-di Stefania Cugnetto
Lamezia Terme – Finiti i testimoni della pubblica accusa, l’udienza odierna del processo Perseo è stata dedicata all’escussione dei testimoni della difesa. Protagonisti, della prima parte dell’udienza sono stati i fratelli Aldo e Aurelio Notarianni, imputati in questo ed altri procedimenti penali, chiamati a rispondere su due specifiche vicende, la prima sugli acquisti di Giuseppe Notarianni presso la ditta Edil Chirico e la seconda riguardo le dichiarazione della collaboratrice di giustizia, Rosanna Notarianni che ha dichiarato di aver saputo da Aldo, Aurelio e Antonio Notarianni che il fratello Giuseppe prelevava materiale dalla ditta Edil Chirico senza corrispondere denaro, quindi sotto forma di estorsione. L’avvocato Aldo Ferraro ha chiamato sul banco dei testimoni, Aldo Notarianni già condannato in primo grado nel procedimento abbreviato Perseo, in video conferenza, come testimone a discarico per l’imputato Giuseppe Notarianni. L’avvocato ha chiesto ad Aldo Notarianni, se il fratello Giuseppe Notarianni avesse mai prelevato materiale dalla ditta Edil Chirico, “mio fratello ha sempre pagato, ci sono gli assegni”, circostanza in chiara contrapposizione con le dichiarazione della sorella dei due, Rosanna Notarianni, collaboratrice di giustizia. Il testimone ha poi affermato, “mia sorella è una pazza, voi ancora le andate dietro, ha anche tentato il suicidio”. L’avvocato Ferraro ha chiesto anche delucidazioni su assegni intercorsi tra i due fratelli, “Giuseppe ha comprato la casa paterna, per questo mi ha fatto degli assegni”. Aldo Notarianni ha risposto anche alle domande del pubblico ministero, Elio Romano, dichiarando di “non aver mai fatto usura e non appartenere a nessuna famiglia di ‘ndrangheta”, e sul fratello Giuseppe ha affermato, “l’hanno rovinato, lui è un lavoratore”. Presente in aula, sempre come testimone un altro dei fratelli Notarianni, Aurelio, che è imputato in procedimento connesso. L’avvocato Ferraro ha rivolto anche ad Aurelio Notarianni domande sulla posizione del suo assistito Giuseppe Notarianni, tornando sulla vicenda degli acquisti dalla ditta Edil Chirico. “Mio fratello – ha affermato Aurelio Notarianni – ha sempre pagato, io ho lavorato anche per lui”. E sulle dichiarazioni della sorella, Rosanna Notarianni, il testimone ha risposto in maniera lapidaria, “io non ho mai detto a mia sorella che Giuseppe non pagava”. Ultimo dei fratelli che ha risposto alle domande del difensore, è stato Francesco Notarianni, incensurato, che ha lavorato come muratore nella ditta del fratello Giuseppe Notarianni.
Nella seconda parte dell’udienza, il difensore di Giuseppe Notarianni, ha chiamato sul banco dei testimoni persone che hanno avuto rapporti lavorativi con il Notarianni, per ricostruire tutte le entrate del proprio assistito. Il primo testimone chiamato dall’avvocato Ferraro è stato Felice Romano, l’uomo chiamò la ditta Giuseppe Notarianni per eseguire dei lavori presso la sua concessionaria. Il testimone ha affermato di aver pagato i lavori, a più trance, in contanti e senza fattura. Il pubblico ministero ha chiesto all’uomo perché avrebbe deciso di pagare in contanti e senza fattura, il testimone ha risposto in maniera confusa, “non so, avevo soldi da parte e poi non potevo scaricare le fatture”. E’ toccato poi all’avvocato Longo, sedersi sul banco dei testimoni, anche la donna è stata cliente di Giuseppe Notarianni, in quanto la ditta EdilNotar ha eseguito dei lavori presso la sua abitazione. “Non me ne occupavo io personalmente, ma mio fratello che ora è deceduto – ha affermato – posso solo dire che i lavori sono stati eseguiti e pagati”. Gino Buccinnà, altro cliente della ditta edile dell’imputato Giuseppe Notarianni, ha risposto alle domande dell’avvocato Ferraro, confermando di aver commissionato al Notarianni dei lavori per la ristrutturazione di un locale di cui era proprietario. Stessa cosa per Vincenzo Galuppo che ha confermato di essere stato cliente della ditta di Giuseppe Notarianni. Altro testimone Domenico Di Carlo, anche lui cliente di Giuseppe Notarianni, che pagò i lavori attraverso tre assegni. L’udienza si è conclusa con le dichiarazioni spontanee dell’imputato Erik Voci, che ha affermato di “voler chiarire la mia posizione”, proprio sui quei punti “in cui lei signor Presidente può avere dubbi su di me”. Voci ha affermato di “soffrire” di questa situazione e che l’accusa a lui mossa, estorsione, è “la più vile”, “io vengo visto come un estortore e non come un ragazzo normale, nessun collaboratore ha parlato di me”.
L’imputato ha spiegato che all’ottica Cantafio si era recato solo per chiedere uno sponsor per organizzare un torneo di calcetto, e rivolgendosi al pubblico ministero ha affermato, “se non ero figlio di un detenuto ma figlio suo ed andavo a chiedere uno sponsor non ero qui”. Erik Voci ha parlato dei vari colloqui avuti con il padre, colloqui che sono stati intercettati dalla squadra mobile, che riguardavano la gestione del terreno per le giostre. Voci ha poi concluso, “io rispondo della mia vita e delle mie azioni non di quelle di mio padre, e chiedo l’annullamento della mia custodia cautelare”.
Si tornerà in aula mercoledì prossimo e si continuerà con l’escussione dei testimoni chiamati dalla difesa.