Lamezia: un 25 Aprile nel segno della memoria e della cantunita’

lamezia-25-apr-17Lamezia Terme – Anche a Lamezia come in tutta Italia si è celebrato il 72esimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo. Sono state tre le cerimonie. Alle 10,00, una delegazione comunale ha deposto dei cuscini davanti al monumento ai caduti a S. Eufemia Lamezia. Alle 10,30 nel quartiere Sambiase, è stata deposta una corona davanti al monumento dei Caduti in Piazza Diaz. Alle 11,00 in Piazza Ardito si sono riunite le Associazioni,le Autorità Militari, Civili e Religiose, dando vita al corteo che ha raggiunto il Monumento dei Caduti in Corso Numistrano, dove è stata deposta dal Sindaco, Paolo Mascaro, una corona floreale. Una cerimonia breve, ma di grande significato per la storia Repubblicana della nostra Italia. Il primo cittadino ha ringraziato tutti sottolineando nel stesso tempo il significato della ricorrenza che resta un valore fondamentale per la democrazia in nome della quale in molti sono caduti, sottolineando che la Liberazione è patrimonio di tutti, e il suo insegnamento va seguito. Ricordare il 25 aprile 1945 vuol dire anzitutto dare una possibilità straordinaria a lamezia-25-apr-17-1chi non c’era. La conoscenza rafforza la Libertà.
Alla cerimonia erano presenti, inoltre, il rappresentante della curia Monsignor Buccafurni, alcuni membri del consiglio comunale fra cui Pino Zaffina, Carolina Caruso, Rosario  Piccioni, Aquila Villella, l’onorevole Sebastiano Barbanti,  l’A.N.P.S., l’A.N.M.I.,  il II Reggimento dell’Aviazione dell’esercito “Sirio, la Polziia di sato, i Carabinieri e la Guardia di Finanza.  Presente anche il rappresentante dell’Associazione Nazionale dei Caduti Colloca.

Domenico Antonio Petruzza
Domenico era nato a Nicastro(Catanzaro) il 2 gennaio del 1922 ed era figlio di Francesco e Petruzza0001di De Fazio Vincenzina, fece il corso per sottufficiale dei Carabinieri reali a Firenze e, appena promosso, fu mandato in Croazia, poi in Francia, poi in Valle d’Aosta. Scriveva ad amici di Nicastro che era disgustato, stufo di prestare servizio e che desiderava vivamente liberarsene.
Sorti i gruppi partigiani, egli usciva dalla Caserma quasi quotidianamente portando con se le armi che poteva e rientrava senza di esse. Si seppe poi che le armi finivano nelle mani degli insorti. Uguale fine facevano le armi che a lui venivano consegnate dalla 11a brigata Garibaldi che operava a Venaria Reale, che dista circa 11 chilometri da Torino, dove era incaricato del rifornimento viveri. Nella notte del 24 agosto del 1944 incappò in un posto di blocco nazista. Posto sul cofano dell’autovettura, egli si mise a sparare precipitosamente a destra e a manca fino a quando una pallottola di mitra nazista non lo raggiunse alla colonna vertebrale. Pur così gravemente ferito, per non essere catturato, volse il mitra contro sé stesso e si uccise. I nazisti, facendo scempio di ogni sentimento umano, portarono in giro il suo cadavere per terrorizzare la popolazione.
Non possediamo la motivazione ufficiale, e riteniamo per giusto riportare la versione offerta dalla sezione dell’ANPI di Nicastro con la lettera inviata al Sindaco del Comune in data 5 maggio 1953: “Oggetto: Lapide Partigiano Petruzza Domenico. Questa associazione si pregia comunicarle che, aderendo alla iniziativa di un Comitato sorto per le onoranze al Partigiano caduto Petruzza Domenico, questa Sezione si propone di scoprire una lapide al detto Partigiano il giorno 10 c.m. Il partigiano Petruzza Domenico, vicebrigadiere dei Carabinieri, come comandante di un distaccamento dell’11a brigata Garibaldi operante a Venaria Reale, condusse a termine una serie di azioni di guerra con rara abnegazione e coraggio fino a quando, catturato in data 25/8/1945 mentre compiva una azione importante nelle sue zone ove erano dislocati i comandi nazisti e fascisti, fu vilmente assassinato e morì cantando gli inni della libertà. Pertanto, chiediamo che si conceda il muro a destra della lapide di Vinicio Cortese per la posa in marmo commemorativo e La invitiamo a partecipare alla manifestazione del 10. Distinti saluti. Per la Segreteria f.to Timpone Pasquale”.
Brano tratto da: Partigiani di Calabria – Enzo Misefari Luigi Pellegrini Editore – Cosenza (1988)
Domenico è morto il 24 agosto del 1944. Le sue spoglie riposano nel Mausoleo del Cimitero di Venaria.

Vinicio Cortese
Nato a Lamezia Terme (Catanzaro) il 20 gennaio 1921, caduto ad Ozzano Monferrato (Alessandria) il 26 agosto 1944, studente in Legge, Medaglia d’oro al valor militare alla cortese-viniciomemoria.
Chiamato alle armi, al momento dell’armistizio si trovava a Vercelli come ufficiale carrista della Divisione “Assietta” ed entrò subito nella Resistenza. Arrestato, stava per essere deportato in Germania, ma riuscì a fuggire e a raggiungere le formazioni partigiane dell’Alessandrino. Nuovamente catturato durante un rastrellamento, ferito e ricoverato all’ospedale di Alessandria, fuggì durante un bombardamento aereo. Attraversato il Tanaro a nuoto, Cortese si unì ai partigiani della 79a Brigata “Garibaldi”. Alla fine di luglio del 1944 “Tenente” (questo il suo nome di battaglia), passò alla 7a Brigata “Matteotti” della Divisione “Italo Rossi” e gli fu affidato il comando di un battaglione.
Esperto in azioni di sabotaggio, il giovane attraversò ad Ozzano la zona fortificata tedesca e, riuscito a sottrarre un’ingente quantità di esplosivo, lo utilizzò per far saltare in aria un tratto del binario ferroviario nella galleria San Giorgio. L’esplosione fu tanto violenta da provocare anche il crollo della volta del manufatto. Incaricato poi di distruggere il ponte di Ozzano per impedire l’afflusso di rinforzi ai nemici impegnati contro la “Matteotti”, Cortese fu ucciso dai tedeschi.
La motivazione della Medaglia d’oro alla sua memoria ricorda: “Intrepido e valoroso partigiano, due volte catturato dai tedeschi, due volte evaso, si offriva sempre volontario per le più audaci gesta. Primo fra i primi in ogni ardimento, anelante sempre a maggiori audacie, richiedeva per sé il supremo rischio di far saltare il ponte di Ozzano. Mentre si accingeva all’epica impresa, veniva sorpreso da una forte pattuglia tedesca e, disdegnando la fuga, uno contro quaranta, l’affrontava con leonino slancio. Scaricata fino all’ultimo colpo la sua pistola, in un supremo gesto di sfida scagliava la sua arma contro il nemico e gridando «Viva l’Italia» cadeva fulminato da una raffica di mitra al petto. Fulgida figura di eroico partigiano, superbo simbolo dell’italico valore”.
Per onorare la memoria di Vinicio Cortese, l’Università di Napoli, che aveva frequentato, gli ha conferito, nel 1946, la laurea in Legge “ad honorem”. A suo nome sono state intitolate vie a Roma, a Catanzaro e a Vibo Valentia, dove il giovane risiedeva quando fu chiamato alle armi. Una via gli è stata intitolata pure nel suo paese natale, che lo ricorda anche con una lapide sul Palazzo municipale.

 

Cosa accadde il 25 aprile e nei giorni precedenti
Nei primi mesi del 1945 i partigiani che combattevano contro l’occupazione tedesca e la 25-aprile-1945-pavia-09webrepubblica di Salò nell’Italia settentrionale erano diverse decine di migliaia di persone, abbastanza organizzate dal punto di vista militare. Molti soldati occupanti, nel marzo del 1945, si trovavano a sud della pianura padana per cercare di resistere all’offensiva finale degli americani e degli inglesi, che iniziò il 9 aprile (in una zona a est di Bologna) lungo un fronte più o meno parallelo alla via Emilia. L’offensiva fu subito un successo, sia per la superiorità di uomini e mezzi degli attaccanti che per il generale sentimento di sfiducia e inevitabilità della sconfitta che si era diffuso tra i soldati tedeschi e i repubblichini, nonostante la volontà delle massime autorità tedesche e fasciste di continuare la guerra fino all’ultimo.
Il 10 aprile il Partito Comunista fece arrivare a tutte le organizzazioni locali con cui era in contatto e che dipendevano da esso la “Direttiva n. 16″, in cui si diceva che era giunta l’ora di «scatenare l’attacco definitivo»; il 16 aprile il CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, di cui facevano parte tutti i movimenti antifascisti e di resistenza italiani, dai comunisti ai socialisti ai democristiani e agli azionisti, cioè i membri del Partito d’Azione) emanò simili istruzioni di insurrezione generale. I partigiani iniziarono quindi una serie di attacchi verso i centri urbani. Bologna, ad esempio, venne attaccata dai partigiani il 19 aprile e definitivamente liberata con l’aiuto degli alleati il 21.
Il 24 aprile 1945 gli alleati superarono il Po, e il 25 aprile i soldati tedeschi e della repubblica di Salò cominciarono a ritirarsi da Milano e da Torino. A Milano era stato proclamato, a partire dalla mattina del giorno precedente, uno sciopero generale, annunciato alla radio “Milano Libera” da Sandro Pertini, futuro presidente della Repubblica, allora partigiano e membro del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN).
Le fabbriche vennero occupate e presidiate e la tipografia del Corriere della Sera fu usata per stampare i primi fogli che annunciavano la vittoria. La sera del 25 aprile Benito Mussolini abbandonò Milano per dirigersi verso Como (verrà catturato dai partigiani due giorni dopo e ucciso il 28 aprile). I partigiani continuarono ad arrivare a Milano nei giorni tra il 25 e il 28, sconfiggendo le residue e limitate resistenze. Una grande manifestazione di celebrazione della liberazione si tenne a Milano il 28 aprile. Gli americani arrivarono nella città il 1° maggio.
Le prime pagine dei quotidiani il 25 aprile 1945
I giornali italiani celebrarono il 25 aprile 1945 come un giorno importante nella guerra: non solo l’Unità e Il Popolo, giornali ufficiali del Partito Comunista e della Democrazia Cristiana che si stampavano nelle parti d’Italia già liberate da tempo, ma anche il Corriere della Sera, che durante il ventennio fascista era stato vicino al regime. Il 26 aprile il Corriere uscì con Liberazione-25-aprile04-05una sorta di “numero unico” con la testata Il Nuovo Corriere: direttore dell’edizione fu Mario Borsa, un giornalista antifascista a cui il CLN affidò temporaneamente la direzione del Corriere. Solo i titoli di prima pagina della Stampa nella prima pagina del 26 aprile ignorarono completamente i combattimenti nell’Italia settentrionale: parlavano invece della “fanatica resistenza” dei soldati tedeschi in Germania, ormai rimasti in controllo solo di qualche quartiere di Berlino.
Il 25 aprile è la festa nazionale dedicata alla Liberazione dell’Italia dal nazifascismo: in quel giorno, nel 1945, Torino e Milano vennero infatti liberate dall’occupazione tedesca e repubblichina. Il 25 aprile 1945 ebbe inizio il ritiro dei soldati della Germania nazista e della repubblica fascista di Salò, dopo che la popolazione si era ribellata e che i partigiani avevano organizzato un piano coordinato per riprendere le città. È per questa ragione che il 25 aprile è stato scelto come giorno della “festa della Liberazione” o come “anniversario della liberazione d’Italia”.
La decisione avvenne un anno dopo, il 22 aprile 1946, quando il governo italiano provvisorio – il primo guidato da Alcide De Gasperi e l’ultimo del Regno d’Italia – stabilì con un decreto che il 25 aprile dovesse essere “festa nazionale”; la scelta della data fu fissata in modo definitivo con la legge n. 260 del maggio 1949, presentata da De Gasperi in Senato nel settembre 1948. Da allora il 25 aprile è un giorno festivo, come le domeniche, il primo maggio o il giorno di Natale, in quanto “anniversario della liberazione”. La guerra in Italia comunque non finì il 25 aprile 1945 ma continuò ancora per un po’, fino ai primi giorni di maggio.
Anche altri paesi europei ricordano la fine dall’occupazione straniera durante la Seconda guerra mondiale: Olanda e Danimarca la festeggiano il 5 maggio, la Norvegia l’8 maggio, la Romania il 23 agosto. Anche l’Etiopia festeggia il 5 maggio la festa della Liberazione, anche se in quel caso si tratta della fine dell’occupazione italiana (avvenuta nel 1941).