‘Ndrangheta: e’ di Lamezia il poliziotto arrestato a Cosenza

conf-ciciarello-costabileLamezia Terme – E’ di Lamezia Terme Vincenzo Ciciarello, 60 anni, l’appartenente alle forze di polizia, tratto in arresto e posto agli arresti domiciliari questa mattina insieme ad Enrico Francesco Costabile, 49 anni. I due avrebbero fornito notizie riservate ad esponenti della cosca di ‘ndrangheta dei “Rango-Zingari” su indagini in corso. Ciciarello da anni residente a Cosenza, infatti, è nato nel 1956 in uno dei tre ex quartieri che compongono attualmente la città di Lamezia. L’anno di nascita è il 1956, anno in cui, appunto Lamezia non è ancora nota. Nel disposto del Tribunale di Catanzaro, Sezione Gip – Gup, viene riportata Lamezia Terme come luogo di nascita. Ciciarello, agente in passato in forza alla squadra mobile di Cosenza, è attualmente in servizio nella Prefettura di Cosenza. Insieme a Ciciarello e Costabile, considerato il tramite tra lo stesso poliziotto e il boss Maurizio Rango, risultano indagati Antonino Perticari, 56 anni, ex carabiniere in servizio alla stazione di Cosenza nord all’epoca dei fatti ed ora in pensione, e Fabrizio Bertelli, 45 anni, dipendente civile in servizio alla Polizia stradale di Cosenza. Sarebbero stati loro a fare arrivare, secondo i rispettivi ruoli, le informazioni utili alla potente cosca del cosentino. Per tutti e quattro la contestazione e’ di concorso esterno in associazione mafiosa, ma per l’ex carabiniere e per il dipendente civile della Stradale, il gip ha ritenuto di non dovere applicare alcuna misura restrittiva. Fondamentali ai fini della ricostruzione dei ruoli anche il racconto di quattro collaboratori di giustizia, due dei quali hanno potuto riferire, secondo gli inquirenti, episodi vissuti direttamente.

Le indagini hanno appurato che la cosca Rango era in grado di sapere in anticipo l’arrivo di controlli e perquisizioni, ma anche il posizionamento di microspie e qualunque altro provvedimento delle forze dell’ordine, compresi controlli, anche grazie a violazioni del sistema informativo interno alle forze dell’ordine. Anche l’ultima operazione portata a termine a novembre 2014 contro il clan avrebbe evidenziato una “soffiata” ad alcuni componenti, al punto che al momento dell’arresto non furono rintracciati nelle rispettive abitazioni. Il procuratore Bombardieri, dal canto suo, ha piu’ volte ribadito “la piena fiducia della Procura e della Dda nei confronti delle istituzioni e dei corpi di appartenenza dei due personaggi coinvolti, al punto – ha aggiunto – che sono stati carabinieri e polizia a condurre le indagini nei confronti dei loro stessi appartenenti”. Una fiducia, ha sottolineato, nutrita anche “nei confronti dei vertici dei due corpi che hanno ottenuto sempre risultati importanti con le loro operazioni”. Appena sono emersi i rapporti di collusione, ha puntualizzato il procuratore, sia il poliziotto che il carabiniere “sono stati neutralizzati con trasferimenti in ruoli dove non potevano piu’ nuocere”. Il messaggio, rispetto alle “mele marce”, e’ stato chiaro: “La Procura e’ determinata a perseguire – ha dichiarato Bombardieri – qualsiasi condotta di collusione o anche di possibili legami”. Una presa di posizione molto dura, da parte della Dda, che ha affermato come i due esponenti delle forze dell’ordine coinvolti “non fossero meritevoli di indossare la divisa”.
Per le due persone indagate la Procura antimafia aveva chiesto l’arresto. Il gip non ha ritenuto necessaria l’emissione di provvedimenti restrittivi nei loro confronti ritenendo che non ci fossero gli estremi. Sia gli arrestati che i due indagati dovranno rispondere di concorso esterno in associazione mafiosa.