‘Ndrangheta: l’ira del boss Mannolo contro pentiti e magistrati

Crotone  – Il capocosca di San Leonardo di Cutro (Kr), Alfonso Mannolo, e i suoi sodali, temevano le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, la cui scelta veniva da loro giudicata “vergognosa”, ed i magistrati inquirenti di Catanzaro. Contro di loro si sprecavano le ingiurie e il procuratore capo, Nicola Gratteri, veniva accostato, nei loro commenti, a Giovanni Falcone. Il dato emerge dalle indagini della Dda di Catanzaro sfociate nell’operazione “Malapianta” di oggi. La cosca, inoltre, aveva una fortissima capacità di controllo e monitoraggio del territorio per avvistare “presenze sospette” di veicoli e soggetti appartenenti alle forze dell’ordine.
I componenti della consorteria criminale erano anche in grado di ottenere informazioni sulle operazioni di polizia imminenti attraverso un’ oscura rete di fonti e connivenze ed effettuavano regolarmente attività di bonifica per il rilevamento di microspie o per eludere le attività di intercettazione dei finanzieri.

 

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