Libri: Pino Nano e la Storia di un Grand Commis

turi-roccoLamezia Terme – Il 4 febbraio 2016 alle ore 17, nella Sala Perin dell’Istituto Luigi Strurzo, via delle Coppelle, 35 in Roma, verrà presentato il libro del giornalista Pino Nano, dedicato a uno dei personaggi più influenti dello Stato italiano fra la Prima e la Seconda Repubblica: il magistrato calabrese Giuseppe Borgia. Dopo aver curato l’introduzione del libro, il sociologo Rocco Turi ha scritto per noi una recensione.
Ho letto con estremo interesse questo libro non solo per scrivere l’introduzione, ma perché da pagina in pagina si rivelava come una approfondita intervista che andrebbe estrapolata dal contesto per essere utilizzata come manuale nelle scuole del giornalismo italiano. Raramente, infatti, mi è capitato di leggere un’intervista così approfondita come questa di Pino Nano il quale spesso fa uso della tecnica proiettiva, attraverso la quale si può indagare nel subconscio dell’intervistato. Si tratta di una pratica della quale in Italia non si fa un buon uso, anche a causa della fretta di molti autori. Ricordo che nel mio corso di sociologia tutti gli studenti cadevano proprio sulla domanda proiettiva.
Pino Nano, con le sue domande, è riuscito a estrarre il meglio dal subconscio del magistrato Giuseppe Borgia e a dare di lui la parte più naturale e spontanea della personalità. Pertanto, leggere il libro è stato quasi un gioco divertente e l’autore è stato capace di attirare l’attenzione su aspetti che sarebbero stati certamente trascurati in altri contesti.
Un’intervista approfondita degna di questo nome, non è una serie di domande e risposte buttate lì senza connessione fra di esse, come purtroppo avviene nel mondo del giornalismo. L’intervista ha una logica intrinseca che è sempre diversa e serve a raggiungere l’obiettivo che l’intervistatore si propone.
Mi rendo conto che questo non viene fatto in Italia e basta vedere qua e là come vengono condotte le interviste nel nostro paese. Si vede da anni luce che da noi non c’è una scuola e che tutti si concedono ampiamente all’improvvisazione.
Non mi va di fare esempi, ma ho il piacere di indicarvi uno studio che ho approfondito personalmente e che riguarda il caso Moro, per il quale sono state fatte decine e centinaia di interviste di premeditata reticenza. Se solo un giornalista di quelli che si sono occupati del caso Moro (e parlo delle cosiddette grandi firme) si fossero preparati a dovere con domande mirate, ho la certezza che il caso Moro non si sarebbe ridotto all’ennesima stanca e inutile Commissione d’Inchiesta. I grandi giornalisti che hanno ricavato il peggio che si potesse fare sul caso Moro con interviste che non hanno logica sequenziale, spesso sono oggetto di riferimento e le loro interviste vengono prese anche a esempio nelle scuole di giornalismo. Non è corretto.
Purtroppo, per il caso Moro che è stato risolto, si fa di tutto affinché rimanga un segreto di Stato per il grande pubblico del nostro paese allo scopo di difendere un tabù legato alla comune radice partigiana e ai loro figli putativi.
Leggendo questo libro dedicato a Giuseppe Borgia si possono trarre varie altre conclusioni che dipendono dall’indole del lettore, perché gli argomenti affrontati sono molteplici. Desidero soffermarmi ancora su due aspetti che possono essere elementi di originale trattazione.
Il primo è l’emigrazione. Fino a ora sono state dette molte inesattezze sull’emigrazione calabrese, che è la regione di nascita del Presidente Borgia.
In realtà non parliamo dell’emigrazione del Presidente Borgia, ma è solo il pretesto per poter affermare che l’emigrazione calabrese che si è avuta è stata interpretata in maniera distorta fino a ora. Sono emigrate dalla Calabria le persone migliori che hanno lasciato la regione nelle condizioni di estrema emarginazione nella quale essa si trova. Anche coloro che sono partiti in cerca di fortuna economica e non culturale in tutti i continenti erano persone “migliori” che non avrebbero accettato di sottoporsi in questa regione ad alcun trattamento o condizionamento mafioso e sono partite.
La seconda riflessione riguarda Giulio Andreotti.
Solo un’intervista approfondita come questa fa esprimere a Borgia un concetto di grande ammirazione nei confronti di Giulio Andreotti e nello stesso tempo mi dà l’occasione di sollevare una problematica che nessuno dei giornalisti e studiosi italiani hanno ripreso fino a ora. Giulio Andreotti fu catapultato nella vicenda che tutti conosciamo perché egli ebbe l’ardire di violare un segreto che una parte della classe politica italiana avrebbe desiderato conservarlo sine die. Andreotti ebbe un furioso battibecco sul terrorismo proveniente da oltre cortina di ferro e, in particolare, dalla Cecoslovacchia. Qui posso ricordare quello ufficiale (perché risulta dagli Atti) con Bufalini. In Cecoslovacchia si rifugiarono i partigiani comunisti che avevano commesso crimini in Italia e furono aiutati dal PCI a espatriare clandestinamente; in Cecoslovacchia – soprattutto a Praga e Brno – i partigiani ospitarono alcuni aderenti alle Brigate Rosse, loro figli putativi. Ma la Cecoslovacchia fu meta segreta anche di Che Guevara e nessuno lo ha mai scritto; ma questa è un’altra storia.
Nel nostro caso Andreotti fu ingenuo ad aprire una finestra sul terrorismo proveniente da oltre cortina. L’ho raccontato nel mio libro Gladio Rossa, pubblicato da Marsilio nel 2004, che ha dato tanti di quei problemi da essere stato condannato praticamente al rogo. Ma il libro è lì: esiste ma è, evidentemente, fuori dal mercato.
Mi fermo qui invitandovi a leggere questo libro dedicato al Presidente Borgia, non solo per trovare una propria citazione, quanto per valutare da vicino le qualità di un libro di grande valore nell’universo giornalistico italiano.
Il giornalista Pino Nano non ha fatto domande qualsiasi per questo libro. Egli ha affrontato, come si dice, il caso e lo ha studiato prima a tavolino; si è preparato, insomma – lui non avrebbe necessità di prepararsi, per come è capace di affrontare ogni situazione giornalistica e tutto lo sanno – ma così si deve fare, con umiltà come fa Pino Nano. Solo così si riesce a cogliere il meglio e il massimo da una persona intervistata.
Pino Nano ha usato molto spesso la domanda proiettiva trasmettendo all’intervistato (che in questo caso è Giuseppe Borgia) un messaggio di libertà di parola e di introspezione nel subconscio che fa di questo libro un manuale del giornalismo. Lo consiglio vivamente, a chi può, di farlo presente nelle scuole di giornalismo…

Rocco Turi