Ignoravano denunce cittadini, vigili urbani arrestati nel Reggino

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Bagnara Calabra (Reggio Calabria)  – I carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria hanno tratto in arresto l’ex comandante della polizia municipale di Bagnara Calabra, Raimondo Cacciola, 60 anni,  la moglie Giuseppina Luppino, 56 ammi,  anche lei vigile urbano, e il vigile urbano Pasquale Clemente 54 anni. Le accuse, a vario titolo, nei loro confronti sono di favoreggiamento reale e personale, omissione, abuso d’ufficio e danneggiamento. Secondo l’accusa, i tre non avrebbero dato seguito a denunce e segnalazioni presentate da cittadini, con l’obiettivo di favorire determinate persone. Il comandante e’ stato accompagnato in carcere, mentre gli altri due vigili sono stati posti ai domiciliari. Tra gli indagati, in tutto dodici, risultano anche l’ex comandante dello stesso corpo di polizia municipale, Giuseppe Bellantone, arrestato nel 2013 in un’altra inchiesta, e un sacerdote, che avrebbe realizzato un centro di preghiera senza alcuna autorizzazione.

 

La ricostruzione degli investigatori

Avviate immediatamente le indagini, grazie ad una perquisizione effettuata presso il Comando di Polizia Municipale di Bagnara Calabra, l’esame di copiosa documentazione nonché l’escussione degli altri agenti di polizia municipale, era possibile fare luce sul sistema di illegalità diffusa imposto, all’interno del Comando di Polizia Municipale di Bagnara Calabra, da Raimondo Cacciola, fino a pochi giorni addietro Comandante facente funzione dell’Ufficio, succeduto nell’incarico a Giuseppe Bellantone (anch’egli tratto in arresto il 15.02.2013 in un diverso procedimento, per fatti commessi nell’esercizio delle proprie funzioni).
Veniva dunque fatta chiarezza su una serie di vicende intercorse tra l’ottobre 2013 ed il dicembre 2015, nelle quali sono emerse varie ipotesi delittuose (contro la pubblica amministrazione, l’amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio e la libertà personale): in innumerevoli circostanze, infatti, Cacciola aveva omesso di riferire alla competente Autorità Giudiziaria fatti costituenti reato in materia urbanistica e contro il patrimonio, favorendo i responsabili di tali condotte ad eludere le investigazioni dell’Autorità o ad assicurarsi i profitti del reato ed attestando, altresì, fatti falsi, con abuso delle proprie funzioni.
Con la complicità della coniuge Luppino, inoltre, il Cacciola aveva formato un registro di protocollo “manuale” inserendo numeri progressivi in bianco, attestando fatti falsi, precisamente la data e la successione nel tempo della ricezione o spedizione di atti da parte del Comando.
Di particolare allarme sociale risultava, infine, l’ultimo episodio delittuoso in ordine di tempo contestato al Cacciola, il quale aveva tentato di farsi corrispondere, ricorrendo a larvate minacce e con la forza intimidatrice dell’uniforme, una parte della somma di denaro liquidata ad un soggetto rimasto coinvolto in un incidente stradale con la propria coniuge Luppino.
Proprio in merito a tale sinistro, la Luppino presentava richiesta di risarcimento all’INPS dichiarando che lo stesso fosse avvenuto in itinere, cioè nel tragitto lavoro-abitazione.
In realtà gli accertamenti delle Autorità hanno dimostrato che la Luppino, in quella circostanza era libera dal servizio poiché, arbitrariamente, aveva anticipato l’uscita dal posto di lavoro e che pertanto la versione del sinistro (supportata da compiacenti dichiarazioni del coniuge Cacciola e del Clemente) era finalizzata ad ottenere indebito risarcimento da parte dello Stato.
Dal coacervo dei fatti delittuosi sopra descritti e dalla loro inquietante ripetizione, è stata desunta la spiccata e specifica pericolosità sociale degli indagati, tale da imporre l’applicazione della custodia cautelare in carcere per il Cacciola e degli arresti domiciliari per i due complici.

 

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