Lamezia: operazione “Laverna” tra i truffati amici e parenti del Torchia

Lamezia Terme – Tra le persone truffate dal promotore finanziario di banca Fideuram Vincenzo Torchia, 51 anni (finito ora agli arresti domiciliari), ci sarebbero anche suoi amici e familiari. Nel settembre del 2016, la Guardia di finanza perquisì lo studio e l’abitazione privata di Vincenzo Torchia, in via Giustino Fortunato.
Vincenzo Torchia avrebbe fatto sparire i soldi che avrebbe dovuto investire per i suoi clienti, oltre 6,6 milioni di euro, di cui 4.685.491,47 di euro quale profitto netto, con conseguente danno di pari ammontare alle persone offese (circa 68).
Tale importo, nell’ambito dell’operazione “Laverna”, è stato ora sottoposto a sequestro preventivo, su ordine del gip di Lamezia, Emma Sonni, da parte del Nucleo di Polizia Economico- Finanziaria della Guardia di Finanza di Catanzaro e del Gruppo di Lamezia Terme. Il sequestro della somma di oltre 4 milioni di euro (e l’arresto di Torchia) è stato disposto su richiesta del procuratore della Repubblica di Lamezia Salvatore Curcio e del sostituto Alberto Cianfarini. Il caso, che era approdato anche sulla popolare trasmissione televisiva “Mi manda Rai 3”, si è ora allargato al punto tale che gli indagati sono sette. Le ulteriori investigazioni svolte dai militari della Guardia di Finanza, arricchite da intercettazioni telefoniche e ambientali, nonchè dalle indagini finanziarie sui conti correnti, hanno peraltro consentito di ipotizzare l’esistenza di un’associazione per delinquere, nell’ambito della quale Torchia, unitamente ad altri due lametini, sfruttando la politica risarcitoria adottata dall’istituto di credito, avrebbe predisposto false pratiche di risarcimento, mediante l’artata compilazione di fraudolenti contratti di investimento, al fine di ottenere indebitamente il rimborso di una somma quantificata in circa 250 mila euro. Torchia, infatti, avrebbe agito con la complicità del cognato, Gianluca Condina di Lamezia Terme, 51 anni, e di un suo ex collega Santo Maria Adamo 72 anni di Decollatura, indagati insieme a Ottavio Estini 60 anni; Cinzia Bruno 47 anni; Ida Rosa Condina 47 anni; Pasquale Torchia 82 anni, padre di Vincenzo Torchia e Presidente dell’Associazione Progresso 2010 Difendiamo il Territorito.

Nel corso delle indagini e, in particolare, dall’ascolto di alcune conversazioni, emergeva il

L’abitazione del promoter finanziario Vincenzo Torchia in via Giustino Fortunato a Lamezia Terme perquisita dalla GDF

proposito degli indagati(Ida Rosa Condina) di procedere all’alienazione di un immobile, precedentemente donato a Vincenzo Torchia dal padre Pasquale, al fine di eludere eventuali aggressioni da parte delle autorità allorchè era ormai ampiamente emersa la vicenda che aveva visto quale protagonista il promotore finanziario e quali vittime numerosi risparmiatori. E prendendo spunto dalla conversazioni gli investigatori hanno poi verificato che, in data, 18/07/2017 Vincenzo Torchia, con atto notarile, intese risolvere per mutuo consenso la donazione dell’immobile precedentemente ricevuto dal padre Pasquale, portando a termine quanto ipotizzato dagli inquirenti. Dall’ordinanza inoltre emerge che Ottavio Estini, avrebbe con Torchia messo in atto un raggiro a danno della banca, puntando ai rimborsi che l’istituto di credito aveva iniziato a erogare a favore dei risparmiatori truffati dallo stesso Torchia. “Gli indagati – si legge nell’ordinanza – si sarebbero organizzati per presentare delle istanze di rimborso,anche corredate da documentazione fittizia, al fine di indurre la banca in errore, per poter beneficiare del ricarcimento”.

Gli indagati, a vario titolo, sono accusati di associazione per delinquere, truffa, autoriciclaggio e favoreggiamento. Il tutto emerse fin da settembre 2016 quando i clienti di Torchia presentarono denuncia alla Finanza dopo essersi visti sparire – secondo quanto denunciarono – i risparmi di una vita. Tutto venne a galla, in particolare, dopo che una coppia di coniugi divorziata contattò la banca per avere informazioni su come dividere il patrimonio, ricevendo come risposta che non c’era nulla da dividere perchè sul loro conto non c’era nulla. A quel punto sarebbe stato contattato il promotore finanziario che aveva gestito il loro patrimonio. Qualcuno sarebbe andato anche a casa dell’indagato. Ma inutilmente. Il promotore non sarebbe stato rintracciato. In un altro caso il promotore non si sarebbe presentato ad un appuntamento con un altro risparmiatore che voleva chiarimenti per lo stesso problema. Sul suo conto non risultava nulla. Da qui l’amara scoperta per tutti gli altri clienti che nel corso degli anni si erano fidati del promotore. Dalle successive indagini è emerso che Torchia – secondo le accuse – dopo che si sarebbe impossessato indebitamente del denaro dei risparmiatori, convinti di averlo investito in prodotti finanziari, avrebbe movimentato il profitto delle truffe, mediante numerose carte di credito prepagate e operazioni di home banking, allo scopo di renderne difficoltosa l’individuazione. In alcuni casi, addirittura, una parte di denaro sarebbe stata anche veicolata piattaforme finanziarie estere anche con sede in paesi a fiscalità privilegiata (Regno Unito e Cipro).
Il private banker avrebbe “movimentato” gli oltre 6 milioni di euro riuscendo nel tempo ad ingannare i risparmiatori e fornendo loro false rendicontazioni o spostando, di volta in volta a seconda della necessità, del denaro sui loro conti per rendere credibili i frutti degli investimenti. Ad alcuni avrebbe sottratto più di 200mila euro fra contanti e titoli di credito, ad altri poco meno di 10mila euro, ad altri ancora i risparmi di una vita.