Omicidio Aversa: 24 anni dal quel tragico 4 gennaio

scena-crimine-aversa1Lamezia Terme – Sono trascorsi esattamente 24 anni da quel sabato 4 gennaio 1992 in cui furono uccisi il sovrintendente di Polizia Salvatore Aversa e la moglie Lucia Precenzano. Una tragedia che segnò la città di Lamezia e che a distanza di 24 anni non smette di far parlare di sé. Le dinamiche dell’omicidio, che non solo colpirono un rappresentante istituzionale ma anche sua moglie, un processo lungo e difficoltoso, una super testimone poi diventata inaffidabile, la ‘ndrangheta e la sacra corona unita, luci ed ombre su un delitto che la città non dimenticherà mai.
Era una tranquilla e serena serata d’inverno, e Lamezia, così come oggi, era ancora in festa. La gente per le strade entrava ed usciva dai negozi per gli acquisti della Befana, l’ultima delle ricorrenze natalizie. Il 1991 era stato un anno afflitto da episodi funesti, tra cui lo scioglimento del consiglio comunale per mafia, che fecero di Lamezia una zona a rischio. Erano le 18,55, quando i coniugi, aversa-precenzanoSalvatore Aversa e Lucia Precenzano, in via dei Campioni, furono eliminati con una lucida e ed a lungo premeditata azione. L’omicidio sconvolse la città calabrese che si mobilitò contro la violenza della criminalità organizzata. Fu una storia intricata quella del duplice omicidio dei via dei Campioni, i cui contorni più oscuri sono stati chiariti solo dopo 12 anni dall’efferato delitto. Così come intricata fu la vicenda processuale. La vicenda iniziò il 27 gennaio del 1991 con l’arresto dei due presunti autori materiale del duplice omicidio. La Polizia di Stato, sulla base della testimonianza di Rosetta Cerminara (supertestimone decorata con medaglia al valore civile il 27 maggio del 1997 dall’allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro), arrestò Giuseppe Rizzardi e Renato Molinaro (morto il 18 giugno del 1997) dopo aver ingerito una bustina di droga. Condannati in primo grado il 13 gennaio 1994, Rizzardi all’ergastolo e Molinaro a 25 anni di reclusione, i due imputati furono assolti il 12 maggio del 1995 dalla Corte d’Assise processo-aversa-1d’Appello di Catanzaro, dopo sei ore di camera di consiglio. Assoluzione riconfermata il 21 maggio del 2002 dalla Corte d’Assise d’appello di Catanzaro. La sentenza dei giudici di appello confermò il giudizio di secondo grado emesso nel dicembre del 1995 da un’altra sezione della stessa Corte d’assise d’appello ed annullata dalla Corte di Cassazione per un vizio di forma. Nell’agosto del 1996, sulla base della testimonianze di alcuni pentiti, Rizzardi e Molinaro, allora in attesa di un nuovo giudizio, furono scagionati.
I collaboratori, infatti, indicarono altre persone come mandati e autori del delitto Aversa. Nel febbraio del 2001 furono individuati gli autori materiali dell’omicidio del sovrintendente di Polizia Salvatore Aversa e della moglie Lucia Precenzano, uccisi su ordine della criminalità organizzata di Lamezia Terme. Gli organizzatori dell’omicidio furono individuati nei due pentiti della sacra corona unita pugliese, Salvatore Chirico e Stefano Speciale che confermeranno le loro responsabilità davanti al Gip del Tribunale processo-aversa-2di Catanzaro, nel gennaio del 2002. Dinanzi al giudice per le indagini preliminari, Maria Carla Sacco, i due collaboratori di giustizia, condannati il 24 aprile del 2002 dal gup a dieci anni di reclusione, ricostruirono i preparativi e l’attuazione del delitto. Insieme ai due collaboratori di giustizia furono condannati a 18 anni Cosimo Damiano Serra, accusato di aver partecipato all’organizzazione, e all’ergastolo Antonio Giorgi, che avrebbe dato incarico speciale a Chirico di mettersi a disposizione delle cosche lametine per perseguire l’assassinio del sovrintendente e della moglie. Nessun rappresentante della ‘ndrangheta lametina pagò per l’assassinio della coppia, infatti, il 17 aprile del 1999 furono assolti dalla Corte d’Assise di Catanzaro, dopo quasi tre ore di camera di consiglio, “per non aver commesso il fatto” Francesco Giampa’, Nino Cerra, Giovanni processo-aversa-3Torcasio, Vincenzo Torcasio, cugino di Giovanni, e Tommaso Mazza, collaboratore di giustizia, coinvolti a vario titolo nel duplice omicidio di via dei Campioni. Per i primi tre, accusati di essere i mandanti del duplice omicidio, il pubblico ministero Giancarlo Bianchi aveva chiesto la condanna all’ergastolo, mentre per gli altri due, accusati di essere gli autori materiali, aveva chiesto l’assoluzione. Secondo l’accusa, che non ha trovato conferma nella sentenza della Corte d’Assise, il delitto del sovrintendente di Polizia fu deciso per punire il suo eccessivo zelo nell’attività di indagare contro la criminalità. L’omicidio della moglie sarebbe stato compiuto come segno di ulteriore sfregio nei confronti di Aversa.
rosetta-cerminaraUn personaggio su tutti segnò la vicenda processuale legata all’omicidio Aversa-Precenzano, la donna che passò in poco tempo da simbolo della lotta alla mafia a testimone mendace. Rosetta Cerminara, protagonista nella prima fase dell’inchiesta, incominciò a perdere credibilità. Infatti nell’agosto del 1996 i magistrati della Dda di Catanzaro che aprirono una nuova inchiesta sul duplice omicidio, sulla base delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, definirono “non rilevante al momento” il ruolo della donna. Ed il 3 gennaio del 2002 la Procura della Repubblica di Catanzaro emise un’informativa di garanzia nei confronti di Rosetta Cerminara. Nel provvedimento firmato dal sostituto procuratore distrettuale Gerardo Dominijanni, vennero ipotizzati i reati di calunnia, truffa e falsa testimonianza. Da eroina e esempio di impegno civile contro la ‘ndrangheta, Rosetta Cerminara passò, dunque, a rivestire il ruolo di presunta calunniatrice. Secondo l’accusa non avrebbe detto la verità. E il 13 dicembre del 2013 il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Catanzaro, Maria Teresa Care’, ha condannato l’ex testimone alla pena di tre anni e quattro mesi di reclusione, all’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni ed al risarcimento dei danni nei confronti delle parti civili. Il gup ha anche disposto la confisca dei beni appartenenti alla Cerminara (che per la sua ‘collaborazione’ con la giustizia venne ricompensata con denaro ed anche con una medaglia d’oro al valor civile) ed ha disposto il pagamento di una provvisionale di 10 mila euro per Giuseppe Rizzardi, altri 10 mila euro per gli eredi di Renato Molinaro e 150 mila euro per il Ministero dell’Interno. La città di Lamezia continua a ricordare l’assassinio del sovraintendente e della moglie, e domani, come ogni anno da 24 anni, si terrà una cerimonia di cordoglio in memoria di quel tragico 4 gennaio 1992.