L’ospizio di mendicità sorse grazie alle Dame di San Vincenzo e al Podestà Nicotera

Lamezia Terme – Il rischio chiusura della Casa di riposo comunale “Bosco S. Antonio” merita una rivisitazione storica per comprendere l’importanza di questa struttura.
È bene ricordare che sin dalla seconda metà dell’Ottocento, posto ai piedi del bosco di Sant’Antonio proprio dietro al convento, vi era l’antico Ospizio di Mendicità di Nicastro, costituito da una modesta baracca di legno, a cui erano tenuti a provvedere sin dal 1885 i Cappuccini, quale impegno conseguente alla concessione della Chiesa di Sant’Antonio da parte del Comune dopo la confisca dei beni ecclesiali seguita all’unità d’Italia.
Le condizioni in cui vivevano i ricoverati erano assolutamente inaccettabili: basti pensare «che gli insetti più luridi si erano impadroniti dei loro letti e torturavano le carni dei poveri vecchi, tanto che nel febbraio del 1938 tutta la città era impietosita di simili inaudite miserie ed i Padri Cappuccini fecero esposto al Podestà di richiamare l’attenzione su simile sconcio. Fu allora che le Dame della Carità si occuparono della pulizia […]».
In seguito, le stesse si rivolsero direttamente al Podestà Nicotera, nella sua veste di Presidente dell’Ente Comunale di Assistenza, per chiedergli in concessione il terreno su cui sorgeva la baracca già abitata dai poveri; questi, dopo alcune iniziali riserve, acconsentì, concedendo «pure il materiale risultato dalla demolizione della vecchia baracca, che fu da noi utilizzato.»
Fu così che nel 1938 vennero avviati i lavori per la costruzione, stavolta in mattoni e calcestruzzo, del nuovo piccolo ospizio di mendicità, diretti dall’ingegnere Vincenzo Cuiuli, che offrì gratuitamente la propria opera.
Le spese per la realizzazione dell’edificio ammontarono a lire 26.162,60, alle quali si aggiunsero altre lire 2.032,10 per l’acquisto di vestiario, pagliericci, biancheria, coperte ecc., e per lo stipendio della bidella, per un totale complessivo di lire 28.194,70.
Tra i generosi benefattori, primo tra tutti risultò Mons. Giambro che offrì lire 10.000, quindi più di un terzo del costo totale.
La struttura venne inaugurata il 5 giugno del 1939, ma molto ancora bisognava fare per renderla più confortevole: «[…] perché manca all’Ospizio l’acqua corrente con tutti gli inconvenienti a tale fatto connessi; così pure non si hanno ancora mezzi sufficienti per dare ai ricoverati una colazione la mattina, mentre alla cena si provvede alla meglio mediante gli oboli versati dai devoti di S. Antonio nell’apposita cassetta istituita nella basilica sempre ad iniziativa delle Dame di San Vincenzo de Paolis di Nicastro.»
Il Podestà Nicotera provvide in seguito ad installare, dal 1° gennaio 1940, una cucina, assumendosi «l’onere del pagamento del salario alla bidella» annunciando al tempo stesso «che le 50.000 lire che il Duce elargì per l’Ente Opere Assistenziali in occasione della venuta a Sant’Eufemia» sarebbero state «spese per completare il fabbricato con la costruzione dell’altra ala».
Massimo Iannicelli

Notizie tratte dal volume: «Eugenio Giambro, l’ultimo Vescovo di Nicastro, Conte e Barone» di Massimo Iannicelli, 2020.