Perseo: prevista per fine marzo la sentenza del processo

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Lamezia Terme – È prevista per fine aprile la sentenza relativa agli imputati coinvolti nel processo “Perseo”, in corso di svolgimento davanti alla sezione penale del tribunale lametino, che hanno scelto di essere giudicati con il rito ordinario, a differenza degli altri indagati che hanno scelto il giudizio abbreviato (processo in corso davanti al giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Catanzaro e che vede imputati 43 indagati).
Nel processo ordinario gli imputati sono 23 e saranno giudicati dal collegio composto da Carlo Fontanazza presidente, Francesco Aragona e Tania Monetti a latere, a conclusione delle 42 udienze fissate dai giudici, che termineranno a fine marzo del prossimo anno.
“Perseo” è un processo che nasce soprattutto dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che hanno svelato agli investigatori il fulcro degli affari della cosca Giampà: e cioè lo spaccio di droghe e le estorsioni agli imprenditori della città. Ma il clan organizzava anche numerose truffe alla compagnie assicurative denunciando incidenti stradali mai accaduti.
Falsificando tutto: dalle testimonianze alle attestazioni delle autocarrozzerie, dai certificati medici all’assistenza legale. Il provente delle truffe, come riferì Giuseppe Giampà, era utilizzato per pagare i killer della cosca. Molti degli imputati in entrambi i filoni del processo “Perseo” sono stati condannati in primo grado nell’operazione “Medusa”. Ad incastrarli sono state le dichiarazioni di tanti pentiti, i cui verbali sono allegati al procedimento. In particolare, sono 173 i verbali dei collaboratori di giustizia inseriti nel procedimento “Perseo”. I più consistenti sono quelli di Angelo Torcasio, presente con ben 25 verbali, e Giuseppe Giampà con 27.

Angelo Torcasio

Angelo Torcasio

Tra i verbali di Torcasio c’è anche quello del 12 gennaio del 2012, con il quale comunica agli inquirenti che dal 2004 e fino a quando è rimasto nella cosca Giampà, cioè fino al giorno prima del suo arresto nell’ambito dell’operazione “Deja Vu”, ha maneggiato “una quantità elevata di armi di ogni tipo pistole, fucili, mitragliette scorpion che gli venivano affidate in genere dai capi cosca Giuseppe Giampà e Vincenzo Bonaddio e che poi venivano cedute, prestate o comunque girate agli affiliati della cosca allorquando ce ne fosse bisogno, come ad esempio nel caso di omicidi”.  Armi che Torcasio non solo deteneva, per poi consegnarli agli affiliati della cosca, ma che a volte nascondeva, probabilmente dopo che venivano utilizzate per non essere rintracciate, in luoghi a lui conosciuti e vicino alla sua abitazione.
Alcune armi, infatti, Angelo Torcasio le fece rinvenire quando tornò nella sua abitazione nel novembre del 2011 subito dopo il suo pentimento, in un terreno a ridosso della sua casa. Agli investigatori, ed in particolare a carabinieri, in quella circostanza indicò la zona dove aveva nascosto alcune armi, tra queste una pistola ed alcune cartucce nascoste in un tubo di plastica cilindrico di colore arancione lungo un metro e venti e del dimetro di 14 centimetri all’interno del quale era custodito un involucro di plastica contenete le armi e le cartucce. In un altro tubo di plastica lungo circa 80 centimetri e largo 16 venne trovato un fucile smontato.
In quell’occasione Torcasio consegnò 34 fotografie che ritraevano il collaboratore di giustizia in compagnia di Giuseppe Giampà, Aldo Notarianni, Vincenzo Bonaddio, Pasqualina Bonaddio, moglie del “Professore” ed altri familiari.
Fascicoli fotografici che sono stati allegati agli atti di “Chimera”, l’ultima operazione antimafia messa a segno dai carabinieri del Comando provinciale e della locale Compagnia. Tra i verbali che sono allegati nel procedimento “Perseo”, anche quelli di Battista Cosentino (15 documenti), Giovanni Governa, Francesco Michienzi, Antonio Belnome e Guglielmo Capo, e Rosario, Saverio e Giuseppe Cappello.