Autobomba nel Vibonese: madre vittima, “subiamo soprusi da anni”

Limbadi (Vibo Valentia), 10 apr. – “Non ho paura. Non l’abbiamo avuta fino ad oggi. Abbiamo fatto i nomi senza paura”. Rosaria Scarpulla, madre di Matteo Vinci, il quarantaduenne morto con l’esplosione della sua autovettura nell’attentato compiuto ieri a Limbadi (Vibo Valentia), fa nomi e cognomi. Affranta dal dolore, ma con grande forza, l’anziana donna, che attende anche di sapere se il marito vivra’ dopo le gravi ustioni riportate nell’esplosione, ha parlato ai microfoni del Tgr Calabria, raccontando “anni di soprusi di ogni genere”.
Scarpulla racconta delle continue liti con Rosaria Mancuso, sorella dei boss dell’omonimo potentissimo clan, il cui marito e’ stato arrestato subito dopo l’attentato per detenzione illegale di armi da fuoco. Nessuna reticenza per quelle continue liti legate ad un terreno che i Mancuso volevano ottenere ad ogni costo: “In quella terra noi ci stavamo male – afferma l’anziana donna – perche’ i nostri vicini non sono persone civili a cui si puo’ parlare”. Fa nomi e cognomi, cita Rosaria Mancuso e il marito Domenico Di Grillo: “Siamo stati sempre minacciati di andarcene di la’, volevano quel terreno. Lottiamo da anni, ci siamo opposti, subendo angherie di ogni genere, ma non abbiamo ceduto e non cederemo mai per onorare mio figlio che era innamorato di quel terreno. Il nostro – dice senza manifestare timore verso i suoi avversari – non e’ coraggio, e’ difesa dei nostri diritti, non li vedo come persone, li vedo piu’ bassi di noi. Non hanno merito a niente, nemmeno di parlarne”.