– di Giuseppe Gigliotti(Italia Nostra)
Poiché l’argomento è di attualità anche a Lamezia proviamo a dare un nostro contributo:la
questione è semplice ed andrebbe approfondita da un punto di vista legale. In Italia esiste il Decreto Legislativo 155/2010 che, tra le sue finalità, prevede di “mantenere la qualità dell’aria ambiente, laddove buona, e migliorarla negli altri casi“. E’ una finalità chiara, sensata e, sostanzialmente, rispettata fino a qualche anno fa. L’illegalità è dovuta al fatto che tutti questi impianti, una volta entrati in funzione, hanno peggiorato la qualità dell’aria dei territori che li ospitano con l’immissione in atmosfera di importanti quantità di ossidi d’azoto, polveri sottili e ultra sottili, idrocarburi policiclici aromatici, diossine. Tutte le statistiche dimostrano che, da alcuni decenni, a parità di produttività, le emissioni inquinanti inviate nell’atmosfera del nostro Paese, sono drasticamente diminuite. Questo risultato è stato ottenuto migliorando i combustibili (gasolio a basso tenore di zolfo, benzina senza piombo), sostituendo olio combustibile e carbone con gas naturale. Questa tendenza, che ha comportato un progressivo miglioramento della qualità dell’aria del nostro Paese, si è interrotta con il proliferare di grandi e piccole centrali alimentate con biomasse, oltre ai “termovalorizzatori” di rifiuti urbani, in tutti i casi combustibili poveri e altamente inquinanti. Dunque, è inevitabile che tutti questi inquinanti provochino un sicuro peggioramento della qualità dell’aria e un proporzionale aumento di rischio sanitario per la popolazione esposta. Questo significa che il rispetto delle concentrazioni di inquinanti nei fumi, ammessi dalla Legge, è una condizione necessaria, ma non sufficiente, al rilascio delle autorizzazioni per la realizzazione e l’entrata in servizio di questi impianti. L’autorizzazione ha valore solo se il progetto dimostra anche che l’entrata in funzione dell’impianto “mantiene la qualità dell’aria ambiente, laddove buona, e la migliora negli altri casi“. E questa duplice norma cautelativa è stata fatta propria solo dall’Emilia Romagna. Pertanto, ipotizzo che gran parte delle attuali autorizzazioni rilasciate ad impianti alimentati a biomasse, oltre che molti inceneritori per rifiuti urbani, siano illegittime».
Allora, se gli impianti a biomasse sono inquinanti e illegali, perché continuano ad esistere e a funzionare?
«Il problema è una mistificazione costruita ad arte. Negli USA, per esempio, fino alla fine degli anni 90, per la costruzione degli inceneritori c’erano degli incentivi pubblici, terminati i quali non se ne costruirono più. In nord Europa, invece, oggi, si continuano a bruciare rifiuti perché sono costretti a tenere in vita gli impianti al fine di ammortizzare i costi e gli investimenti fatti in passato. Ecco perché l’Olanda spinge per avere i nostri rifiuti. A Genova, per esempio, ci siamo battuti contro la costruzione del termovalorizzatore dopo una importante sollevazione popolare. Il contratto, che era già pronto, stipulava che il Comune di Genova si sarebbe impegnato a produrre un tot di centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti l’anno e, se non si fosse raggiunta tale quantità, il Comune stesso avrebbe pagato una penale, che sarebbe stata a sua volta scaricata sulle tasse dei rifiuti dei genovesi. Poi, da un punto di vista ambientale, non è questione di essere scienziati o meno, un inceneritore trasforma un rifiuto urbano in una serie di composti inquinanti che in parte vengono immessi nell’ambiente e in parte diventano rifiuti tossici da smaltire».
Giuseppe Gigliotti