La difesa della vita sacrificata sull’altare dell’ideologia

massara-vincenzoLamezia Terme – A cura di Vincenzo Massara – Vicepresidente Nazionale MCL – Corre veloce sui binari dell’efficientismo e della modernità del Paese, la legge sull’eutanasia; certo, la terminologia utilizzata è molto più edulcorata, “Norme in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari”, dà meno fastidio, l’impatto emozionale è attenuato, ma di eutanasia si tratta.
La Commissione Affari Sociali nella persona del Presidente, Mario Marazziti, ha stabilito i tempi, i margini di discussione diventano sempre più ristretti, le migliaia di emendamenti, stroncati, dei 3300 presentati ne rimangono 280. Basta discussioni. Questo è un Paese che deve correre, deve diventare competitivo, non possiamo restare indietro, ci dobbiamo allineare alle altre civiltà europee.
Queste sono ormai diventate le parole d’ordine della politica. E allora diventa normale, in un Paese, dove circa 14 milioni di cittadini rinunciano alle cure per problemi di natura economica, dove la disoccupazione ha raggiunto dimensioni da catastrofe sociale, dove le famiglie vengono sempre di più emarginate, distrarre l’attenzione, convergendo interessi e azioni su provvedimenti di cui non si avverte alcun urgente bisogno.
E’ già successo con il disegno di legge sulle unioni civili, diventato ormai legge dello Stato. Un parlamento bloccato per mesi, stessa cosa con il referendum costituzionale, miseramente fallito. Oggi la stessa compagine governativa, salvo qualche variazione sul tema, ha deciso di accelerare i tempi poiché è di fondamentale importanza dotarsi di questo straordinario strumento di progresso sociale.
E allora il tema della difesa della vita, della cura alla persona, dell’attenzione all’universalmente umano, sono sacrificati sull’altare dell’ideologia, abbandonando il confronto, evitando di discutere di qualsiasi implicazione sia essa di ordine morale, sociale, antropologico o scientifico.
In contrasto con ogni indirizzo di natura scientifica, la nutrizione e la disidratazione vengono incluse fra i trattamenti sanitari, con la nefasta conseguenza dell’abbandono terapeutico del paziente che ne abbia esercitato il diritto al rifiuto.
È escluso, di fatto, qualsiasi intervento del medico, cui è negato il diritto all’obiezione di coscienza, relegandolo nel ruolo di mero esecutore, salva l’ipotesi che lo stesso medico possa dimostrare che la terapia approntata sia in grado di fornire buoni risultati. Si passa dalla medicina tradizionale alla magia.
Una deriva eutanasica in piena regola!
Ne vogliamo un’ulteriore riprova? La “Pianificazione condivisa delle cure”. In questo caso, nel momento in cui è pianificato il percorso di cura, la struttura sanitaria e il medico sono tenuti a seguirlo in maniera del tutto rigida, senza alcuna possibilità di modifica laddove il paziente versi in uno stato d’incapacità. Ebbene, in queste ipotesi l’intervento del medico è escluso anche di fronte ad effettive possibilità di miglioramento.
Come la vogliamo chiamare. Eutanasia, DAT, eutanasia passiva, il risultato non cambia. Il medico è obbligato a uccidere e il paziente a lasciarsi morire.
Una schizofrenia ideologica. Da una parte la ricerca clinica in ambito sanitario e farmaceutico, su cui bisognerebbe investire sempre di più, si pone l’obiettivo di migliorare la risposta terapeutica alle malattie gravi o rare e, quindi, salvare quante più vite possibile, dall’altra l’abbandono del malato, la cui richiesta di morte spesso sottende una disperata richiesta di aiuto, di accompagnamento di fuoruscita da uno stato di solitudine in cui il malato e la famiglia spesso si trovano a dover affrontare.
I disegni di legge attualmente in discussione cercano ancora una volta di mascherare, dietro una finta compassione un progetto eugenetico ben preciso. Questa società non può accettare chi non è in grado di produrre, chi è di peso. La vita non è più un bene indisponibile, tutto si può autodeterminare, le decisioni ultime spettano al singolo individuo, la comunità e insieme ad essa un popolo non hanno voce in capitolo.
Bisogna prendere coscienza che vi è in atto un processo di destrutturazione antropologica della società che rischia di essere assecondato da ognuno di noi, anche attraverso forme di sottovalutazione o di rinuncia o di assuefazione, ritenendo ormai inutile qualsiasi forma di opposizione.
Non è così!
La sacralità della vita e la dignità dell’uomo vanno difesi senza alcuna forma di compromesso. Non è in gioco un provvedimento di legge o la durata di un governo. È in gioco il futuro della nostra società.