Sanità: lettera di un malato al Prefetto Latella

Luisa Latella

Catanzaro – L’Associazione Mediass, Il Baco Resistente e Sinistra Ecologia e Libertà hanno inviato, il 19 ottobre scorso, un documento al prefetto di Catanzaro, Luisa Latella. Il tema della missiva è il piano di rientro sanitario della regione Calabria. Le due associazioni e Sel lamentano molte contestazioni sul piano di rientro, e spiegano, “abbiamo scelto una forma comunicativa insolita. Di dare la parola, cioè, ad un malato calabrese, un malato anonimo che si rivolge con una lettera aperta, con amarezza e dignitosa fermezza, alle autorità sanitarie locali e nazionali”.  Una lettera aperta, dunque, per afferma che il piano di rientro sia “illegittimo e iniquo”. Le associazioni e Sel chiedono al prefetto Latella “la revoca del piano di rientro sanitario per la regione Calabria. O, quanto meno, ne auspichiamo la sospensione”.

Di seguito pubblichiamo la lettera aperta di un malato:

“Buon giorno, sono un malato calabrese che, oltre alla sofferenza derivante dalle gravi patologie  cui sono affetto, debbo anche sopportare un pesante disagio umano e sociale, davvero iniquo e perciò inaccettabile. Mi rivolgo perciò, con questa lettera aperta a singole domande, alle massime Autorità nazionali e territoriali in campo sanitario, per denunciare questo disagio e queste iniquità, perché rispondano, e vi pongano drastico ed urgente rimedio.

Ecco le domande:

E’ vero che la regione Calabria conta oltre centomila malati cronici in più (delle patologie gravi più diffuse) rispetto alla media delle altre Regioni d’Italia?

E’ vero che la Calabria, a causa del riparto dei fondi sanitari basato essenzialmente su criteri demografici e statistici (popolazione pesata, costi standard), anziché epidemiologici, pur contando più malati, riceve molti meno fondi rispetto ad altre Regioni d’Italia che ne hanno un numero minore?

E’ vero che il costo pro capite/annuo per la sanità è di 3.169 euro in Val d’Aosta, mentre di soli 2.200 euro per la regione Calabria? E che, pur tuttavia, la Val d’Aosta e altre regioni (soprattutto del Nord Italia) che spendono cifre similari sono considerate regioni virtuose, mentre la Calabria, è considerata Regione sprecona, e perciò assoggettata “giustamente” al piano di rientro?

E’ vero che in Calabria si verificano molti più casi di comorbilità? Ovvero, di casi in cui coesistono più malattie nella stessa persona (ad esempio diabete, ipertensione, bronchite cronica, ecc.)?

Ed è vero che assistere una persona affetta da comorbilità costa molto di più di quanto costerebbe curare le stesse malattie se si manifestassero  – separatamente – in singole persone?

Ed è dunque vero che, avendo più casi di comorbilità, la Calabria dovrebbe ricevere  corrispondentemente anche più fondi per fare fronte a tale condizione?

E’ vero che noi malati calabresi, pur essendo affetti da più malattie croniche, eseguiamo, per ragioni prevalentemente economiche, circa la metà delle visite specialistiche, degli esami del sangue e di quelli strumentali, rispetto a quelli cui si sottopongono i cittadini di altre Regioni?

E’ vero che noi malati calabresi eseguiamo meno esami per controllare le nostre condizioni di salute anche perché, per effettuare questi esami, dobbiamo pagare di tasca nostra molti più soldi (leggi:compartecipazioni), sempre per effetto del famigerato piano di rientro sanitario?

Ed è altresì vero che i soldi che noi malati calabresi paghiamo di tasca nostra per curarci (compartecipazioni) concorrono perfino alla sostenibilità complessiva del sistema sanitario nazionale?

Insomma, è vero il paradosso secondo il quale noi calabresi pur contando più malati, ricevendo meno fondi per sostenere la spesa sanitaria, cioè per poterci curare, e abitando nella Regione più povera d’Italia, dobbiamo addirittura sostenere le spese sanitarie di altre Regioni (prevalentemente del Nord) che hanno meno ammalati,ricevono più soldi dallo Stato, e sono mediamente Regioni molto più ricche della nostra?

E’ vero che un malato calabrese che non ha i soldi per pagare le compartecipazioni imposte dal piano di rientro,  finisce con il curarsi poco, male e tardi,  e  – conseguentemente –  le sue condizioni di salute peggiorano e si aggravano, per cui sarà costretto, a costo di sofferenze, disagi, e costi disastrosi per la propria economia familiare, a farsi curare nei centri di eccellenza del nord?

E’ vero che il ricorso alla sanità fuori Regione, costa circa 250/300 milioni all’anno, aggravando ulteriormente il deficit sanitario della Calabria,  e “giustificando”(?) così altri tagli e altri sacrifici in ossequio al piano di rientro sanitario, in una spirale perversa senza vie di uscita che strozzerà socialmente la Calabria?

E’ vero che un calabrese che non utilizza il SSN perché sano, concorre tuttavia a ripianare il debito della sanità calabrese con aumenti delle accise sui carburanti, e delle addizionali su imposte e tasse?

E’ vero che il decreto del Commissario Scura n. 66, del 25 giugno 2015, in attuazione del piano di rientro, fissa  in 74 ogni mille abitanti il limite massimo dei pazienti che possono essere curati a carico del SSN con i farmaci “gastroprotettori” (i farmaci cioè che prevengono le emorragie gravi del tratto gastroenterico superiore di quanti assumono la cardioaspirina, e che – inoltre – curano le ulcere duodenali e gastriche, e la malattia da reflusso gastroesofageo)?

Ed è vero, e questo lo confermo io, che il mio medico avendo circa 150 assistiti che hanno diritto secondo le note AIFA alla prescrizione dei farmaci “gastroprotettori” a carico del SSN, ha dovuto “sorteggiare”  i 74 assistiti beneficiari, obbligando tutti gli altri, che ne avevano altrettanto diritto, a curarsi a proprie spese, o non curarsi affatto, per come imposto dal suddetto decreto n. 66/2015?

E’ vero, e questo è sicuramente vero perché lo vivo sulla mia pelle, che il mio medico, come molti altri medici di base, a causa del proliferare di leggi, decreti, circolari,”raccomandazioni”, talvolta in palese contrasto tra loro, è costretto a stare più attento a come scrivere le ricette, piuttosto che a cosa scrivere sulle ricette, cioè più attento alla burocrazia, e meno alle mie malattie?

E’ vero che se il riparto dei fondi sanitari avvenisse in base alla frequenza ed alla prevalenza delle patologie, le Regioni con più malati, come la Calabria, riceverebbero  – logicamente – risorse più consistenti, e non di minor entità, come avviene oggi?

Infine, un ultima domanda. Se quanto fin qui esposto corrisponde al vero, anche soltanto in parte, io  – malato calabrese-  e con me tutte le altre persone in condizioni analoghe, come possiamo sperare in una adeguata assistenza sanitaria in Calabria, in una diagnostica tempestiva e precoce delle patologie che ci perseguitano, e guarire bene e presto, meglio e prima?”.

 

Resto in attesa di risposta, anzi di risposte.

Un Malato Calabrese

 

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