“Il ruolo delle donne nella ‘Ndrangheta”, convegno all’Istituto Tecnico Economico “A. Calabretta”

Dott.ssa Marisa Manzini Procuratore Aggiunto di Cosenza

Dott.ssa Marisa Manzini
Procuratore Aggiunto di Cosenza

“Il ruolo delle donne all’interno della ‘Ndrangheta”, è stato questo il tema dell’interessante convegno svoltosi venerdì mattina nella sala conferenze dell’Istituto Tecnico Economico “A. Calabretta” di Soverato con la collaborazione dell’Osservatorio “Falcone-Borsellino-Scopelliti” presieduto da Carlo Mellea.
Moderato dalla giornalista di “Gazzetta del Sud”, Sabrina Amoroso, alla presenza anche degli esponenti delle forze dell’ordine soveratesi, il convegno ha visto la presenza di illustri relatori, ovvero la dott.ssa Marisa Manzini, Magistrato della Procura Generale di Catanzaro, il dott. Giuseppe Lombardo, Sostituto Procuratore DDA Reggio Calabria e il dott. Giuseppe Baldessarro, giornalista del quotidiano “La Repubblica”.
Presenti anche i Dirigenti Scolastici degli altri Istituti superiori di Soverato, ovvero il prof. Gallelli, il prof. Servello e il prof. Fioresta.
Il Dirigente Scolastico dell’Istituto “A. Calabretta”, prof. Giglio Demasi, in apertura dei lavori ha letto una relazione in cui ha sottolineato l’importanza del percorso di educazione alla legalità che gli studenti, in collaborazione con le inizitive promosse dall’Osservatorio già nei mesi ed anni precedenti, stanno svolgendo. Inoltre, ha messo in evidenza alcuni dati in merito al potere che questa associazione criminale ha guadagnato nel corso di questi decenni.
Carlo Mellea, presidente dell’Osservatorio, ringraziando tutti gli intervenuti, tra cui i relatori, ha avuto parole di elogio per il dott. Lombardo e la dott.ssa Manzini, per la grande sensibilità, l’impegno e professionalità che ogni giorno dimostrano nel loro lavoro facendo anche un “in bocca al lupo” alla dott.ssa Manzini in procinto di assumente la carica di Procuratore aggiunto a Cosenza.
Mellea ha esortato gli studenti a studiare il più possibile “perché la cultura – ha detto – è il mezzo principale per combattere la criminalità organizzata.”
La prof.ssa Nuccia Fragalà, dell’Istituto “A. Calabretta”, ha introdotto i lavori del convegno, attraverso la lettura di una sintetica relazione che ha toccato diversi aspetti inerenti il convegno, sottolineando l’importanza di giornate come questa dove ci si può avvalere della testimonianza di magistrati che ogni giorno combattono la criminalità organizzata.
A rappresentare il comune di Soverato, c’era il dott. Luigi Bigagnoli, Commissario vicario dell’ente, che, nel suo intervento, ha messo in luce il ruolo nella ‘Ndrangheta, diventata negli una delle più potenti associazioni criminali mondiali, nonchè l’importanza della sensibilizzazione dei giovani su tematiche legate alla legalità che iniziative come questa possono sicuramente rappresentare.
Ha poi relazionato la dott.ssa Marisa Manzini, calabrese d’azione, lavorando ormai in Calabria dal 1993, che ha operato in questi anni nel vibonese. “Arrivando in questa splendida terra ad inizio anni ’90 mi resi subito conto di questo isolamento. Essendo di Novara – ha detto – quando arrivai in Calabria ancora non conoscevo questa terra, così come non si conoscevano le buone e le cattive notizie di questa terra, e si pensava che i problemi legati alla ‘Ndrangheta appartenevano esclusivamente a questo territorio, in realtà però sappiamo che non è così. La ‘Ndrangheta nel vibonese ha fatto spesso affari con quella del Tirreno reggino, già dal 1975 con la costruzione del porto di Gioia Tauro. Ci si chiede oggi le donne quale ruolo hanno potuto avere in questo fenomeno maschilista della ‘Ndrangheta. Per molto tempo – ha continuato – le donne hanno assunto un ruolo di persone devote ai mariti, avendo un ruolo preciso all’interno delle famiglie, appoggiando i mariti nelle scelte e trasferendo ai figli la cultura ‘ndranghetista, incitando anche alla vendetta.
Quest’attività delle donne, fino a quel punto di semplice devozione, nel corso del tempo si è modificata, assumendo un ruolo più importante. La donna nella ‘Ndrangheta infatti, – ancora la Manzini – è divenuta imprenditrice, intestataria fittizia di beni, assumendo un ruolo attivo nel controllo del territorio per il traffico di droga, nel ritirare, ad esempio, le mazzette nel momento in cui i mariti e fratelli venivano arrestati, aveva quindi un ruolo più attivo.”
La dott.ssa Manzini ha poi sottolineato come adesso si viva, in tal senso, una stagione particolare, iniziata in Calabria nel 2010 perché, queste donne, hanno iniziato a prendere coscienza della mancanza di libertà totale che le stesse ed i loro figli hanno all’interno di questi gruppi di criminalità organizzata in cui non possono scegliere liberamente. Uno “spartiacque” infatti, come ha ricordato il magistrato, si ha proprio nel 2010 con Giuseppina Pesce e Maria Concetta Cacciola, che decisero di collaborare con la giustizia. “La prima – ha affermato Manzini – continua a collaborare anche oggi durante i processi, la seconda purtroppo si è poi suicidata e adesso una pronuncia giudiziaria ha messo in luce come questo suicidio sia stato per così dire ‘forzato’ proprio in virtù di una collaborazione con la giustizia di questa donna.”
Il magistrato Manzini ha poi raccontato un episodio in merito alla sua attività riguardante alcune potenti cosche del vibonese, proprio relative ad una donna, moglie di un boss, che poi si suicidò.
Concludendo il suo intervento, la dott.ssa Manzini ha comunque evidenziato che si è nella giusta direzione “perché le donne sono fondamentali per qualsiasi famiglia – ha detto – e se si ribellano s’intraprende la strada giusta perché, soprattutto per il futuro dei loro figli, bisogna ribellarsi. Nel corso degli anni il ruolo della donna nella ‘Ndrangheta si è modificato – ha concluso – e adesso la donna ha la capacità di poter scrollare la società da questo fenomeno criminale, e voi ragazzi, conoscendo questi aspetti, potete attraverso anche questi incontri, fare in modo che questa bella terra possa avere un futuro migliore.”
Successivamente ha relazionato il dott. Giuseppe Lombardo che, nel mettere in evidenza quale sia il ruolo delle donne nella ‘Ndrangheta ha sostenuto che ci è voluto un percorso lungo, attività d’indagine approfondite, perchè ormai si parla di una ‘Ndrangheta che non ha confini e necessita di tecniche investigative sempre più complesse e sofisticate.
“La cultura mafiosa è una devianza – ha sostenuto Lombardo – per cui a fine 2007 e inizio 2008 abbiamo deciso di riprendere e di riesaminare il materiale a disposizione non per analizzare il ruolo prettamente criminale, ma per cogliere quei segnali che ci consentivano di capire qual è il ruolo delle donne e il veicolo culturale per tramandare ai figli il tutto. Lavoravamo su soggetti di quella ‘Ndrangheta evoluta che dettavano le regole di eserciti enormi operanti non solo in Calabria. L’opera di riesame effettuata – ancora Lombardo – ha avuto risultati straordinari, perché riascoltando la voce delle donne in assenza del marito, latitante da anni, con i figli che in pratica crescevamo senza padri, abbiamo potuto capire il loro modo di pensare e di agire.”
Il Sostituto procuratore della DDA di Reggio Calabria, ha inoltre spiegato come si possa scardinare questo sistema interrompendo la trasmissione di madre in figlio di quelli che, in realtà, valori non sono, togliendo la potestà genitoriale alle stesse e motivando il tutto con l’incapacità di queste donne di fornire una corretta educazione ai figli, considerando che, a quest’ultimi, manca di fatto già la figura dei padri latitanti o finiti all’ergastolo. Nel concludere, Lombardo ha sottolineato che la strada intrapresa, sembra sia quella giusta, alla luce degli arresti di pericolosi latitatnti negli ultimi anni.
Parola poi al dott. Giuseppe Baldessarro, giornalista del quotidiano “La Repubblica”, il quale ha invece evidenziato come questa significativa modifica del ruolo delle donne nella ‘Ndrangheta, sia dovuta anche ad un mondo sempre più interattivo e dominato dai social network, che “ha permesso a queste donne di scoprire una realtà diversa e libera – ha affermato – ovvero di poter constatare che stavano conducendo una vita priva di libertà e chiusa.”
Chiusura affidata al Direttore generale dell’Ufficio Scolastico Regionale, dott. Diego Bouchè, che ha evidenziato il ruolo educativo di fondamentale importanza che riveste la scuola, e il ruolo attivo che la stessa deve avere nel cercare di valorizzare la figura di quelle donne che si ribellano alla ‘Ndrangheta per tornare alla libertà e vivere una vita dignitosa.
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