Riace: il sindaco, “Potente io? una definizione che non mi piace”

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Reggio Calabria – Fino a ieri il nome di Riace, piccolo centro della fascia ionica reggina, era legato indissolubilmente ai bronzi ritrovati nei fondali del suo mare ed oggi esposti nel mudeo archeologico nazionale di Reggio Calabria. Da ieri questo borgo di poco piu’ di 1.700 abitanti ha un altro record: il sindaco Domenico Lucano e’ stato collocato dalla rivista “Fortune” fra i 50 uomini piu’ potenti del mondo. Figura al quarantesimo posto, in compagnia di ledaer di potenze mondiali come Angela Merkel, uomini d’affari, esponenti del jet set internazionale, Papa Francesco, il fondatore di Amazon Jeef Bezof, rockstars come il leader degli U2, Bono Vox. Una vicenda, quella di Riace, diventata simbolo dell’ospitalita’, che in passato ha colpito anche l’immaginario di un regista come Wim Wenders, che gli dedico’ un cortometraggio, “il Volo”. “Devo dire – spiega – che a me questa definizione non piace proprio. All’inizio l’ho accolta con disagio, perche’ io non voglio apparire cosi’ come sono stato descritto. Poi pero’ ho pensato che evidentemente questo nostro impegno e’ andato oltre i nostri confini, riscuotendo consensi anche all’estero. Ma quello che abbiamo fatto dovrebbe rientrare nella normalita’ di un’amministrazione”.
L’impegno di cui Lucano, che nella vita fa l’insegnante, parla, e’ volto all’integrazione dei migranti, che nel suo paese hanno cominciato ad affluire dal 1998, quando si verificarono i primi sbarchi di profughi provenienti dal Kurdistan, segnando per sempre il cammino della piccola comunita’. Oltre 6.000 quelli che sono passati dal paese del Reggino, di cui 300 hanno scelto di rimanere, diventando commercianti o piccoli artigiani. “Riace – spiega – ha una storia, che e’ iniziata con uno sbarco di migranti, avvenuto per una casualita’, ma che nel tempo ha assunto una dimensione che e’ andata oltre, collegandosi con il mondo. E’ come se Riace, attraverso le persone che sono arrivate qui, avesse assunto un altro volto”. Il primato che la rivista gli attribuisce, spiega, non appartiene a lui, ma e’ un patrimonio della sua comunita’ che non deve essere disperso. “Occorre fare di questo progetto un volano, un messaggio – spiega – di umanita’ che abbiamo potuto trasmettere al mondo”.