Scuola: non risolto il problema dell’agibilità didattica

Fiore-Isabella-10-di Fiore Isabella
Lamezia Terme – Nel leggere le dichiarazioni del sottosegretario alla P.I., fatte a margine di un seminario svoltosi a Lamezia Terme ” Ormai sono rimasti gli irriducibili contro la riforma della Scuola, mentre la stragrande maggioranza degli insegnanti e dei cittadini in genere ha apprezzato la riforma …” mi è venuto il dubbio, essendo io tra quelli ritenuti tali, di non essermi accorto di vivere da insegnante nel paese di Bengodi. Eppure vivo anch’io e intensamente, da quasi quaranta anni, nella Scuola Italiana che, a partire dalla signora Moratti, ha vissuto stagioni di radicale svilimento di quanto di buono era stato fatto anche dai governi passati, in cui ministri (vedi Falcucci) non si erano formati alle “Frattocchie” né esprimevano simpatie per il Maggio Francese o per Don Lorenzo Milani. E il tutto è maturato, sconvolgendo la scuola italiana, dalla seconda metà degli anni 90 ai giorni nostri, sulla base di esigenze di ragioneria contabile, e non certo per inclinazioni riformiste: basti pensare alla sostituzione dei docenti assenti, fino a cinque giorni nella scuola Primaria, gestita come difficilmente la più scalcinata delle aziende a conduzione familiare riuscirebbe a fare.
Nel suo intervento, il sottosegretario decanta il raddoppiamento, rispetto all’anno scorso, delle risorse e si sofferma sui 7 insegnanti in più per ogni scuola che, di per sé, non risolve il problema dell’agibilità didattica, fortemente condizionata dalla presenza di aule-contenitori, con volumetrie completamente irriguardose dei parametri previsti dalla normativa anche in materia di sicurezza. Aule inadeguate, dunque, che non consentono di attivare, indifferentemente e a seconda delle necessità, l’insegnamento individualizzato, la lezione frontale ed eventuali strategie di apprendimento cooperativo, tantomeno favoriscono l’integrazione scolastica degli alunni disabili che richiede spazi e risorse funzionali al superamento della pura e semplice socializzazione in presenza. A tal proposito, la prassi, quasi ovunque consolidata, dello sforamento del numero di alunni per classe, in presenza di alunni con handicap, non trova soluzione alcuna neanche nell’ ultima riforma che teorizza rivoluzioni copernicane, però senza aggravio di spesa. E come recita un vecchio detto, senza soldi non si cantano Messe. Che cosa dire poi delle previste immissioni in ruolo “…180 mila persone, la gran parte del mezzogiorno…” dice Faraone. Qualcosa di importante nel governo forse sta accadendo, quantomeno a livello semantico: finalmente vengono chiamate persone dei professionisti e delle professioniste spediti, in ogni dove, come pacchi postali, che, dei circa 1200 euro al mese di stipendio, ne dovranno lasciare più della metà al “padrone di casa”. Altre misure, non secondarie, mi convincono ancora di meno: dai risparmi sulla scuola pubblica alle elargizioni a quelle paritarie (private); dai poteri ingiustificati ai dirigenti scolastici, già sufficientemente consolati dalla Legge sull’autonomia, sia in termini di “status” giuridico che di livello stipendiale, alla valutazione dei docenti, su cui il viceministro sommessamente si sofferma “la valutazione non deve essere vista come una sorta di punizione ma, piuttosto, come un censimento concreto fatto dalle scuole… “. Nutro delle forti riserve su questo aspetto controverso della riforma, essendo convinto che il successo di un’istituzione scolastica sia sempre dipeso dalla domanda (aumento o decremento del numero di alunni) giustificata da un’offerta formativa qualitativamente accettabile e a stili di accoglienza idonei a dare all’utenza la percezione di entrare in ambienti scolastici educativamente miti e non in “case di correzione”. La valutazione di ogni insegnante “ad personam”, invece, mi dà l’impressione di un marchingegno eticamente ruvido, in quanto utile soltanto ad esorcizzarne ogni disponibilità critica , ma anche deleterio per la società nel suo complesso, in una fase in cui ogni controparte spesso è portata a considerare la civiltà della parola e del dialogo come un segno di debolezza. Diversamente da quanto avvenne dal 1985 (riforma dei programmi della scuola elementare ) al 1990 (riforma dell’ordinamento- L.148) in termini di coinvolgimento e partecipazione, questo governo, oggi, ha deciso senza avere ascoltato nessuno, sprecando un enorme potenziale di giovani moltitudini che, invece di essere aiutato a crescere consapevole, viene perlopiù ingabbiato e insabbiato.

Fiore Isabella
Insegnante di Scuola Primaria
Lamezia Terme