Lamezia: le cosche hanno goduto di privilegi anche da governi di centrosinistra?

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Lamezia Terme – A quelli che oggi si ergono a paladini dell’antimafia proponiamo di leggere il seguente  articolo dal quale si può evincere che le famiglie mafiose di Lamezia hanno usufruito di favori anche da amministrazione governate dal centro sinistra dal 1993 in poi.

Lamezia, ma soprattutto Nicastro, era sotto il controllo incondizionato della Cosca “Giampà” che ne determinava anche lo sviluppo economico e sociale. Un dato che emerge dalle dichiarazioni fatte ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro dall’ex collaboratore di giustizia Giovanni Governa, quando descrive la capacità organizzativa ed economica del clan nel condizionare e rilevare le attività commerciali e le imprese che poi il capo “si limitava a gestire, tramite i proprietari, che peraltro esautorava completamente sottoponendoli anche a vessazioni di ogni tipo”. Valutazioni, quelle di Governa, che si sono tradotte in dichiarazioni ai magistrati della Dda e che trovano conferma con quanto scritto da un magistrato del Nord, il giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Novara. Il magistrato, nell’emettere l’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Francesco Vasile, killer della cosca Giampà, e nell’analizzare una serie di atti, scrive che “l’esistenza della cosca Giampà, ‘come gruppo criminale’ ‘ndranghetistico endemico in Lamezia Terme –Nicastro, è un dato non solo giurisdizionale ma anche storico, essendo divenuto parte preponderante della stessa storia del centro nicastrese, protagonista in negativo della cronaca sanguinaria che deturpa una delle maggiori città calabresi da decenni a questa parte, avendo di mira il predominio economico sulle cosche rivali, condizionando pesantemente lo sviluppo economico-politico- sociale della città della piana”. Un condizionamento che dura da oltre 20 anni anche perché “qualsiasi iniziativa imprenditoriale, sia che nasca dall’interno del centro lamentino, sia che venga dall’esterno, deve prima fare i conti con la Cosca Giampà, per potere sperare di operare in tranquillità a Nicastro e nelle zone di influenza della cosca”. Imprese nella quali, secondo Governa, il clan Giampà “investiva il denaro provento di altre attività illecite, ottenendo in questo modo un duplice profitto”. E tra le imprese che facevano capo “a Giampà vi era un negozio di arredamenti per uffici, un’impresa che si occupava di edilizia, una di movimento terra”. Una capacità di influenza che non si limitava solo al controllo degli esercizi commerciali e delle imprese, ma anche nello stringere “ottimi rapporti” con il mondo politico. Un campo quello decodificato da Governa, che è parte sostanziale del procedimento penale cosiddetto “Medusa”. Agli atti di questo procedimento, infatti, è stata inclusa una particolareggiata annotazione di servizio redatta il 6 maggio del 2011 da due sottufficiali dei carabinieri “a riscontro delle dichiarazioni rese da Governa nel corso dell’interrogatorio del 7 settembre del 2010″, in riferimento “al fitto di alcuni locali nello stesso stabile in cui abita attualmente la famiglia del Professore” . Nell’informativa i due sottufficiali scrivono che “tali locali sarebbero stati adibiti a scuola comunale”. Inoltre, “con le medesime modalità lo stesso Comune aveva acquisito in fitto altri magazzini ubicati in contrada Capizzaglie ed appartenenti a Giovanni Torcasio, alias Mindico”. E nelle prossimità, sempre nei locali di proprietà del Mindico, in anni non molto lontani era ospitata la sede del Pci di Capizzaglie.

Tali vantaggi, secondo le dichiarazioni del Governa, “sarebbero stati corrisposti da due boss con compensi e voti all’amministrazione comunale”. Dichiarazioni quelle del Governa, che dal punto di vista documentale, sono state accertate dai due marescialli dell’Arma, che hanno acquisto la necessaria documentazione dalla quale “si evince che in contrada Capizzaglie erano stati presi in fitto dei locali di proprietà di (omissis), e nei quali era stata sistemata la scuola materna”.
Locazione che il Comune, dopo la visita degli uomini dell’Arma, avrebbe disdetto con una raccomandata, con la quale comunicava ai proprietari dell’immobile che avrebbe “lasciato liberi i locali adibiti a scuola materna entro il 30 settembre del 2011”. Mentre, per quanto riguarda il fitto dell’immobile in contrada Noce, da adibire a scuola materna, è emerso che “la signora Pasqualina Bonaddio, moglie di Francesco Giampà, alias il Professore, in quanto intestataria dell’immobile, aveva stipulato un contratto di fitto con il Comune di Lamezia Terme”. Un accordo che si è protratto per 15 anni, “nel corso dei quali il contratto di fitto è stato più volte rivisto per l’adeguamento del canone”, aggiornamenti eseguiti anche dalla Giunta Speranza?,   che ha revocato il contratto solo dopo l’intervento dei carabinieri.