‘Ndrangheta:ditta costruzioni legata a clan fra beni confiscati

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Catanzaro – Comprende un’impresa di costruzioni, un appartamento, terreni, mezzi meccanici e automezzi e rapporti finaziari il patrimonio, stimato in 7 milioni di euro, che stamane gli uomini della Direzione Investigativa Antimafia di Catanzaro hanno confiscato all’imprenditore sessantenne Francesco Cianflone, attualmente imputato per associazione per delinquere di stampo mafioso, arrestato nella primavera del 2013 nell’ambito dell’operazione “Piana”, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo calabrese, che avrebbe disvelato la contiguita’ di alcuni imprenditori con la cosca Giampa’ di Lamezia Terme (cz). I beni confiscati, in particolare, comprendono le quote ed il compendio aziendale della “Costruzioni s.r.l.”, con sede ad Amato (Cz), operante nel comparto edilizio; 140.000 mq di terreni prevalentemente agricoli; un appartamento; 37 beni mobili registrati fra i quali numerosi mezzi da cantiere e 23 rapporti finanziari.
Il decreto di confisca eseguito a seguito del sequestro operato nel 2014, e’ stato emesso dal Tribunale di Catanzaro ai sensi del codice antimafia e si basa su indagini patrimoniali svolte dalla Sezione Operativa della Dia di Catanzaro in un arco temporale compreso tra il 1996 ed il 2012. Secondo i l Tribunale di Catanzaro, il modus operandi di Cianflone sarebbe “sintomatico di pericolosita’ sociale qualificata, rilevandosi quale univoco e non diversamente valutabile sospetto di appartenenza alla consorteria mafiosa facente capo ai Giampa”. I beni confiscati, inoltre, sempre secondo il Tribunale, “risultano essere stati acquisiti negli anni successivi al 2008, senza che, a fronte degli esborsi necessari per le acquisizioni, sia stata dimostrata, in relazione a ogni acquisto e operazione bancaria e finanziaria, la sussistenza della correlativa disponibilita’ reddituale” .
Le indagini della Dia avrebbero, inoltre, evidenziato che il ruolo delle imprese favorite dalla cosa Giampa’, come quella di Cianflone, “non era circoscritto alla sola fornitura di cemento e di altro materiale, attraverso una condotta delle stesse sostanzialmente passiva, quale mere beneficiarie dell’attivita’ posta in essere direttamente dai componenti la cosca”. Le aziende tendevano infatti, secondo la magistratura catanzarese, “ad assumere un ruolo attivo e propositivo nella condotta delittuosa, in ragione del fatto che gli imprenditori che si aggiudicavano i lavori sul territorio, consapevoli del rapporto che legava certe imprese alla cosca Giampa’, sapevano che attraverso le stesse avrebbero potuto “sistemare le cose” con la cosca per non avere fastidi”.