Salute: studio, dopo lesioni cerebrali si puo’ tornare ad amare

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Lecce – Amare ancora e’ possibile. Anche dopo una grave lesione cerebrale. Ne sono convinti i ricercatori della Fondazione San Raffaele che, in collaborazione con l’istituto Don Carlo Gnocchi, stanno conducendo uno studio centrato sulle conseguenze dei traumi cerebrali in ambito psico-sessuale. Del pool messo in campo dal centro di Ceglie Messapica fanno parte il Primario Crocefissa Lanzillotti, Francesca Buonocunto, psicologa ricercatrice e Jorgen Navarro, Fisiatra dell’istituto pugliese.
La ricerca, avviata nel 2014 dalla fondazione Don Gnocchi di Sarzana, si pone un obiettivo di tipo conoscitivo: quello di osservare da vicino, attraverso la somministrazione di un questionario, la qualita’ di vita relazionale, affettiva e sessuale delle persone colpite da GCA (Grave Cerebrolesione Acquisita), nonche’ dei loro partner e caregivers. ”La fondazione San Raffaele – ha spiegato Lanzillotti – ha raccolto una casistica interessante, essendo stata peraltro l’unica fonte di reclutamento dati del Sud Italia”. Alla base dello studio c’e’ la convinzione che, nell’ambito del percorso riabilitativo, la dimensione della sessualita’ sia troppo spessa relegata in secondo piano rispetto agli altri aspetti, come ha spiegato il Primario dell’Istituto pugliese: ”la tendenza del modello riabilitativo piu’ tradizionale e’ quella di mantenere separati la cura del paziente dalla sua dimensione relazionale, affettiva e sessuale”. Un approccio innovativo quindi, quello promosso dalla Fondazione San Raffaele, che spinge la ricerca oltre i numeri e i semplici parametri vitali e si pone invece l’obiettivo di affermare l’interazione affettiva e la relazione sessuale come indici di qualita’ della vita non piu’ trascurabili. La specificita’ del progetto, rispetto a studi simili precedenti, e’ prendere in considerazione non soltanto i pazienti colpiti da traumi ma anche i loro partner, familiari e caregivers. Laddove la letteratura esistente in materia – per lo piu’ anglosassone – si e’ concentrata prevalentemente sulle persone cerebrolese, e solo di rado sui loro compagni di vita, lo studio pone un diverso accento sugli aspetti relazionali. ”Questo progetto – ha sottolineato Francesca Buonocunto – rappresenta la prima esperienza nel panorama nazionale e tra le poche in ambito europeo su questo tema. Noi operatori e gli stessi caregivers, ci rendiamo conto di quanto risulti compromessa la vita affettiva e sessuale di chi ha subito queste lesioni. Gli assetti relazionali, familiari e sociali vengono a stravolgersi, ma la questione – per quanto rilevante – pare venga deliberatamente omessa dalla lista degli aspetti da riabilitare”.