Operazione Chimera, in Appello confermate condanne 1° grado

Lamezia Terme – Dopo un anno e due messi dalla sentenza di primo grado emessa dal Giudice del Tribunale di Catanzaro, nei confronti di 38 imputati che hanno scelto di essere giudicati con rito abbreviato nell’ambito dell’operazione di polizia denominata “Chimera” e “Chimera 2” diretta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro e condotta, nel maggio e ottobre 2014, dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Catanzaro unitamente a quelli della Compagnia di Lamezia Terme e che aveva portato all’arresto di più di 40 persone, è arrivata la decisione dei giudici di secondo grado. Infatti i magistrati della Corte di Appello di Catanzaro hanno chiuso un altro capitolo sulla storia criminale di Lamezia emettendo una sentenza di condanna nei confronti di tutti gli imputati. Trentaquattro i condannati, con pene che variano dagli 8 mesi ai 14 anni, rispettivamente divisi in capi e gregari della consorteria avente come base Capizzaglie e tra cui emergono quali promotori, direttori ed organizzatori, i fratelli Nino, e Tersina Cerra , quest’ultima considerata colei che teneva le redini della cosca. Rideterminata invece la pena nei confronti di Giancarlo Chirumbolo, 7 anni e 6 mesi (in primo grado 6 anni), previo riconoscimento della continuazione con un’altra sentenza d’appello del 25 giugno 2014.
L’attività investigativa aveva permesso di attualizzare le condotte illecite e decretare la prosecuzione dell’operatività del sodalizio ‘ndranghetistico “Cerra-Torcasio-Gualtieri”, operante sul territorio di Lamezia Terme Nicastro, e già acclarato nell’Operazione “Spes” risalente all’anno 2007, dedito a diversificate fattispecie di reato quali l’associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione e spaccio di sostanze stupefacenti, il tutto aggravato dalle modalità mafiose. Le indagini inoltre avevano fatto emergere la sudditanza di imprenditori e commercianti, destinatari di atti intimidatori, taglieggiati e costretti a fornire le proprie opere gratuitamente nonché il ruolo preponderante delle donne della cosca che non solo adempivano a compiti prima devoluti agli uomini, alcuni dei quali in carcere a seguito delle precedenti operazioni di Polizia quali “Remake”, “Medusa” e “Perseo”, ma a tutti gli effetti beneficiarie delle estorsioni portate a termine dalla cosca.

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