Informare senza che la presunzione di non colpevolezza venga sacrificata sull’altare del gossip giudiziario

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-di Domenico Ferro Lamezia Terme – Nell’ambito del lavoro dei giornalisti la scelta delle espressioni, dei titoli e di ogni altro elemento idoneo a comunicare a terzi il messaggio, assume un significato delicato a causa degli interessi che possono essere coinvolti. Ad esempio in tema di cronaca giudiziaria si incontrano e scontrano almeno tre esigenze: la necessità che i consociati siano informati sui fatti di rilievo pubblico; la necessità che i soggetti indagati o imputati siano assistiti dalle garanzie costituzionali e legali; la necessità che il giudice abbia la tranquillità di emettere il provvedimento ritenuto più idoneo per il caso di specie, senza che si pretenda da egli che colmi le lacune o aggiusti le imperfezioni che il sistema possiede.
Poiché la cronaca è la narrazione obiettiva di fatti divulgata con lo strumento della stampa quotidiana o periodica, della trasmissione radiofonica o televisiva, o di altri mezzi di comunicazione di massa, senza finalità scientifiche ma solo di informazione si comprende l’enorme impatto che una notizia immessa in tali circuiti può avere e le conseguenze che può provocare in tema di attacco alla reputazione altrui.
È vero che la libertà di espressione è la pietra angolare dell’ordinamento democratico ma è altrettanto vero che il diritto alla tutela della personalità è costituzionalmente riconosciuto e garantito. Spesso questo diritto noi reporter non lo rispettiamo e provochiamo reazioni fino a spingere alcuni avvocati che, visti lesi i diritti dei propri clienti, giustamente criticano l’operato del cronista fino a “stigmatizzare il pessimo esempio di cronaca” che fatica “a definire giornalistica” una notizia che a giudizio dell’avvocato ”incazzato”   che  “a causa della diffusione mediatica di affermazioni mai pronunciate e condotte mai poste in essere”, i suoi assistiti,  “sono oggi divenuti vittime di una condotta diffamatoria e calunniatoria che non mancherà di essere perseguita penalmente nelle deputate sedi giudiziarie; le uniche sedi in cui vanno celebrati i processi”. L’avvocato non sa se tale condotta diffamatoria sia ascrivibile a chi i processi dovrebbe tentare di vincerli nelle aule giudiziarie e non di pareggiarli sui giornali, oppure di chi pur manifestando serie lacune grammaticali si picca di tentare azzardate cronache giudiziarie. Per l’avocato sarà compito della magistratura inquirente accertarlo. Ma sa, invece, con certezza che la nostra Costituzione impone una presunzione di non colpevolezza che non può essere ignorata da nessuno: non dai Magistrati, non dagli Avvocati e men che meno dai Giornalisti.
Termini, quale Magistrato, Avvocato e Giornalista, che si vergano con l’iniziale maiuscola in ossequio all’alta funzione che queste categorie professionali sono chiamate ad assolvere ed all’altissimo rango costituzionale dei valori che sono chiamate a tutelare (la Giustizia, la Libertà ed il diritto all’informazione). L’avvocato, poi, si augura che non accada più che la presunzione di non colpevolezza venga sacrificata sull’altare del gossip giudiziario.