Giustizia: magistrati onorari di nuovo in sciopero contro il Governo

tribunale-giustizia-450Catanzaro – Da oggi e fino al 25 novembre i magistrati onorari saranno di nuovo in sciopero contro il Governo italiano che, spiegano in una nota Marino Reda e Maria Barbara Cerminara, rispettivamente Coordinatore e Vice Coordinatore Regionale Federmot, nonché quest’ultima quale membro del Consiglio Giudiziario del distretto di Corte d’Appello di Catanzaro, “si conferma incapace di fronteggiare l’emergenza Giustizia e si sottrae pervicacemente all’invito formulato dalla Comunità internazionale a riformare il sistema giudiziario italiano”, Inoltre “disapplica le pronunce della Corte di giustizia UE che censurano l’abuso dell’istituto del lavoro a tempo determinato e impongono il pagamento ai magistrati onorari delle ferie e della previdenza”. Inoltre protestano contro il governo perché, “vara una legge delega che attribuisce nuove competenze funzionali ai magistrati onorari omettendo tuttavia di emanare i decreti applicativi e di reperire i mezzi per la copertura dei relativi compensi, segnalando addirittura ai capi degli uffici che tali nuove attività debbano essere svolte a titolo gratuito, ossia negando anche l’erogazione delle irrisorie indennità previste a legislazione vigente”. Ai vari consigli dell’Ordine degli Avvocati della Calabria chiedono “un atto tangibile di solidarietà, da trasmettere al Ministro della Giustizia, ai Componenti della Commissione Giustizia di Camera e Senato ed ai Capi Gruppo dei Partiti politici in Parlamento, nei confronti di tutti quei magistrati “onorari (Got, Gdp e Vpo) che prestano il proprio servizio con abnegazione, serietà, professionalità, competenza, e che lottano per il miglioramento del proprio status funzionalmente diretto in modo esclusivo a garantire con serenità i diritti altrui”.
In una lunga nota Marino Reda e Maria Barbara Cerminara, rispettivamente Coordinatore e Vice Coordinatore Regionale Federmot, spiegano “accade così che coloro che devono riconoscere e tutelare i diritti altrui, non abbiano alcun riconoscimento dei diritti sanciti nella Costituzione e nel diritto dell’Unione europea. In tale scenario –aggiungono – appare paradossale l’introduzione nel codice penale di una nuova disposizione rubricata “Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro” (art. 603-bis c.p.). A ben vedere tale opportuna norma penale fotografa una fattispecie largamente sovrapponibile con la condizione concreta in cui prestano la propria opera intellettuale i magistrati onorari.
Non è questa – ne siamo certi – la Repubblica a cui pensavano i Padri costituenti quando immaginarono che ad amministrarne la funzione giudiziaria dovessero essere magistrati soggetti soltanto alla legge. Essi pensavano a leggi che nella Costituzione attingessero i superiori vincoli deontici da porre a riferimento di un sistema orientato alla tutela dell’eguaglianza e della democrazia. Ma quale Nazione progredita, tanto più democratica, relega – evidenziano – i propri magistrati in una condizione confrontabile per livello di degrado, inciviltà e inferiorità, con quella di lavoratori sottoposti allo sfruttamento penalmente illecito della propria prestazione?
Si prefigura un curiosissimo sistema di tutele a geometria variabile, che accorda ai lavoratori la massima tutela, quella penale, purché… non siano magistrati onorari! Coerente con tale impostazione sembra una lettera loro recapitata, per via gerarchica, con cui il Ministero della Giustizia li invita a rassegnarsi, perché le loro istanze, formulate attraverso diffide dirette all’amministrazione giudiziaria e agli organi comunitari, non tengono conto della circostanza che la loro condizione giuridica è lecita perché prevista dal vigente ordinamento, che contempla – ma guarda un po’! – la figura del magistrato onorario.
Eppure nelle funzioni accudite dalla categoria non è rimasto alcun elemento onorariose non la tanto ribadita precarietà. Ed è curioso che il lemma “onorario”, impropriamente evocato per dare copertura legale ad un macroscopico abuso del diritto, assuma, quando declinato come sostantivo, il valore semantico di “compenso professionale”, quasi che tale ironica coincidenza dei significanti voglia ricordare come un magistrato che accerta i diritti dei consociati deve avere esercizio pieno dei diritti propri: inamovibilità, retribuzione e previdenza adeguati; ossia, in sintesi disponibilità di quella indipendenza che non comporta alcuna velleitaria invasione di superiori e intangibili competenze altrui, ma solo il riconoscimento del proprio ruolo istituzionale e sociale.
Si evidenzia, inoltre, quanto ai giudici onorari di tribunale, che l’abuso del diritto è ancora più evidente se si tiene presente che agli stessi non vengono pagati gli innumerevoli provvedimenti scritti fuori udienza, anche di una certa complessità e valore economico (sentenze, ordinanze istruttorie e decisorie, decreti di ammissione e liquidazione di gratuito patrocinio, liquidazione di compensi a CTU e altro ancora), continuando a perpetrare quella macroscopica disparità di trattamento con i collegi giudici di pace, nonostante l’attuale legge delega di riforma della magistratura onoraria li chiami entrambi Gope li unisca quanto a disciplina giuridica ed economica.
Aspettare altri quattro anni perché si attui questa parte della riforma, tutti comprendono, comporterà inevitabilmente altre forme di protesta, così come il mancato riconoscimento delle tutele di cui sopra per tutti i magistrati onorari (VPO e GOP) condurrà inevitabilmente alla condanna dello Stato Italiano per violazione dei diritti di questa categoria di funzionari dello Sato, a seguito delle già avviate procedure di infrazione e della recente sentenza del Comitato dei diritti sociali del Consiglio d’Europa (le cui conclusioni sono state depositate il 16 novembre 2016 su reclamo 102/2013), nonché dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (Sentenza O’Brien del 2012)”.