Lamezia: celebrata da Vescovo messa in reparto oncologia

Lamezia Terme – “In questa riflessione per la Settimana santa, vorrei augurare a tutti voi, per il bene dell’ammalato, che il vostro sacrificio, il vostro impegno ed il vostro lavoro possa superare tutti i drammi che si presentano dentro la storia dell’umanità, anche quelli che vengono da un cuore deluso”. Questo l’augurio del Vescovo, monsignor Serafino Parisi, a degenti, familiari ed operatori sanitari del reparto di Oncologia dell’ospedale “Giovanni Paolo II” di Lamezia Terme dove ha presieduto una concelebrazione eucaristica.
“È facile trovare negli ospedali – ha aggiunto il Vescovo – persone che sono demoralizzate perché, come il calvario di Gesù non comincia soltanto quando prende la croce sulle spalle ma quando iniziano l’abbandono, i tradimenti ed i rinnegamenti, alcuni calvari, di alcuni crocifissi che si trovano negli ospedali, cominciano già alle file degli uffici, ai timbri, che rimandano indietro un anziano perché la burocrazia è più forte del cuore umano”. Quindi, ha aggiunto subito dopo monsignor Parisi, se, poi qualcuno “arriva, seduto o coricato su un letto di un ospedale, con l’animo incattivito – diciamolo chiaramente al di là del perbenismo di facciata – a volte ha anche ragione. Ecco perché il vostro compito diventa ancora più impegnativo perché bisogna fare riacquistare all’altro fiducia. Ri-dargli la voglia di vivere e di sapere che quando si presenta qui è accolto per essere curato”. Da qui la sollecitazione: “Anche alle file, agli uffici se riuscissimo a presentarci come alleati degli altri anziché difensori di un timbro allevieremmo, come il Cireneo, la fatica del portare la croce”.
Monsignor Parisi, nel commentare le letture del giorno, ha sottolineato che “la Passione di Gesù non comincia soltanto nell’orto degli ulivi o, ancor meglio, quando riceve la croce sulle spalle. La Passione di Gesù inizia prima. Ed uno degli elementi – lo abbiamo ascoltato nel brano dl Vangelo di oggi – è il tradimento di Giuda che è come il punto più basso del rapporto, della relazione dei discepoli con il Signore. Ma non è l’unico, perché c’è quell’altro punto altrettanto basso che è quello del rinnegamento di Pietro. E poi c’è l’altro punto, altrettanto basso, che è la fuga dei discepoli nell’orto degli ulivi. Quindi, l’abbandono, la solitudine. Ora, questa sembra essere la storia dell’umanità. Certo, ci sono tante attestazioni di vicinanza, di stima, di affetto nei confronti di Gesù, ci sono quelli che lo seguono, quelli che, magari, si troveranno da sole sotto al croce di Gesù, ci sono quelli che, come il Cireneo, aiutano, magari inconsapevolmente, a portare la Croce di Gesù Cristo. Però la storia è quella che nel momento della sua passione viene rappresentata nel suo dramma più grande. Cioè quell’uomo, il profeta, il maestro, che aveva toccato tutte le realtà di Israele, dal nord fino al sud, annunciando la parola della salvezza, predicando il perdono, sanando i malati, proprio lui si trova adesso da solo perché abbandonato, tradito e rinnegato”.
“Di fronte a questo – ha aggiunto il Vescovo – , umanamente, è come se uno fosse legittimato a chiudersi dentro una depressione esistenziale, magari a riflettere sulle cose sbagliate, su che cosa poteva fare diversamente, su che cosa avrebbe potuto fare meglio. Invece, Gesù coglie l’abbandono, coglie il rinnegamento di Pietro, coglie il tradimento di Giuda come delle opportunità per amare oltre, per amare al di là. L’amore con il quale ama Gesù non è la risposta all’amore dell’altro. L’amore con il quale ama Gesù, e per questo spiazza ed è l’amore grande, e per questo è l’amore incondizionato, è un amore senza limite, perché ama sapendo che l’altro mi ha già abbandonato, ha già rinnegato, ha già tradito. Il tradimento, l’abbandono, l’isolamento da parte dei discepoli nei confronti di Gesù, il rinnegamento di Pietro, sono degli elementi della storia dell’umanità negativi che non impediscono, però, al Signore di realizzare il suo piano di salvezza. E qui, già che siamo in ospedale, ci sta bene quella frase di Gesù che dice ‘non hanno bisogno del medico i sani, ma gli ammalati. Non sono venuto a salvare, a sanare, a chiamare i giusti, ma i peccatori’. Sì, perché questa è la logica di Dio: là dove vede il dramma, non si blocca, non si fa isolare dal rifiuto dell’altro”.
“Gesù – ha concluso monsignor Parisi – perdona, ridà fiducia perché nella doppia azione di perdonare e di dare fiducia si esprime quell’amore che sa andare al di là di tutte le delusioni umane. E questa è anche una parola significativa per chi si trova ad operare nella storia, per esempio in contesti così particolari, quali sono le aree degradate, qual è l’umanità che viene, per esempio, martirizzata, schiavizzata, non rispettata, depredata. E, questa è una parola importante anche per coloro che si trovano qui a curare gli altri, a curare la persone perché, voi lo sapete bene e meglio di me, non si cura la malattia, si cura la persona che è malata. E curando la persona che è malata io vado oltre tutto ciò che l’altro potrebbe rivoltare contro di me, potrebbe dire contro di me”.
Alla Santa Messa nel corso della quale insieme a monsignor Parisi hanno concelebrato padre Giuseppe Ferrara, cappellano dell’ospedale, don Francesco Farina, direttore della Pastorale della Salute, don Marco Mastroianni, segretario del Vescovo, tra gli altri, ha presenziato la dirigente della stessa Unità operativa, Peppina Molinaro.
s.m.g.