Cosenza: assegnato riconoscimento al pianista Raffaele Borretti

Raffele Boretti e Serena Sinpoli

Raffele Boretti e Serena Sinpoli

Cosenza – Tutti i cultori del jazz in Calabria, almeno quelli delle ultime generazioni, si sentono un po’ suoi figli e Raffaele Borretti, quasi ottant’anni suonati (è proprio il caso di dirlo!), ha speso una vita intera a diffondere la musica afroamericana alle nostre latitudini: da pianista, da collezionista, da produttore di dischi, da divulgatore insostituibile. Quanto mai azzeccata, quindi, la scelta della Commissione cultura del Comune di Cosenza di insignirlo di un riconoscimento, consegnatogli nella sala “Quintieri” del Teatro “Rendano”, sia per il suo talento musicale, ma anche per i meriti culturali e per l’innegabile contributo che ha dato alla diffusione del jazz in Calabria. Se, come dice il trombonista Marcello Rosa, suo amico di vecchia data ed oggi autore di un interessante libro, dal titolo, che gioca un po’ sull’effetto nostalgia, “Amari accordi”, “Il jazz è un regalo personale del Padreterno”, Raffaele Borretti può considerarsi senz’altro destinatario privilegiato di questo cadeau.

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Perché il jazz ha rappresentato per lui una ragione di vita, da quando, bambino, cominciò a seguire gli insegnamenti del suo maestro Luciano Luciani.
L’incontro del “Rendano”, introdotto dal Presidente della Commissione Cultura Claudio Nigro, ha richiamato una platea molto folta, arricchita da tante presenze amiche: tra gli altri, Amedeo Furfaro, Claudio Giuliani, Riccardo Adamo, Enzo Noce, Gennaro Bruno, Bruno Luise.
Nelle vesti abituali di consigliere relatore, Mimmo Frammartino ha ricostruito, compito non facile, i 60 anni di attività di Raffaele Borretti, ricordando gli inizi, l’evoluzione del suo amore per il jazz ed anche qualche aneddoto curioso.
Ad esprimere apprezzamento per quanto costruito negli anni da Raffaele Borretti, è anche la Vice Presidente della Commissione cultura Maria Lucente.
Già negli anni cinquanta, Borretti fonda i primi gruppi jazz che cominciano a riscuotere successo, come la New Orleans band e i The four cats. Con alcuni inseparabili sodali, il pianista cosentino dà poi vita alla prima Associazione Jazz Calabrese, il “Jazz fans club”. Oltre ai concerti, tantissimi in giro per la Calabria e non solo, partono anche le attività collezionistiche e di divulgazione.

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Nel 1956 è artefice della nascita della prima Orchestra jazz calabrese. Sono anche gli anni dei primi vagiti della televisione e comincia a spopolare la trasmissione di Mike Bongiorno “Lascia o raddoppia?”. Borretti, forte della sua immensa cultura jazzistica, decide di parteciparvi come concorrente. Per tre sere consecutive domina incontrastato la scena rispondendo a tutte le domande, mostrando, però, una certa esuberanza verso Mike Bongiorno. Un piccolo “affronto” che gli costa caro. Perché l’ultima sera gli viene fatta una domanda su un brano jazz e non gli viene chiesto solo il titolo del pezzo e il suo autore, ma anche giorno, mese ed anno dell’incisione. A quel punto l’avventura di Borretti al celebre quiz termina.
Negli anni sessanta arrivano le collaborazioni con le riviste specializzate, l’italiana “Musica Jazz”, ma anche l’americana “Coda” o l’inglese “Vintage jazz Mart”.
Le sue competenze lo portano a lavorare per la RCA, dove è prima ingegnere del suono e poi direttore dei programmi di jazz. E’ il lasciapassare per entrare in contatto con artisti di fama mondiale come il clarinettista Tony Scott, il cantante Jimmy Whiterspoon, ma anche il pianista Giorgio Gaslini, scomparso di recente. Borretti stringe amicizia anche con Paolo Conte.
Se Cosenza e il Teatro “Rendano” ospitarono negli anni settanta alcuni giganti del jazz come Dizzy Gillespie, Lionel Hampton e Archie Shepp il merito è soprattutto di Raffaele Borretti. Una stagione irripetibile cui seguì anche la nascita di un ensemble tutto formato da jazzisti calabresi, il “Cosenza Jazz Workshop”.

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Il gusto dell’ironia non lo ha mai abbandonato ed è questo che fa dire a Borretti che i suoi ottant’anni diventeranno certamente 160. Il tributo della Commissione cultura, che il direttore artistico del “Rendano” Lorenzo Parisi ha giustamente definito “meritatissimo, anche se per certi versi un po’ tardivo”, forse proprio per questo Borretti lo assapora ancora di più. E da quel vulcano di idee che è, lancia alle istituzioni quella di realizzare un centro culturale dove si possa andare a sentire musica e dove si possa anche conservare tutto ciò che lui ha accumulato negli anni: un patrimonio librario, discografico e documentale che conta oltre cinquemila reperti tra dischi, incisioni, materiale inedito, libri e riviste specializzate e migliaia di partiture. “Un patrimonio – è Borretti stesso a dirlo – che sarebbe bene conservare e non disperdere”. Poi lascia parlare la musica e, come, avviene nelle migliori jam session, si siede al pianoforte e con l’aiuto di alcuni amici, dal giovane chitarrista Andrea Infusino, alla vocalist Serena Sinopoli, al crooner Silvano Montanelli, ripercorre alcuni classici del jazz. Grazie alla voce suadente di Serena Sinopoli, fa rivivere “Le tue mani”, bellissima canzone di Pino Spotti, composta nel ’54, e che ha conosciuto una seconda primavera per merito delle rivisitazioni jazzistiche che ne hanno fatto negli ultimi tempi Ada Montellanico e Alice Ricciardi. Poi da grande affabulatore ricorda Irving Berlin, musicista di origine ebraica, autore di “Puttin’ on the Ritz” ed Harry Warren, al secolo Salvatore Guaragna, compositore originario di Cassano Ionio, pluripremiato agli Oscar, autore di circa 250 brani di musiche da film, 50 dei quali divenuti dei veri e propri standards, come That’s Amore, o At Last.
Infine , accompagna Silvano Montanelli che intona “I’ve got you under my skin” di Cole Porter, portata al successo da Frank Sinatra e ricorda Henry Mancini e la sua “The days of wine and roses”. E giù gli applausi di tutta la Sala “Quintieri”.