Lamezia Terme – E’ entrato nel vivo dell’istruttoria dibattimentale il processo ordinario denominato “Chimera”. Sono cinque gli imputati che hanno scelto di essere processati con il rito ordinario e, quindi, davanti ai giudici del tribunale lametino in composizione collegiale.
Sono Peppino Festante, Lucia Vaccaro, Cesare Gualtieri, Giancarlo Puzzo e Massimo Crapella. Si tratta di uno stralcio del più complesso procedimento penale che si è concluso il cinque maggio scorso davanti al giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Catanzaro con la condanna di 38 imputati che avevano scelto di essere giudicati con rito abbreviato nell’ambito dell’operazione di polizia denominata “Chimera” e “Chimera 2” diretta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro e condotta, nel maggio e ottobre 2014, dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Catanzaro unitamente a quelli della Compagnia di Lamezia Terme e che aveva portato all’arresto di più di 40 persone, contro la cosca lametina Torcasio-Cerra-Gualtieri.
Ieri nell’aula Garofalo davanti al collegio giudicante composto da Maria Teresa Care, presidente, a latere Rossella Prignani e Annalisa Martire, nel filone ordinario, è stato sentito il primo teste dell’accusa il maresciallo dei Carabinieri Ettore Gualtieri che rispondendo alle domande del pubblico ministero, Elio Romano, ha illustrato al collegio il perché è nata l’operazione, ha illustrato gli spunti investigativi attraverso la verifica di alcune sentenze e delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia rispetto a fatti criminosi che si sono verificati in città. Una ricostruzione quella esposta dal maresciallo dei carabinieri che in qualche misura non è stata condivisa dai difensori di alcuni imputati che in aula hanno contestato la descrizione dell’investigatore dell’Arma che rispetto ad alcuni dati riferiti in aula come per esempio la sentenza Spes a cui aveva fatto riferimento ha ammesso di non avere letto le decisione del magistrato giudicante. Ma al di la dello scontro in aula tra accusa e difesa, soprattutto con l’avvocato Veneziano, sul modo di condurre l’interrogatorio il maresciallo Gualtieri ha spiegato che l’attività svolta dal gruppo investigativo dell’Arma dei Carabinieri si è concentrata sul gruppo Torcasio-Gualtieri-Cerra che operava nelle zone del centro storico di Nicastro, Piazza d’Armi, Capizzaglie, con l’obiettivo di “verificare partendo dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia l’esistenza di questo gruppo a Lamezia”. Gruppo che come ha riferito il maresciallo si dedicava principalmente a fare estorsioni, traffico di armi e di stupefacenti. Il maresciallo, inoltre,d a quanto è emerso durante la sua deposizione si sarebbe occupato oltre che di riscontrare e verificare alcuni episodi estorsivi computi dalla cosca sulla base delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, si sarebbe occupato, inoltre, di esaminare i “colloqui in carcere” e, in particolare in aula ha riferito degli incontri tra Cesare Gualtieri e sua moglie Lucia Vaccaro riferendo che di “pizzini nascosti nelle scatole di brioches, notati tramite i video dei colloqui, quando la moglie andava a trovare il marito nel carcere”. Per quanto riguarda i riscontro delle estorsioni il maresciallo in aula ha riferito di avere avuto delle difficoltà dal momento che “le vittime erano a volte omertose”. Il maresciallo, poi, è stato esaminato dall’avvocato Veneziano, difensore di Cesare Gualtieri, al quale ha chiesto chiarimenti su alcuni episodi estorsivi. In apertura di udienza il pubblico minsero ha chiesto l’acquisizione della sentenza emessa dal Gip di Catanzaro e relativa alla giudizio abbreviato di Chimera e elenco delle persone identificate dagli operanti in relazione alle singole intercettazioni. Richieste alle quali si sono opposte le difese, e che da parte del Tribunale sono state parzialmente accolte. Il collegio ha ammesso solo il disposto della sentenza. Il processo è stato aggiornato al prossimo 19 luglio con l’audizione di altri testimoni citati dell’accusa.