Migranti: circhi e burocrati “complici traffico uomini”, 41 fermi

barcone-migranti-675Palermo – Burocrati infedeli e corrotti della Regione siciliana. Impresari di circhi compiacenti. Sarebbe lo scenario che emergerebbe dall’inchiesta che ha documentato un nuovo filone del traffico di migranti. Un affare camuffato da false assunzioni. Sono 41 le persone destinatarie del provvedimento di fermo emesso dalla Procura della Repubblica di Palermo nell’ambito dell’operazione “Golden Circus”. In seguito all’inchiesta condotta dalla Polizia di Stato di Palermo e’ stata sgominata una associazione criminale, di profilo transnazionale, dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Centinaia gli ingressi illegali documentati”.
I fermi sono stati eseguiti in numerose regioni italiane. Oltre che in Sicilia, spiega il procuratore aggiunto Leonardo Agueci, che ha coordinato l’indagine, anche in Lombardia, Toscana, Calabria e Lazio. Le indagini della Squadra mobile di Palermo, guidata da Rodolfo Ruperti, hanno fatto emergere l’ingresso illegale di centinaia di cittadini provenienti prevalentemente da India, Pakistan e Bangladesh. Il giro di affari illegali si aggirerebbe intorno ai 7 milioni di euro. Coinvolti anche famosi impresari che operano nel circuito nazionale e internazionali del circo. I titolari sono accusati di avere favorito l’immigrazione attraverso la finta assunzione di personale stranieri, con la complicita’ di dipendenti della Regione. Sarebbero diciotto i circhi interessati nell’inchiesta, uno dei quali legato alla famiglia Orfei. Ogni lavoratore assunto guadagnava fittiziamente dai 2000 ai 3.000 euro. In realta’, chi arrivava da India, Pakistan e Bangladesh pagava fino a 15.000 euro: era il prezzo della falsa autorizzazione al lavoro nei circhi con il benestare della Regione siciliana i cui burocrati ‘infedeli’ autorizzavano l’assunzione. Un affare che ruotata attorno alla corruzione di un impiegato della Regione Sicilia che, in collegamento con dei colleghi, sfruttava la loro posizione.

Gli stranieri arrivavano in Italia come artisti circensi o ballerini, per essere assunti da compagnie di circo e teatrali, ma nella maggior parte dei casi nemmeno passavano sotto i tendoni o sui palcoscenici. Un sistema complesso e redditizio messo in piedi dall’organizzazione specializzata nel favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, aggravata dalla transnazionalita’ dei reati. Per qualcuno anche l’accusa di corruzione di pubblico ufficiale, falso materiale e ideologico. La Mobile palermitana ha finora eseguito 36 delle 41 ordinanze emesse dalla Procura. Almeno 500 i cittadini indiani, bengalesi e pakistani arrivati irregolarmente nel Paese grazie al gruppo criminale che ruotava attorno a Vito Gambino, responsabile dell’Ufficio speciale di collocamento per i lavoratori dello spettacolo dell’assessorato regionale al Lavoro, che faceva ottenere la documentazione necessaria agli immigrati per ottenere il visto d’ingresso per ragioni di lavoro. Ogni immigrato pagava dunque almeno 15mila euro: 2-3.000, a seconda che lo straniero fosse assunto veramente o solo fittiziamente, finivano nelle tasche degli impresari circensi compiacenti. Un’altra parte andava ai procacciatori di clienti, che agivano nei loro Paesi di origine, mentre una buona fetta andava al dipendente regionale che produceva dei falsi nulla osta al lavoro per prima occupazione o visti d’ingresso per cittadini extracomunitari, necessari per ottenere, da parte delle ambasciate, il visto d’ingresso nel territorio nazionale. Gli impresari circensi inoltravano la domanda di assunzione dello straniero all’ufficio dove lavorava il dipendente corrotto – “il vero motore dell’organizzazione”, per gli investigatori – il quale predisponeva, pure in mancanza dei presupposti, il “nulla osta al lavoro per prima occupazione o visto d’ingresso cittadini extracomunitari”. Quando non riusciva ad ottenere il nulla osta per le vie regolari, utilizzava un falso timbro dell’Ufficio immigrazione della questura, oppure emetteva direttamente un provvedimento dell’assessorato che attestava falsamente la presenza agli atti del nulla osta della questura. Per sveltire le pratiche, il dipendente pubblico ha poi deciso di mettersi in proprio: mantenendo il suo incarico in Regione ha aperto un ufficio privato col quale tenere diretti contatti con gli impresari. Coinvolti la moglie e i due figli che hanno messo a disposizione conti correnti e postepay su cui far confluire le somme pagate dai titolari dei circhi.