“L’istituto della confisca, tra sanzione penale e misura di sicurezza”, è stato il tema di fondo della magistrale lezione tenuta dall’avvocato Mario Murone, noto penalista e professore aggregato di procedura penale alla facoltà di Giurisprudenza all’Università Magna Grecia, nell’ambito del corso di perfezionamento per penalisti tenuto dalla Scuola Territoriale lametina nell’Aula “G. Garofalo” del Tribunale lametino. Un tema quello della introduzione delle misure di sicurezza all’ interno del contesto ordinamentale italiano che è riconducibile all’ entrata in vigore del Codice penale Rocco, avvenuta nel 1930. E davanti ad un uditorio qualificato composto da Avvocati provenienti da tutti i fori della Calabria, l’avvocato Murone ha spiegato che “l’ inserimento di tali misure rappresentava l’ esito di un fervente dibattito sviluppatosi negli anni immediatamente precedenti tra i sostenitori della Scuola classica ed i sostenitori della Scuola positivistica, dibattito dal quale è scaturita la decisione di configurare il nostro ordinamento penale secondo il sistema del cosiddetto “doppio binario”. E dall’alto della sua esperienza di penalista e docente universitario l’avvocato Murone ha spiegato che “all’ interno di tale sistema, alla sanzione penale, tipicamente orientata al perseguimento di finalità retributive e general-preventive, si affiancano le misure di sicurezza (post delictum) e le misure di prevenzione (ante delictum), dotate di un fondamento special-preventivo, in quanto finalizzate alla neutralizzazione della pericolosità sociale del reo”.
Per quanto concerne la natura giuridica, le misure di sicurezza, originariamente concepite quali normali provvedimenti amministrativi, l’avvocato Murona ha sottolineato che “risultano attualmente equiparate a delle vere e proprie sanzioni penali, reputandosi dunque vigenti, in relazione alle stesse, il principio di legalità”. Sottolineando poi che “occorre ancora soggiungere che dalla lettura dell’ art. 202 codice penale possono agevolmente desumersi i presupposti applicativi di tali misure”. Evidenziando che “sotto il profilo oggettivo, per le applicazioni di tali misure si richiede la commissione di un reato, mentre sotto il profilo soggettivo, si rende necessario l’ accertamento della pericolosità sociale del reo, intesa quale probabilità che lo stesso, qualora non sottoposto a tali misure restrittive, commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reato”. Per quanto riguarda il giudizio relativo alla pericolosità sociale l’avvocato Murone ha spiegato che “si configura quale giudizio prognostico condotto dall’ interprete in maniera intuitiva, non potendo lo stesso, pertanto, condurre a risultati connotati da certezza scientifica”. Anche la durata della misura è caratterizzata da indeterminatezza, potendosi revocare la stessa esclusivamente laddove il giudizio di pericolosità, opportunamente reiterato, abbia esito negativo. Dal vaglio analitico del plesso normativo inerente le misure di sicurezza, si ricava la suddivisibilità delle stesse in misure di sicurezza personali e misure di sicurezza patrimoniali. All’ interno di tale ultima categoria può inserirsi la confisca. Nella sua relazione non sono mancati i riferimenti al sequestro preventivo e sequestro per equivalente. Un argomento quello della confisca che è stata definita un istituto proteiforme, perchè diversamente disciplinata nel nostro ordinamento, tanto da assumere i connotati propri della misura di sicurezza patrimoniale (art. 240 c.p.), della misura di prevenzione post delictum (art. 12- sexies d.l. 8 giugno 1992, n.306 convertito in legge il 7 agosto 1992, n. 356) o della misura di prevenzione in senso stretto ante delictum (art. 2-ter, comma 3, l.31 maggio 1965, n. 575) e della sanzione penale stricto sensu intesa (si pensi alla confisca per equivalente ex art. 322 ter c.p.). Discussa è la sua natura giuridica, la sua problematica correlazione con la pericolosità sociale, il nesso eziologico tra res e reato nel caso di confisca per equivalente”. Un tema quello della confisca che si presenta spinoso, soprattutto perchè, negli ultimi anni, si sono intersecati sulla materia, in modo piuttosto disorganico e frammentario, gli interventi del legislatore comunitario e del legislatore nazionale. Ed analizzando questi aspetti il relatore ha analizzato tutti glia spetti giuridici, restringendo l’analisi dei profili problematici inerenti la confisca per equivalente analizzando ciò che prevede il codice e anche le decisione della Suprema Corte che ha costantemente affermato che il profitto del reato va identificato con il vantaggio economico ricavato in via immediata e diretta dal reato, contrapposto al prodotto e al prezzo del reato. Il prodotto è il risultato empirico dell’illecito cioè le cose create, trasformate, adulterate o acquisite mediante il reato. Il sostituto ha inoltre sottolineato come è necessaria l’approfondita verifica della sussistenza delle condotte criminose legittimanti l’intervento cautelare; una verifica che, proprio per non contrastare con il principio di cui all’articolo 24 della Costituzione, non deve risolversi in un mero controllo formale e cartolare ma, al contrario, deve essere concreta e condotta secondo il parametro del fumus del reato ipotizzato, anche con riferimento all’eventuale difetto dell’elemento soggettivo, ove di immediato rilievo. Il relatore è stato introdotto dal segretario della Camera Penale, l’avvocato Francesco Pagliuso, affiancato dagli avvocati Gianfranco Agapito e Aurelio Manfredi.