Corleone tenevano saldamente il controllo del territorio e della sua economia. Disponevano di armi e progettavano omicidi. Tra gli obiettivi il ministro dell’Interno Angelino Alfano, colpevole ai loro occhi di avere aggravato il 41 bis: “Gli faremo fare la fine di Kennedy”, dicevano mentre erano intercettati, sostenendo che era stata Cosa nostra a uccidere il presidente degli Stati Uniti, a Dallas, il 22 novembre 1963, una punizione per un presunto voltafaccia: ai loro occhi si era preso il consenso, ma non aveva tutelato gli interessi della mafia. Nelle intercettazioni ambientali in carcere – tra agosto e novembre 2013 – Riina e’ stato sentito minacciare il Pm Nino Di Matteo e se la prendeva proprio con Alfano, a causa dell’inasprimento del 41 bis, vero assillo del capomafia. E poi c’era il progetto di uccidere un imprenditore. Ma il mandamento non era compatto. Le due storiche anime, quella prudente e quella platealmente violenta, in una sorte di riproposizione delle opposte visioni dei padrini Bernardo Provenzano e Toto’ Riina, continuavano a scontrarsi. E quanto emerge dall’indagine coordinata dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dai sostituti Sergio Demontis, Caterina Malagoli e Gaspare Spedale, che ha portato all’alba all’esecuzione di sei fermi di indiziato di delitto, contestando a sei boss e gregari, i reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, danneggiamento, illecita detenzione di armi da fuoco. L’operazione “Grande passo 3”, segue le due precedenti che tra il settembre 2014 ed il gennaio del 2015 avevano colpito gli esponenti delle cosche di Corleone e Palazzo Adriano. Individuato il capo mandamento in Rosario Lo Bue, fratello di Calogero gia’ condannato per il favoreggiamento di Bernardo Provenzano, di cui condivideva la linea del basso profilo.
Ricostruito l’assetto del mandamento mafioso di Corleone (uno dei piu’ estesi) ed in particolare dei clan attivi sul territorio dell’Alto Belice dei Comuni di Chiusa Sclafani e Contessa Entellina. E documentata la caratura della figura di Lo Bue, capo carismatico e fautore di una linea d’azione prudente, in continuita’ con Provenzano. Proprio questo suo modo di condurre le attivita’ del mandamento ha creato non poche fibrillazioni negli assetti corleonesi. In particolare, Antonino Di Marco, tratto in arresto a settembre 2014, da sempre ritenuto vicino alle posizioni dell’altro storico boss corleonese Salvatore Riina, in piu’ occasioni ha contestato il modo in cui Lo Bue gestiva l’organizzazione. Le attivita’ investigatove hanno dunque, ribadito che ancora oggi sussistono due anime contrapposte, l’una moderata e l’altra piu’ oltranzista. Inoltre e’ stata nuovamente accertata la rigida applicazione di una fondamentale ed inderogabile regola di Cosa nostra, ovvero quella di garantire il sostentamento economico ai familiari degli affiliati detenuti, in particolare, Toto’ Riina. Documentata chiaramente la disponibilita’ di un arsenale di armi nascosto in una localita’ in via di individuazione. Per gli investigatori dell’Arma Cosa nostra corleonese “ha continuato a mantenere saldamente il controllo del territorio con una costante pressione sul tessuto sociale ed economico, con un potenziale gruppo di fuoco”, e doveva essere fermato al fine di evitare progetti omicidiari e la commissione di altri gravi reati”.

Mafia: arresti Corleone, il boss “Dobbiamo farli piangere”
“Se non si fanno piangere non si arrivera’ mai. Non te lo voglio dire piu’. Falli piangere”. Sono le parole del reggente di Chiusa Sclafani, intercettate nel corso dell’indagine dei carabinieri scaturita oggi nell’operazione “Grande passo 3”, che ha decapitato i vertici del mandamento di Corleone e svelato il piano per uccidere il ministro dell’Interno Angelino Alfano, a causa dell’inasprimento del 41 bis. “Piccolo esempio di educazione mafiosa”, ha commentanto quelle parole il procuratore aggiunto di Palermo Leonardo Agueci, nel corso della conferenza stampa.
E’ un mandamento “dove viggono ancora le regole della vecchia Cosa nostra – ha detto il procuratore aggiunto Leonardo Agueci – pensieri e regole che si tramandano a voce e che, in alcuni casi, grazie all’abilita’ dei carabinieri siamo riusciti a captare in diretta”. “E’ stata una indagine classica, molto complessa. Agire da ‘fantasmi’ in un territorio rurale per intercettare conversazioni ed incontri in cui si stabiliscono strategie e progetti omicidiari e’ stato molto difficile”, ha spiegato il comandante provinciale dei carabinieri, Giuseppe De Riggi.
Mafia: arresti Corleone, “Ce lo siamo masticato noi Kennedy”
“Kennedy ce lo siamo masticato noialtri la’ in America. Ha fatto le stesse cose di Alfano, perche’ prima e’ salito con i voti di Cosa nostra americana e poi gli hanno voltato le spalle. Dobbiamo difenderci anche noi se c’e’ l’accordo di tutti”. A parlare e’ Pietro Paolo Masaracchia, intercettato nell’ambito dell’inchiesta scaturita nell’operazione “Grande passo 3”, che ha decapitato il mandamento di Corleone e disvelato il progetto di morte contro il ministro dell’Interno Angelino Alfano, colpevole ai loro occhi di avere inasprito il 41 bis.