Caporalato: ancora troppe inerzie, Sbarra dobbiamo agire uniti

sbarra-2-fai-cisldi Luigi Sbarra, Segretario Generale della Fai Cisl

Roma – Ancora sfruttamento sui campi, ancora donne e uomini piegati alla logica del sopruso e della violenza, alla quale la nuova legge contro il caporalato sa rispondere solo sotto il profilo della repressione. Anche in vista della stagione estiva serve uno scatto civile, un’accelerazione verso strumenti partecipati che diano concretezza all’altra gamba della riforma: quella della prevenzione.
E’ passato un anno dalla manifestazione unitaria sindacale di Bari che ha condotto allo sblocco della Legge 199. Un anno da quelle 15 mila bandiere alzate da braccianti che si sono opposti allo sfruttamento e all’ingiustizia. Da allora abbiamo percorso molta strada lungo un sentiero che però non va ancora completato.
Lo dimostrano, paradossalmente, proprio i tanti arresti di questi mesi nei territori di tutta Italia. Gli ultimi riguardano sedici persone di Ostuni, accusate di aver ridotto in schiavitù almeno 15 donne. Una mattanza che desta orrore, ma che purtroppo continua ad essere praticata in tanti territori del Sud, del Centro e del Nord.
Secondo stime recenti, nel solo settore agricolo, sono circa 430 mila i lavoratori – italiani e immigrati – schiacciati nella morsa del caporalato agricolo. Uno su quattro vive in condizioni di vera e propria schiavitù. La quota femminile è impressionante: in alcune regioni, come la caporalato600x400Puglia, il rapporto tra donne e uomini è addirittura di 3 a 1. Vengono pagate 3-4 euro l’ora, ma anche meno in alcuni territori, e costrette a turni massacranti di 12 ore.
Sono impegnate nella raccolta delle fragole, di agrumi e pomodori, nelle filiere vitivinicole e in quelle olivicole, nei lavori più pesanti. Un mercato infame, che va a riempire le tasche delle agromafie di circa 20 miliardi di euro l’anno.
Certo, ora la legge prevede pene più severe e condizionalità stringenti legate anche al rispetto dei contratti. Conquiste fondamentali, che però restano mozzata da ritardi incomprensibili nell’attivazione, sui territori, di quegli strumenti di contrasto partecipato dal sindacato e dalle parti sociali.
La battaglia non potrà dirsi vinta sin quando non si capirà che l’unico contrasto efficace è quello che coinvolge la società organizzata. Dobbiamo attivare le funzioni della Cabina di Regia, che abbiamo voluto istituire presso l’Inps per accertare il possesso dei requisiti per l’iscrizione alla Rete del lavoro agricolo di qualità e orientare in modo collegiale le ispezioni. Lo strumento deve condurre anche a un più forte protagonismo sociale nella gestione del mercato del lavoro, nella definizione di convenzioni per il trasporto, nell’attività di presidio contrattuale.
caporalato-lavoro-neroIl Governo deve dirci se crede veramente a queste due leve. Perché il successo, alla fine, non si misurerà solo sulla base della quantità degli arresti, ma anche e soprattutto sul numero di persone che riusciremo a tenere fuori dalla rete mortale dello sfruttamento.
E’ arrivato il momento di unire le forze. Regioni, Governo, Sindacato, mondo dell’Impresa devono marciare insieme per difendere le ragioni del lavoro dignitoso e per sostenere gli sforzi delle aziende sane, virtuose, rispettose delle regole e dei contratti. Che sono la stragrande maggioranza e sono fatalmente colpite, in termini di concorrenza sleale, dalle realtà che si macchiano di caporalato. Questo è il momento di mostrare di cosa siamo capaci.