Lamezia Terme – “Che me ne fotte….io voglio che vengano arrestati tutti”. E’ una delle tante confidenze che un giovane componente della cosca “Gualtieri” (che indicheremo con il nome di Alberto), ha fatto ad un amico nel corso di una conversazione, durante la quale commentavano le ultime operazioni antimafia messe a segno su Lamezia dalla Direzione distrettuale antimafia. Una conversazione, quella avvenuta tra il giovane Alberto, nell’agosto del 2014 proprio ad un mese dall’operazione “Perseo” e durante la quale auspicava che tutti “i criminali” fossero tratti in arresto, spiegando al suo interlocutore che “non si capiva niente e che tutti erano diventati dei ciotarelli”, cioè degli stupidi, in quanto nello smerciare la droga utilizzavano anche ragazzi di 10-12 anni. Nella conservazione Alberto non fa riferimento a quale organizzazione i “ciotarelli” appartenessero, anche se al suo interlocutore descriveva la scena di cui lui stesso è stato protagonista quando una sera, appena uscito da casa, è stato avvicinato da uno di questi soggetti che lui definisce “ciotariello” che gli voleva vendere una dose di droga. Un gesto che Alberto ha ritenuto quasi offensivo, proprio perchè rivolto a lui che era faceva parte della cosca “Gualtieri”. E’ commentando il fatto afferma: “Vedi dove è arrivata Lamezia, a me mi vieni e dici… Ma quando i capi cosca saranno rimessi In libertà in città tutto cambiera”.
Un desiderio, quello del giovane piccotto, che non si è realizzato in quanto circa un anno dopo quella conversazione, anche lui è finito nelle patrie galere nell’ambito dell’Operazione “Chimera”, sulla base di una dettagliata e circostanziata informativa di notizia di reato redatta da un gruppo investigativo composto da 14 Carabinieri coordinati dal maggiore Carlo Caci, allora comandante del reparto operativo – nucleo investigativo del comando provinciale e dal capitano Fabio Vincelli, comandante della Compagnia carabinieri di Lamezia Terme. E tra le migliaia di pagine che compongono il procedimento “Chimera”, è riportata anche la conversazione del giovane Alberto che nell’agosto del 2013, facendo riferimento probabilmente alla cosca avversaria, che nonostante decapitata dalle operazioni “Medusa” e “Perseo” continuava ad essere presente sul territorio, auspicava che il resto dei componenti del clan rivele fossero tratti in arresto proprio perché nelle loro azioni criminali utilizzavano soggetti che lui definiva “ciotarielli”, ed in città “oramai non si capiva più niente”. Alberto all’interno della cosca “Cerra – Torcasio – Gualtieri” aveva il “compito di occuparsi delle estorsioni nei confronti di imprenditori economici e commerciali del lametino, nonché del traffico illecito di sostanze stupefacenti. In ragione del ruolo ricoperto nell’ambito della suddetta consorteria criminale, beneficiava di profitti ingiusti derivanti dal metodo estorsivo tipico della cosca, consistente nel godimento di cessioni di merci presso i vari commercianti del lametino a titolo gratuito e/o usufruendo di scontistica privilegiata in ragione del solo ‘nome’ vantato e proclamato”.
La cosca “Cerra – Torcasio – Gualtieri”, secondo quanto emerge dal fascicolo principale di “Chimera”, aveva appreso che i Carabinieri avevano avviato una indagine e quindi vi era il concreto pericolo che gli indagati inquinassero le fonti di prova ed occultare il corpo del reato e i proventi dell’attivita’ illecita. Una attività investigativa, quella avviata dai carabinieri, che pur eseguita nel massimo riserbo è trapelata fino a giungere agli stessi indagati in stato di libertà, che poi sono stati raggiunti dall’ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice delle indagini preliminari del tribunale di Catanzaro.